La lunga epopea del «sciur» Rovelli di Nino Rovelli

La lunga epopea del «sciur» Rovelli La lunga epopea del «sciur» Rovelli Nino Rovelli ROMA. Il lucido da scarpe. La metafora della sua vita, per come la raccontava lui, sta tutta lì, nel lucido da scarpe. Il «Brill», per la precisione, che è stata roba sua. C'è un italiano che non lo conosce, che non se lo sia passato almeno una volta sui mocassini? Non c'è. E allora ecco la metafora autobiografica, che il vecchio Angelo «Nino» Rovelli raccontava ancora nel lontano '87, dal suo esilio dorato di Zurigo. «El Parma l'era un ciarlatali. Andava per mercati, con la l'accia dipinta di nerofumo, a vendere empiast ri per la povera gente. Un giorno a l'uria di tingerei gli venne im eczema. Un sciur che l'aveva preso in simpatia gli preparò allora un'altra tintura, che non rovinava la pelle. Il Parma, dopo averla provata, ebbe un'idea, e trasformò quella pomata nera nel più famoso lucido da scarpe, il Brilli». Ma si, ci sta tutta, in questa favoletta, la parabola di Rovelli, lo scanzonato finanziere di Obliate Olona, il «Clark Cable della Brianza», bafi'etto assassino e sguardo sciupafenmiine. Affari sporchi, «empiastri» appunto, con la sua Sir rilevata nel remoto 1957, quando fatturava solo una ventina di miliardi, ne ha combinati tanti. Ma di soldi pure, ne ha l'atti tanti, foraggiando politici e magistrati: i «sciur», appunto. Da vivo, poi anche da morto, grazie a quel fiabesco assegno da 680 miliardi (detratte imposte e tasse), che i suoi eredi, la moglie Primarosa e i figli Felice, Rita, Barbara e Oscar, incassarono il 13 gennaio de! '94 come risarcimento dall'Imi, al termine di un rocambolesco processo in Cassazione, nel corso del quale sparì misteriosamente in cancelleria la procura speciale conferita dall'Imi ai propri legali. Grazie ai buoni uffici dei tribunali e delle supreme corti. E alla faccia - proprio come «ci Panna» - della povera gente, di quelle migliaia di meridionali c di sardi che lavorarono per lui fino al crack del '79, quando la Sir tini travolta da 3000 miliardi di debiti. E che volete farci: in cruci primi Anni Sessanta, tra il boom economico, la «Nota aggiuntiva» di Ugo La Malfa, le suggestioni programmai orie del primo centro-sinistra, chi non si sarebbe fatto ammaliare dal grande Sogno Chimico? E infatti Rovelli, col fiuto allenato come il «Parma», ci si tuffò a capofitto. Era in buona compagnia, d'altra parte. In quegli armi, nascevano le grandi speranze e proliferavano le grandi fortune degli altri eroi del Sogno Chimico, i Mattei all'Eni, gli Eugenio Cefis alla Montedison, i Raffaele Ursini della Liquigas. Il buon Nino volle essere anche lui della partita«Me vocuri fa la chimica», raccontava agli amici da ragazzo. E ci riuscì. Pescando con l'alambicco dal gran calderone dei fondi pubblici nel quale inanima de annacquava le tensioni sociali e alimentava le sue correnti. Si legò a Giulio Andreotti: ha raccontato sibillino idefunto Aldo Revelli, mitico agenteTraffici eper poteril «Sognodegli An l e e mazzette r rincorrere o Chimico» ni Sessanta di Borsa e grande amico di Rovelli, che i due «praticamente erano la stessa cosa». Poi a Giovanni Leone, che prese ad ospitare, anche da Capo dello Stato, insieme alla moglie donna Vittoria nella sua villa di Capri. E soprattutto a Francesco Cossiga: trasferì apposta gli impianti Sir a Porto Torres in Sardegna, per intercettare un bel fiume di miliardi pubblici: «Cpssiga lo aiutò ad ottenerli - ha confessato ancora l'amico Aldo Revelli - e lui in cambio lo finanziava...». Ma sì, di che stupirsi. In quegli anni era così. E la storia del «Parma», da questo punto di vista, è una summa dei l'asti e dei nefasti della Prima Repubblica. Rovelli ha navigati i in : tutto il torbido possibile, chimico e non so- ! lo. Ce il falso l rapimento di Sindona, nel '79? I falsi sequestratori mandano all'avvocato Guzzi una lettera, in cui tra mille altre richieste, pretendono i documenti relativi «alle irregolari operazioni effettuate dalle banche sindoniano per conto del Vaticano, della Montedison, di società di Ursini, Rovelli...». Viene assassinato Pecorelli? Su una sua agenda, alla data 18 marzo '79, cioè due mmmmmmmmm &oml prima dell omicidio, ì magistrati trovano il misterioso appunto «Celli (Rovelli) - Berlusconi. RovelltTonino». Scoppia lo scandalo Italcassc, finiscono in manette (pagina vergognosa della nostra Repubblica) il governatore della Banca d'Italia Baffi e il direttore generale Sarcinelli? 11 pretesto sono i presunti finanziamenti irregolari del Cia alla sua Sir. Formidabili, quegli anni di fango, per chi sapeva sguazzarci. Rovelli Io fece, baloccandosi con la chimica, con i giornali come la «Nuova Sardegna»', con il Cagliari di Gigi Riva. Troppa grazia. L'estro eccessivo del ((Parma)' diede fastidio a Cefis e alla sua Montedison, foraggiatoti anti-andreottiani della corrente fanfaniana. La congiuntura chimica crollò, le banche sotto la regia di Cuccia gli chiusero i rubinetti, e nel '79 l'impero si sfascio. Ma il «Panna» fece il colpaccio, lo stesso: firmando le famose convenzioni con il Consorzio di salvataggio della Sir, guidato dall'Imi, in base alle quali, due anni fa, la Cassazione ha riconosciuto alla sua famiglia il maxi-risarcimento. Casi della vita: a pronunciare la prima sentenza al tribunale civile di Roma, a favore dei Rovelli nell'ottobre dell'86, fu Filippo Verde, il magistrato romano, amico di Previti, coinvolto nel caso Squillante dalla Ariosto. E fu ancora lui, nel maggia dell'88, a ordinare la perizia con la quale la Sir fu stimata 326,3 miliardi. Fu grazie a quella perizia che, oggi, gli eredi del «Panna» si godono, tra la Svizzera e Montecarlo, quei favolosi 680 miliardi. Tirati a nuovo. Col lucido Brill? Massimo Giannini Traffici e mazzette per poter rincorrere il «Sogno Chimico» degli Anni Sessanta Nino Rovelli