Fratellini sulle sedie di lonesco di Osvaldo Guerrieri

Nuova compagnia Nuova compagnia Fratellini sulle sedie di lonesco Marcello Bartoli TORINO. E' nata una nuova compagnia teatrale. Si chiama «I fratellini», proprio come la celebre famiglia di artisti circensi che fu così popolare in Francia nei primi trent'anni del secolo. Ne fanno parte il regista Egisto Marcucci e gli attori Marcello Bartoli e Dario Cantarelli, che hanno portato all'Alfieri, dove resteranno fino a domenica, «Le sedie» di Eugène lonesco. Se dobbiamo considerare questo spettacolo alla stregua di un certificato di nascita, possiamo affermare che la creatura è venuta al mondo sana e vispa. Ma, come tutte le nascite, anche questa porta con sé, oltre all'ottimismo, una punta d'allarme. Infatti ò consolante vedere che esistono ancora fermento di idee e spinte verso un lavoro teatrale non pigramente consumistico. Ma non promette un cabotaggio sereno il l'atto che l'agguerrito terzetto entri in un sistema teatrale sensibilissimo, come sappiamo, ai richiami più pigramente consumistici. Ma tant'ò. Chi non risica... L'edizione delle «Sedie» cui abbiamo assistito l'altra sera è una delle più belle viste negli ultimi anni: elegante nella forma, raggelata in un umorismo debitore sia di Ridolini sia di Buster Keaton, disperata come un salto nel vuoto. Il lungo atto unico (del '52) ci fa assistere alla serata d'onore che un marito e una moglie si concedono quando sono ormai sulla soglia della morte. Pensano, i due, che avrebbero potuto diventare qualcuno (un re capo, un generale capo, un ebanista capo, un direttore d'orchestra capo ecc.); purtroppo non hanno avuto la fortuna che avrebbero meritato. E allora eccoli lì, sepolti da tempo infinito in un faro lontano da tutto. In questo confino d'acqua e di cielo, per darsi un senso, i bianchi coniugi organizzano quel gran ricevimento. Che non è soltanto una festa, ma qualcosa di più: essi intendono leggere ai loro ospiti un «messaggio» cui hanno lavorato per anni, nel quale hanno condensato il succo della loro esperienza e svelato il segreto della vita e della felicità. La scena si popola di sedie, soltanto di sedie, poiché gli ospiti non esistono che nella fantasia dei due vecchi. E quando giunge l'oratore per leggere il famoso messaggio, questi è un povero muto. Dalla sua bocca non escono che spaventosi gracidìi. Nel bianco e nero della scena disegnata da Graziano Gregori, la regia di Marcucci rispetta alla lettera il senso di «farsa tragica» indicato da lonesco. Lo spettacolo non cerca coloriture psicologiche, preme fin che può sul pedale della comicità impassibile o si lascia pervadere dagli sfrigolii di una fredda clownerie. Marcello Bartoli e Dario Cantarelli travestito da donna dimostrano di essere entrati perfettamente in questo clima e forniscono un'interpretazione disperatamente ilare. Nei panni eleganti dell'oratore muto troviamo Ottavio Courir. Pubblico non foltissimo, ma giustamente prodigo di applausi. Osvaldo Guerrieri Marcello Bartoli

Luoghi citati: Francia, Torino