L'addio di Pappalardo a Palermo

«Una missione tra Cosa Nostra e malapolitica», e sabato arriva il successore «Una missione tra Cosa Nostra e malapolitica», e sabato arriva il successore « I miei 26 anni eli lotte » L'addio di Pappalardo a Palermo m IL CONGEDO DEL PRELATO PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Salvatore Pappalardo parla della sua esaltante esperienza a Palermo per ventisei anni come Arcivescovo della città assediata dalla mafia e dalla malapolitica e come guida dei vescovi siciliani. Ha superato i 75 anni, perciò viene sostituito sabato in Cattedrale da monsignor Salvatore De Giorgi, già Arcivescovo di Taranto, nominato suo successore da Giovanni Paolo II. Il Cardinale, figlio di un maresciallo dei carabinieri ed ex nunzio apostolico all'estero, che avrebbe potuto diventare Papa (fu nella terna in cui prevalse Albino Luciani), si dice convinto che la crisi di Palermo e del Sud non sia irreversibile. Dunque, non è pessimista. Si ritira in un piccolo alloggio in una casa diocesana sulla collina nella borgata Baida con la vista sulla Conca d'Oro. Eminenza, lascia la carica di Arcivescovo ma rimane a Palermo, preferendola alla residenza in Vaticano, dove resta quale Cardinale, o ai boschi sull'Etna nella sua Zafferana, vicino a Catania. C'è dunque per Palermo un suo «mal d'Africa»? «Dopo essere vissuto quasi ventisei anni in Palermo, non è stato per me motivo di dubbio decidere di rimanervi. Tanto più che l'accoglienza in una casa diocesana, aperta ad incontri comunitari, mi permetterà di essere in qualche contatto con tante persone con le quali ho lavorato». Aveva ragione o torto Leonardo Sciascia quando definiva irredimibile Palermo, mostrando scetticismo per i suoi mali, le apatie, le violenze? «Mi sembra che fosse un'affermazione troppo pessimista. Nel mondo, ed anche a Palermo, non si deve negare la possibilità di migliorare e di risolvere i problemi. Questo e anzi un dovere al quale tutti debbono prestare un proprio personale contributo». Verrà, per l'isola, il giorno del riscatto? «Se la coscienza popolare continuerà a reagire ai mali presenti, e se le autorità nazionali, regionali e locali opereranno in senso positivo, incentivando ogni forma di iniziativa pubblica e privata, si dovrà pur superare il problema dell'attuale altissimo tasso di disoccupazione. Non la si deve considerare una situazione irreversibile». Lei, il Cardinale del richiamo disperato a Sagunto, è tuttora convinto che Roma sia indifferente verso il Sud? «Certamente i fatti accaduti e i ri¬ petuti appelli alla presenza energica dello Stato hanno alquanto modificato la precedente situazione. Ma lo Stato non può ritenersi presente soltanto se rafforza il contingente di polizia o dell'esercito, ma se riesce ad animare il funzionamento puntuale e rapido dei servizi richiesti dai cittadini». Che cosa prova quando entra in una delle chiese palermitane con il presidio dei soldati dell'operazione antimafia «Vespri siciliani»? «Non ci sono soldati dentro le chiese; se mai alcuni agenti delle scorte quando interviene alle celebrazioni qualche persona protetta. La loro presenza non dà mai luogo ad alcun inconveniente. I militari dell'operazione Vespri Siciliani operano all'esterno degli edifici». Come la sua curia sarebbe potuta intervenire di più nel campo della solidarietà umana, del sociale, del volontariato, dell'esser con chi soffre, con i più deboli? «Le attività di solidarietà umana e di cristiana carità sono assai ar¬ ticolate e numerose nella comunità ecclesiale palermitana. La Caritas diocesana ne è continua semolatrice, mentre dal canto suo gestisce alcune attività quali: un centro di riabilitazione per disabili gravi (con oltre 200 interventi giornalieri); una casa-famiglia per ragazzi a rischio; un centro di accoglienza per immigrati; un segretariato sociale». Aveva temuto di diventare tout-court il ((Cardinale antimafia» e per circa un anno non volle più pronunciare la parola mafia. S'è preoccupato dei boss ma pure - e non sono questioni disgiunte dal problema della criminalità di lavoro, droga, famiglia, etica in senso lato. Ma è bastato, davanti al dramma di questa grande capitale mediterranea, bella e perversa? «Un Vescovo non può essere racchiuso in una parola. Il suo campo di azione e d'interventi è vario e vasto, e bisogna lasciare alla sua responsabilità pastorale quali interventi fare e in che tempo e in che modo. Ho sempre detto le cose quando andavano dette e non quando e come altri volevano che le dicessi. E' una diceria che non abbia più "parlato per un anno...". Ho parlato tutte le volte che era necessario, di criminalità, di mafia, come anche di problemi della famiglia, del lavoro, della droga...». Tempo fa lei ha ammesso che, a volte, la Chiesa siciliana è apparsa distratta e timorosa. Il segnale del rilancio l'hanno dato le visite e i discorsi del papa Giovanni Paolo n, le sue omelie, i grandi convegni ecclesiali. Ma il clero può far di più nel segno di don Pino Puglisi? «Non in tutti i tempi i problemi si presentano con la medesima evidenza e gravità. Alcuni avvenimenti stimolano certamente una sensibilità che prima poteva non essere così emergente. Comunque, il sottoscritto ha parlato fin dagli Anni 70 dei gravi fatti che occorrevano, e le Chiese di Sicilia hanno celebrato convegni e pubblicato documenti che dimostrano di avere preso sempre più coscienza dei gravi problemi pastorali che mafia e corruzione ponevano. Il Papa è venuto a confermare nelle cinque volte che ha visitato la Sicilia l'impegno dei vescovi e di tutta la comunità cristiana. L'esempio di don Puglisi è sempre attuale e valido per tutti». Antonio Ravidà «Lo Stato non può ritenersi presente soltanto se rafforza il contingente di polizia ma se riesce ad animare il funzionamento dei servizi» «L'esempio del sacerdote ucciso è valido per tutti. Io ho sempre detto le cose quando andavano dette e non come e quando altri volevano che le dicessi. Quando ài necessario parlai di mafia e criminalità» «Una missione tE della alerArcidalla ome a sue soe da orgi, omianni di un d ex che Papa e Alo che non on è ccolo sana aida o. ca di a Paa ree rei bo Zaf. C'è suo entistato dere l'acsana, i, mi alche Il cardinale Pappalardo. A destra un'immagine del cardinale durante una celebrazione a Palermo Il cardinale Pappalardo. A destra un'immagine del cardinale durante una celebrazione a Palermo