LA SINISTRA CHE DEVE TAGLIARE di Luigi La Spina
Jurassk Park nel Sahara LA SINISTRA CHE DEVE TAGLIARE sesso del ministero della Pubblica Istruzione, di nuovo accorpato con l'Università e la Ricerca scientifica, feudo quasi cinquantennale dei cattolici, la consapevolezza di una vera e propria svolta nella nostra politica sarà ulteriormente confermata. Il potere non si misura coi simboli, ma di simboli, in politica, si nutre anche il potere. Eppure, nel popolo della sinistra come nelle élites raclical-intellettuali del Paese, il clima è tutt'altro che festante, lontanissimo da quell'entusiasmo ingenuo ma sincero che pervase «il cambiamento» agli inizi degli Anni 80 in Francia. E non solo perché il leader della coalizione vincente non è un uomo della sinistra come Mitterrand, ma soprattutto per la coscienza di un compito inedito e difficilissimo: per la prima voita nella storia d'Italia l'appuntamento col potere costringe questa parte politica a fare tutto il contrario di quello che ha sempre teorizzato e praticato, un compito quasi contro natura se si guardano gli antichi testi e le vecchie abitudini. Allargare la rappresentanza elettorale e sociale dello Stato, distribuire la ricchezza nazionale, rafforzare la centralità sia del potere economico sia di quello politico dello Stato: questi furono i comandamenti di Agostino Depretis quando, nel 1876, succedette alla Destra post-risorti mentale, e anche quelli di Gio vanni Giolitti, quando, agli inizi del secolo, sconfisse le tentazioni reazionarie di Pelloux e del ge ìerale Bava Iieccaris. Ma, nel secondo dopoguerra, anche il centro-sinistra di Lombardi e del nipote di Giolitti, Antonio, segui aggiornata ai tempi, la stessa strada. C'era, allora, da distribuire la ricchezza accumulata negli anni del miracolo economico, c'era il sogno giacobino delle nazionalizzazioni, c'era quello keyneliano dello Stato motore e controllore dello svi luppo, specie nel Sud. Ora il panorama è completamente cambiato davanti alla sinistra: nelle casse dello Stato non c'è nulla da distribuire e anche poco da risparmiare, la parola d'ordine è privatizzare, non nazionalizzare, contro la centraità dello Stato e persino della Nazione si agitano molti ipocriti federalisti e qualche esagitato secessionista, il Paese e ammalato di troppe leggi e di troppe evasioni dalla legge. Se questo è vero, allora, il problema non è quello di stabilire nel governo Prodi quanta sinistra ci sia, ma quale sinistra ci sia. E il giudizio sul suo comportamento dovrà rispondere non ad astratte simpatie ideologiche, tra l'altro del tutto fuori tempo, né a vicinanze, vere o presunte, rispetto a quello o a quell'altro modello politologico, ma a una unica, laica, empirica verifica, la coerenza con gli obiettivi proclamati: riduzione e controllo del debito pubblico e dell'inflazione per permettere all'Italia l'ingresso in Europa. Un traguardo che va visto non come sanzione finale del successo, ma solo come strumento, necessario ma non sufficiente da solo, per competere sul mercato mondiale, tra gli Stati Uniti e le nazioni dell'Estremo Oriente. E, poi, massima sollecitudine nel]'affrontare il problema della disoccupazione, specialmente nel Sud. Ripristino, infine, di un corretto rapporto tra politica e giustizia, senza sconfinamenti e senza intimidazioni. Un programma «di destra» per un governo «di sinistra»? La risposta potrebbe essere affermativa, senza scandalo. Basta guardare la storia, non solo del nostro Paese, ma soprattutto del mondo. Ma sarebbe una affermazione sbagliata. La questione è più semplice, ma la risposta e più complicata, purtroppo: un programma obbligato, in uno Stato moderno alla fine del nostro secolo in Europa Occidentale. Si candidano ad attuarlo nel nostro continente la destra e la sinistra in varie nazioni, dalla Spagna alla Svezia. In quelle più forti, la Germania, l'Inghilterra, la Francia, è stata la destra ad essere più credibile per affrontare una situazione molto simile, nella sostanza, in Italia il voto ha rovesciato questo giudizio: sta alla sinistra, governando, dimostrare che gli italiani hanno avuto ragione e spiegare alla destra il motivo della sconfitta. Luigi La Spina
Persone citate: Agostino Depretis, Giolitti, Lombardi, Mitterrand, Pelloux
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