Prévert mito da correggere di Gabriella Bosco

23 Una biografìa di Alain Rustenholz vorrebbe ridimensionare il poeta: ma la Francia continua ad amarlo Prévert, mito da correggere «Troppo sentimentale, troppo comunista» PARIGI ACQUES Prévert non può morire, neanche chi ci prova riesce a offuscarlo. Con quasi un anno di anticipo sul ventennale dalla scomparsa del poeta (avvenuta l'il aprile del '77), esce in Francia una biografia - Prévert, inventaire di Alain Rustenholz (edita da Seuil) - in cui si vorrebbe dimostrare che Prévert fu sì grandissimo, però troppo legato al suo tempo per continuare ad esserlo anche per noi. Ma il tentativo di ridimensionamento altro non è che un espediente spicciolo. Solo qualche mese fa, alla morte di uno dei maggiori complici di Prévert, il fotografo Robert Doisneau che dei suoi versi fu uno dei più noti illustratori, si potè constatare quanto intoccato continui ad essere il mito del Poeta. E proprio in questi giorni esce il secondo volume delle Oeuvres complètes di Prévert nella Bibliothèque de la Plèiade Gallimard, collana tradizionalmente legata ai classici. Il fatto stesso che la biografia per i vent'anni dalla morte giunga in libreria con tanto anticipo dimostra quanto poco sincera sia la presa di distanza. In sintesi, le ragioni per cui Prévert sarebbe da considerarsi oggi démodé si riassumono in un rimprovero di natura ideologica: il poeta sposò un'ortodossia politica oggi defunta. Come può, allora, ancora parlarci? Fedele al suo dogma, più dei credenti a quello religioso, lo si può apprezzare ma solo se contestualizzato in un'epoca in cui un certo comunismo poteva ancora ingannare anche i migliori. L'era precedente i fatti di Ungheria del '56. Puro pretesto per celebrare ancora una volta l'intramontabile. Macchinoso e inefficace, il processo alle idee si riduce a pochissima cosa nell'insieme della biografia e al cospetto del¬ le nuove 1500 pagine in papier bible della Plèiade. Perché «l'inventario», come dice il titolo del libro di Rustenholz echeggiando una lirica, di quelle che furono vita e opera di Prévert, conferma poi - una volta superato l'ostacolo della trovata editoriale - quanto il rispetto resti totale e la riverenza imprescindibile. Con andamento tradizionale, Alain Rustenholz racconta l'esistenza del poeta per scoprire l'origine e i moventi della poesia. Si commuove evocando le sfortune del padre, rimasto senza lavoro e per questo dedito all'assenzio, aggrappato ai cui pantaloni il piccolo Jacques cominciò a conoscere la vita dei bistrots, ad appoggiare i gomiti sui banconi di zinco e ad apprezzare la saggezza dei meno fortunati. Allo stesso modo Rustenholz s'intenerisce nell'evocare il «mammone» che fu il poeta, smaliziato da un lato, e senza illusioni per aver assaporato il gusto dell'ingiustizia, ma dall'altro lato enormemente sentimentale, per la fiducia grande nell'amore di mamma. Quanto al carattere, il biografo prende spunto da un calembour caro al poeta per restituirne la complessità. Carattere strano, «étrange», dicevano gli amici. «Etràne», ribatteva lui, per mettere il gioco la parola «àne», asino, animale caro a Prévert più di ogni altro. Campione di verve, capace di grossa allegria, spessa, quando era con gli amici, Prévert poteva essere pudico e silenzioso - sciolta la compagnia - come solo una malinconia infinita può far diventare. Prévert poeta • dell'amore? Rustenholz rischia sino all'ultimo di non uscire dal cliché che tanto ha penalizzato la sua grandezza molto più vasta e varia: la sua fama troppo è stata associata alle melodie pur belle composte sulle sue parole da Kosma, e cantate per il mondo da Piaf, Montand, Greco. In questo cliché è anzi forse la ragione più profonda dell'iniziale tentativo di accusa - Prévert oggi démodé - arrischiato nel libro. Ma poi il biografo si trova a «inventariare» i grandissimi film di cui Prévert scrisse le sceneggiature, da Quai des binmes a Les enfants du paradis, i suoi collages più surreali che surrealisti, malinconici e sconvolgenti, la ricchezza enorme di temi trattati nell'opera in versi, di cui troppo spesso si citano sempre gli stessi, sia pur bellissimi, quattro o cinque titoli, da Les feuilles mortes a Barbara. E il cliché va in pezzi da solo. Qualche anno fa, un grande estimatore nostrano di Prévert, Guido Davico Bonino, riuscì a totalizzare 1 1 ore di trasmissione radiofonica dedicate alla lettura dei suoi versi. Procedeva per blocchi tematici, un'intera puntata potè riservarla alle poesie sugli alberi: Prévert ecologista cinquant'anni prima della moda. Cappellino di tre quarti e sigaretta au bec, Prévert visse nell'epoca del bianco e nero. Oggi la Francia quasi si sorprende nello scoprire a vent'anni di distanza tutti i suoi colori. Gabriella Bosco A 20 anni dalla morte le sue opere entrano nei classici Plèiade Jacques Prévert nella sua casa sopra il Moulin Rouge: da Seuil esce la sua biografia «Prévert, inventare» scritta da Alain Rustenholz

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