Scalfaro: guai a chi semina divisione

| Il Presidente: «Non è detto che io arrivi vivo alla fine del mio settennato, ma non mi fermeranno» | Il Presidente: «Non è detto che io arrivi vivo alla fine del mio settennato, ma non mi fermeranno» ScaHqro; guai a chi semina divisione Monito a Bossi alla festa degli alpini: no all'egoismo UDINE. Umberto Bossi, attento a te. Attento ai tuoi proclami che solleticano l'egoismo di chi non vuol vedere oltre il proprio «focolare»; attento a rievocare i fantasmi della secessione che agitano cittadini esasperati; attento a cavalcare malumori e critiche e rabbie che meriterebbero di essere indirizzate a costruire e non a distruggere. «Guai a chi semina divisione. Guai»: Oscar Luigi Scalfaro lancia l'anatema con la voce che vibra, un po' per l'accoratezza, un po' per l'ira. Nell'immensa piazza di Palmanova il pomeriggio trascolora in una luce fredda che annuncia temporale. Lui, il volto palhdo, la destra che si leva a colpire ripetutamente l'aria, promette con l'intensità di un giuramento: «Non mi fermeranno mai. Non sta scritto da nessuna parte che io arrivi vive alla fine del settennato, ma una cosa, certo, è scritta: non smetterò mai di battermi per compiere, sino in fondo, il mio dovere». E «dovere» è proclamare e difendere «il diritto che il cittadino ha di sentirsi compreso, appoggiato e facilitato dallo Stato specie in un momento in cui migliaia di persone hanno espresso la loro sfiducia». Sarà, questo, un tema che Scalfaro tratterà «in una prossima ricorrenza» parlando «a Roma»: l'annuncio dato in termini volutamente vaghi nasconde un impegno d'estrema solennità: un discorso ufficiale che il Presidente pronuncerà il 2 giugno, nel cinquantesimo anniversario della Festa della Repubblica, alle Camere riunite. E' un'im¬ pronta, un sigillo che carica di drammaticità tutta particolare questa mancanza di dialogo «spesso generatrice di guasti», di «sofferenze», di incomprensioni. «Unità, occorre unità. E capacità di camminare insieme»: la gente, assiepata, ascolta con qualche brivido i moniti del Presidente. E qualcuno li sottolinea, gridando: «Siamo tutti italiani, dal Nord al Sud». E' la fine di una giornata intessuta di emozioni. Dagli incontri per ricordare il ventennale del terremoto che percosse queste terre all'immensa sfilata dei 500 mila alpini che hanno scelto Udine per il loro 69° Raduno nazionale. Giorno in cui i ricordi si intrecciano al presente, la politica si aggroviglia in spinte revansciste, l'orgoglio di chi sa di poter «contare sulle proprie mani» si fonde o si scontra con il richiamo ai valori della solidarietà. Questa regione, osserva Scalfaro intervenendo in mattinata a Villa Manin alla riunione dei sindaci del terremoto, ha cuore e cervello per diventare paradigma dell'attesa rinascita italiana: è terra di gente dalla schiena dritta che ha saputo fare della propria autonomia il catalizzatore della ricostruzione. «Forza di volontà e sopportazione della sofferenza», ma anche «limpidezza ed onestà: questi i pilastri di una rinascita che ha assunto, nel tempo, i contorni di "esempio" per tutto il Paese. Ma l'autonomia, da sola, non sarebbe bastata: il miracolo è nato grazie alla sintesi di questo decentramento con fu¬ nità": l'incontro, la stretta di mano della gente friulana e la volontà nazionale». Ed ecco che lo scenario diventa attuale: «Le polemiche che, ogni tanto, si alternano e rischiano di violare l'unità nazionale hanno, qui, una risposta assolutamente inconfutabile perché la tragedia del Friuli è stata tragedia dell'Italia. Unità di popolo significa unità di sentimenti, di volontà, vuglia di camminare insieme». E, così, questa regione è assunta «come metro» per rispondere a quanti chiedono che sia migliorato il contatto «tra cittadino e Stato». Come dire: esiste una via friulana al federalismo. Non occorrono strane alchimie o stravolgimenti costituzionali per realizzare le riforme invocate da più parti. La strada c'è «senza ledere, ovviamente, la dignità di ciascuno» ed anzi costituendo una sorta di «armonia familiare». Ma Udine, in questo giorno di maggio, è soprattutto alpini. Mezzo milione di penne nere d'ogni regione che sfilano ininterrottamente dalle 9 alle 18 in una coreografia di cori e di bandiere. Il Capo dello Stato loda, più tardi, le grida che inneggiano all'imita: «Dobbiamo avere la capacità d'essere una cosa sola» avverte a Palmanova quasi traducendo in linguaggio laico l'ecclesiastico «ut unum sint». Vade retro, Bossi. Non c'è guasto più forte della divisione. E non basta ad attenuare la speranza, forse soltanto «di scuola», che «chi parla di divisioni lo fàccia per provocare una spinta all'autonomia piena». Scalfaro guarda a questa terra opulenta dove qualcuno, «certo minoranza», sventola addirittura l'ipotesi di «chiusura» delle frontiere per paura che altri «possano partecipare ad una maggiore ricchezza. Se penso a ciò, sento che il male più grande che possa colpire un popolo è, proprio, l'egoismo» Renato Rizzo Il 2 giugno discorso alle Camere riunite in seduta congiunta Medaglia d'oro per l'opera Ana nel post-alluvione in Piemonte | Il presidente Scalfaro assiste alla sfilata degli alpini Qui sotto: uno striscione esibito dalle «penne nere»

Persone citate: Bossi, Manin, Oscar Luigi Scalfaro, Renato Rizzo, Scalfaro, Umberto Bossi

Luoghi citati: Friuli, Italia, Palmanova, Piemonte, Roma, Udine