Cronenberg, sesso e macchine

Cronenberg, sesso e macchine Cronenberg, sesso e macchine Film trasgressivo che turba e affascina CANNES. L'unico film sinora visto al festival davvero perverso e morboso, ipersessuale e ossessivo, tanto trasgressivo da turbare e affascinare, «Crash» che David Cronenberg ha tratto dal romanzo scritto da James G. Ballard nei primi Settanta dopo la morte della moglie in un incidente d'auto, comincia così: in un hangar una bionda seducente s'avvicina a un piccolo aereo, si denuda il petto, lo struscia e preme sensualmente contro il metallo lustro, si sporge a ricevere l'uomo che da dietro le bacia il sedere nudo, la prende. Sesso e macchine (quasi sempre automobili), carne e metallo, accoppiamenti e lamiere contorte dagli incidenti, desiderioe allusivi tamponamenti, cicatrici di vecchie guerre d'autostrada e carezze con la lingua, protesi ferrigne di belle reduci dai crash e strette erotiche a tre oppure fra uomini: è per gli autori «il rimodellamento del corpo umano a opera della tecnologia», l'ossessione dell'«uomo-macchina», ibrido della modernità. Quattro personaggi: una coppia coniugale (James Spader chiamato direttamente James Ballard come lo scrittore e sua moglie Deborah Unger), una dottoressa resa vedova dall'auto (Holly Hunter); e Vaughan (Elias Koteas), sacerdote d'una religione dei crash che celebra i suoi riti ricostruendo incidenti celebri (quello che costò la vita a James Dean al volante della sua Porsche, quello in cui morì Jayne Mansfield, anche la morte del Presidente Kennedy vista come un incidente automobilistico). Quasi tutti gli atti sessuali possibili, mostrati senza reticenze, si alternano a terribili scontri d'automobili. Un comune sentire viene capovolto. Quella realtà che ogni giorno ammazza sulle strade tanta gente viene assunta non soltanto come la folle normalità che è, ma come una cultura e una fonte erotica; cicatrici orride, gambe storpie, marchi Mercedes tatuati sul petto, ferite, lividi, diventano emblemi di bellezza e desiderabilità; l'amore in macchina è fratello della morte, e se nel ribaltamento finale la bionda rimane viva, toccandola e stringendola il marito la conforta: «Vedrai, la prossima volta...». Non è il più bel film di Cronenberg ma è il più sensuale, condensa tutta la forza trasgressiva e l'ardire estremista del grande regista visionario canadese, evoca Alain Robbe-Grillet («Spostamenti progressivi del piacere» nella serialità erotica che approfondisce, scandalizza: e non s'erano mai sentiti al cinema dialoghi d'una coppia che fa l'amore tanto osceni, tanto autentici. [1. t.l