FIGURE DELL'AMORE PREMIATE DAL CINEMA

FIGURE DELL'AMORE PREMIATE DAL CINEMA FIGURE DELL'AMORE PREMIATE DAL CINEMA Tra rivoluzioni, guerre e Olocausto ARA, Micol, Angelica, Rossella: le più belle del Novecento non hanno quasi nulla in comune, se non due caratteristiche essenziali. La prima è che sono tutte e quattro figure dell'amore, e non, per esempio, della trasgressione, dell'indipendenza o della rivolta femminile. La seconda, che sono tutte volate via dalle pagine dove si erano guadagnate la loro fetta d'immortalità per toccare la fama senza confini della gloria cinematografica. Lara, anche ai più giovani che non hanno visto il film di David Lean, la ricorderanno se non altro nella meravigliosa Julie Christie invecchiata ad arte che cammina per strada ostinatamente fissa davanti a sé e incurante della disperazione di un Zivago-Omar Sharif immemore di Pasternak che la invoca dal tram, nella sequenza morettiana di Palombella Rossa. Micol si confonde con l'elegante, giovane Dominique Sanda, languidamente guatata da Lino Capolicchio nel Giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (da cui il dissidente Bassani ritirò la firma). L'Angelica di Tornasi di Lampedusa non può più distinguersi dalla sfavillante avvenenza di Claudia Cardinale che volteggia con Burt Lancaster nel celebre ballo del Gattopardo di Visconti. E, naturalmente, Rossella è Vivien Leigh nello splendore hollywoodiano del film che neanche nei suoi sogni più ambiziosi Margaret Mitchell scrivendo Via col vento avrebbe osato immaginare. scatena sapientemente la passione per trasformarla in moneta sociale. Visconti, invece, l'ammira e basta, sembrandogli la bellezza d'Angelica il perfetto esempio di una grazia perduta, senza curarsi - come si legge nel romanzo - del fatto che sarebbe diventata con gli anni «una delle più viperine Egerie di Montecitorio». Lara è l'opposto esatto. E' bella perché è anche buona, l'avvenenza del suo corpo rispecchia Una caratteristica non da poco, quella di essere eroine di libro e di schermo, perché se la letteratura apre la via ai sogni ad occhi aperti, e ognuno può ricostruirsi e fantasticarsi personaggi anche a propria somiglianza, il cinema ha l'evidenza di un sogno sognato, dove ogni ùnmagine è perentoria e destinata a coincidere per sempre con se stessa, con buona pace delle possibili interpretazioni. Per il resto, Lara, Micol, Angelica, Rossella sono piuttosto differenti l'una dall'altra. Angelica nelle pagine di Lampedusa è sicuramente bellissima, ma non celestiale come il suo nome e come il volto della radiosa Cardinale del film. E non è affatto sentimentale. Di Tancredi ama il corpo e il blasone nobiliare, e più che le gioie del matrimonio, vagheggia la posizione sociale che la sua dote e l'aristocrazia di lui le promettono. E', piuttosto, un'eroina della seduzione: le basta uno sguardo, un sorriso, una parola nell'italiano appreso nell'elegante collegio fiorentino, dove l'ha spedita il padre arricchito sulle ceneri del Regno dei Borboni, per avere tutti ai suoi piedi. Lampedusa descrivendola l'ammira e la teme, e ne fa il perfetto campione di un istinto vitale e femminile inarrestabile e scaltro, ma in fondo rozzo e crudele; tra i personaggi del libro, più del trasformista Tancredi, più dell'affarista Sedara, è Angelica il prototipo di quella che doveva sembrare al vecchio Gattopardo l'umanità non troppo raccomandabile che sarebbe sorta nel nuovo Stato italiano sulle rovine del vecchio mondo. Una bella senz'anima, secondo un antico sguardo misogino, che scatena sapientemente la passione per trasformarla in moneta sociale. Visconti, invece, l'ammira e basta, sembrandogli la bellezza d'Angelica il perfetto esempio di una grazia perduta, senza curarsi - come si legge nel romanzo - del fatto che sarebbe diventata con gli anni «una delle più viperine Egerie di Montecitorio». Lara è l'opposto esatto. E' bella perché è anche buona, l'avvenenza del suo corpo rispecchia l'assoluta e tormentata nobiltà della sua anima. Che è l'Anima Russa, colta nel suo aspetto più luminoso e tragico. Pasternak ce la presenta semplicemente: ((Aveva un'intelligenza limpida, un carattere mite. Ed era molto graziosa». Fin dall'infanzia, poi attraverso la Rivoluzione e nei tormentati anni successivi, la vita la tartassa con disgrazie, umiliazioni, abiezioni e avversità. Ma Lara soprawiverà, come soprawiverà alla fine del suo appassionato, sincero e totale amore per Zivago, perché per Pasternak incarna non il cieco istinto vitale della «femmina» angelica, ma il soffio stesso dell'esistenza che anima la madre terra e si perde nelle vastità dell'universo. «Lara camminava lungo il terrapieno per un sentiero tracciato da vagabondi e pellegrini e quindi svoltava per il viottolo che, attraverso un prato, portava al bosco. Qui si fermava e, con gli occhi socchiusi, aspirava l'aria densa dei confusi profumi della vastità che la circondava. Era un'aria più cara del padre e della madre, più tenera dell'uomo amato, più illuminante di un libro. Per un istante a Lara si rivelava di nuovo il senso dell'esistenza. Era lì, sentiva, per cercar di capire la frenetica bellezza del mondo, per dare un nome alle cose e, se le sue forze non fossero bastate, per generare dei figli che l'avrebbero fatto in sua vece». Micol, invece, accende d'amore il narratore del Giardino dei Finzi Contini, ma non ama perché, beDa inaccessibile e segreta come il suo paradisiaco giardino, ella stessa è l'immagine dell'amore. Sensibile e pigra, vorrebbe solo «giocare a tennis, t / / ' Con la protagonista del Dottor Zivago, le più votate dai nostri lettori sono Micol, Angelica /t e la Rossella ,// dì Via col vento /.'

Luoghi citati: Cardinale, Lampedusa