E il salotto si allinea

E il salotto si allinea E il salotto si allinea Venti di sinistra tra le dame romane POLITIC E MONDANITÀ' RROMA ACCONTANO clic Mario D'Urso, per avere un ministero, avrebbe indirizzato un promemoria a Maria Angiolillo, l'ancora spumeggiante vedova del fondatore del «Tempo», Renato, che da sempre anima nel suo «Villino Giulia», il più politico, il più rinomato, il più storico dei salotti romani. Una cosa che avrebbe fatto anche Sandro Fontana, qualche unno fa. Veri o meno che siano questi aneddoti, che s'intrufolano come lo zefiro per i corridoi del Palazzo, certo e che essi una verità la raccontano. La carriera di un uomo di potere ha sempre avuto bisogno delle «mervoilleuses». E' dal Settecento che si va avanti cosi, e il meccanismo funziona benissimo in monarchia come in democrazia, nella primissima come nell'ultima repubblica. E il crocevia di contatti, il foro di amicizie a Roma i conoscenti praticamente non esistono, sono sempre e solo tutti amici -, lo scenario deputato in cui gli avversari di corrente, i nemici di partito, i sodali ideologici si annusano, si studiano, si prendono, come dire, le misure, e sempre lui, il salotto E allora, visto da quel particolare laboratorio di antropologia politica che sono i salotti, chi ha vinto le elezioni? Intanto, diciamo subito che non le ha perse Maria Angiolillo, nonostante la delusione dell'aspirante ministro D'Urso. Al quale non si può certo rimproverare, se lo ha fatto, di aver perorato la propria causa: anche a Pier Paolo Pasolini, quando era già Pasolini, capitò di scrivere un biglietto di auto-raccomandazione ai giurati del premio Strega, «Leggete questo mio libro, ini pare buono, ci ho lavorato tanto». Poi, perché per trascorsi, consuetudine, frequentazioni, quello della Angiolillo e davvero un «salottissiuKi),. nel senso della parola che sottolinea la consonanza con «governissimo». Il più grande colpo messo a segno dali Angiolillo e stato quello di essere riuscita ad avere a pranzo, nei giorni prima di Natale, un Massimo D'Alema, si racconta, perfettamente a proprio agio con posate e bicchieri schierati a falange macedone al suo posto a tavola. Ma per forza: si stava preparando l'inciucio, era all'opera la grande mesaillance istituzionale sotto l'egida di Antonio Maccanico. E a casa Angiolillo, da sempre, e ospite il grande tessitore Gianni Letta. Quello che ha vinto, stavolta, non e un salotto, ma uno stile. Non una fazione o l'altra - e stato Giorgio Bocca a scrivere, prima delle elezioni -, basta, con un Paesemarmellata, che qualunque cosa accada, poi si ritrova sempre nel salotto di Maria Angiolillo. E insomma, il generali; riallineamento della politica ha visto un altrettanto repentino riallineamento d^i salotti romani. Non ha perso, per dirne una, Donatella Pecci-Blunt, trasmigrata con la soavità di una vera signora da Andreotti a Spadolini, e da Spadolini a Dini, Treu e Fan tozzi. Certamente ha vinto casa Caritè, «che ha messo a rischiomaionese i tappeti di casa» per offrire asilo all'amico Prodi, e a Nino Andreatta, a partire dalla sera stessa delle elezioni. Ha vinto, in questo caso, un salotto-Cameade, cosa che porta nella way-of-life della sinistra al governo una rivoluzione simile a quella della verycontemporary-art nell'America degli Anni Sessanta: se la Coca-Cola firmata da Andy Wharol è un'opera d'arte, opera d'arte è anche la mia personale lattina, a seconda dell'uso che ne faccio. E dunque, per la proprietà transitiva applicata al salotto, se il presidente del Consiglio se ne va a casa di un signore qualunque a guardare la tv, anche le signore e i signori del bel mondo possono rilassarsi, e smetterla di infilare nell'agenda serate che sono prede da cacciatori. Ma, comunque, naturalmente, un salotto vincente c'è. E' il salotto che di sinistra è sempre stato, quello di Sandra Verusio. Una signora pisana, nota anche a Milano perché da un anno affianca per le relazioni pubbliche la designer Krizia, che da sempre considera impossibile non aprire almeno una volta alla settimana la sua casa. E ne ha due, una «di campagna» sull'Appia Antica, che non ha più il décor di Visconti che era stato disposto dall'ex proprietario Romolo Valli, e che serve per i ricevimenti numerosi, e una a San Salvatore in Lauro per i piccoli pranzi, quelli cui partecipa Massimo D'Alema. Si chiamava da ragazza Sandra Supino, figlia di Roberto, il sindaco azionista di Pisa, amico d'infanzia e compagno di tennis del giovane Carlo Azeglio Ciampi. Dei suoi pranzi Renato Guttuso diceva «vino rosso in bicchieri verdi», per dire che non ci si andava per mangiar bene, ma che tutti l'adoravano lo stesso. Da lei va sempre Giorgio Napolitano, conosciuto dai tempi di Capri, dove il ministro dell'Interno, durante la guerra, ha trascorso parte dell'adolescenza. Con Franca Ciampi, poi, Sandra Supino, moglie del marchese Giovanni Verusio Di Ceglie, di professione avvocato, ha un feeling particolare. La cioccolata. Antonella Rampino Donatella Pecci-Blunt è passata da Andreotti a Spadolini e poi Dini La più gettonata è la Verusio amica da lunghissima data di Ciampi e Napolitano A sinistra: il ministro delle Poste Antonio Maccanico Qui sotto: Gianni Letta In alto: Maria Angiolillo Qui aixanto: Donatella Pecci-Blunt

Luoghi citati: America, Lauro, Milano, Roma, San Salvatore