Un brivido sul Danubio blu di Tito Sansa

Un brivido sul Danubio blu Un brivido sul Danubio blu A Bratislava, tre anni dopo la secessione IL MODELLO IL MODELLO CITATO DA BOSSI Lm BRATISLAVA K HANNO chiamata la «Palermo sul Danubio» o anche la «città delle tre malìe» (economica, politica, dei servizi segreti). A chi da Vienna, distante meno di G0 chilometri, va a Bratislava, capitale della neonata Repubblica slovacca, viene raccomandala prudenza assoluta: «Non andare in macchina. Se proprio non puoi fame a meno metti la vettura nel garage di un albergo. Stai attento con chi parli e cosa dici. Non ti fidare di nessuno, prima di firmale un qualsiasi pezzo di carta prenditi un interprete di tua fiducia», e via di questo passo. Estrema cautela viene consigliata in particolare ai giornalisti stranieri, i cui incontri e le cui conversazioni verrebbero ascoltati e registrati e i cui movimenti verrebbero seguiti da abili segugi a piedi e in automobile. Cosi dicono i colleghi cechi e austriaci che più di altri frequentano la Slovacchia e si sentono controllati «come ai tempi del comunismo». Specialmente nel lussuoso Hotel «Forum» (4900 corone per notte, due terzi dello stipendio di un docente universitario) chi; - a loro dire - pullula di microfoni e di spie. «Se vuoi parlare apertamente meglio un piccolo calie o la strada» consigliano. In quanto all'Hotel «Kiev», porto di mare di un'equivoca umanità balcanica ed euroasiatica, in pieno centro, e al vicino ristorante «Ali Babà», meglio non metterci mai piede. Qui eli recente un giornalista ha assassinato un trafficante di valuta serbo (sì, proprio cosi, non il contrario), qui si combinano affari di dubbia natura, qui - stando ai giornali slovacchi - si ritrovano i trafficanti di droga, di anni e gli organizzatori di furti di automobili. «Bratislava - ha scritto di recente "Extra Slovensko" - è la capitale mondiale del furto». «Non conosciamo alcuno straniero al quale a Bratislava non sia stata rubata l'automobile» ha rincarato «Narodna Obroda» e alcune società di assicurazione della Germania e della Svizzera hanno informato la clientela che non indennizzeranno il danno per le automobili rubate a Bratislava («e a Napoli», bisogna aggiungere per onore di verità). Benché chi scrive in occasione di più visite nella capitale slovacca (naturalmente senza automobile) non si sia mai accorto di venire pedinato, spiato, truffato o derubato, è d'obbligo ammettere che la pessima lama di Bratislava come «la peggiore tra le cinque B» (le altre quattro sono Brno, Budweis, Budapest e Bucarest) si basa sulle cifre. Numeri e dati sulla criminalità che le autorità tendono a ridurre e a nascondere, ma che hanno allarmato assai gli stranieri, tanto che alcune ambasciate hanno minacciato la diserzione di investi- tori stranieri «se non verrà messo un minimo di ordine». Nello splendido centro storico di Bratislava, che per due secoli fu (con il nomo di Pozsony) capitale dell'Ungheria, i turisti sciamano indisturbati, sulla nave-albergo «Grada» ormeggiata sul Danubio che in quel punto scorre lento e maestoso, giapponesi e americani si godono il tra¬ monto («die Welt ist in Ordnung», il mondo è in ordine, come dicono i tedeschi), ma basta passare il ponte e raggiungere il mostruoso quartieretermitaio di Petrzalka (150 mila persone ammassate in blocchi di cemento di quindici piani) per trovare la Bratislava descritta dai maldicenti stranieri. Deserte sono le ampie strade e i piazzali erbosi, i rari passanti scesi dagli autobus sgusciano via veloci per evitare gli «skinhead» accoccolati ai passaggi obbligati. Qui, tra le caserme-dormitorio del comunismo gli anziani rimpiangono i tempi della dittatura, quando «si poteva uscire di sera» e i giovani, anziché drogarsi, andavano alla casa del popolo o al circolo della cultura. Oggi a Petrzal¬ ka, ogni notte vi sono furti e rapine, i giovani fumano eroina (non se la iniettano per paura dell'Aids), si azzuffano con zingari, vietnamiti, russi. Bratislava - dice Dietter Keuth, capo dell'antidroga austriaca - è centro di smistamento dei narcotici verso l'Europa occidentale, l'anno scorso fu sequestrata eroina per 160 miliar- di di lire, 195 «dealer» furono arrestati in città - dice il tenente colonnello Dusan Ivan, portavoce della polizia e del ministero degli Interni -, i drogati in cura sono 1239, quelli «a briglia sciolta» sono «almeno 15 volte eh più», cioè qualcosa come 18-20 mila, che è una bella cifra per una città che non ha neppure mezzo milione di abitanti. Ma la vera specialità di Bratislava a parte quella che viene chiamata la «mafia politica» ed è incentrata intorno al governo del primo ministro Vladimor Meciar (che si è impadronita totalmente della radio, della televisione, della agenzia di notizie «Tasr», della pubblica amministrazione, di parte della magistratura, delle aziende privatizzate, che ha varato una legge che soffoca la libertà di stampa in quanto manda in galera chi «parla male della Slovacchia»), a parte tutto ciò la vera specialità locale è il furto delle automobili. Contro i ladri di vetture di Bratislava non c'è antifurto, non c'è sirena, non c'è marchingegno elettronico che tenga. A Galanta, una ventina di chilometri dalla capitale - per esempio ieri notte hanno svuotato un intero parcheggio benché custodito. Dieci macchine sono sparite, quasi sotto gli occhi dei proprietari. Come quella del mio giornalaio viennese, che si era assentato pochi minuti per mangiare un panino. A nulla è servito un antifurto sofisticato costato due milioni di lire. «Si portano via le macchine anche con il carro attrezzi, perfino in pieno giorno nel centro della città» ha rivelato il detective austriaco Norbert Goliasch. «Siamo impotenti perché la polizia slovacca non vede o gira la testa dall'altra parte». Fatto sta che, statistica ufficiale alla mano, nell'anno 1994 in Slovacchia è stato denunciato il furto di 9698 automobili, pari a più di 27 macchine al giorno. I giornali austriaci, particolarmente mordaci con la Slovacchia, scrivono che si tratta di cifre «addomesticate», che le auto sparite in un anno sono molte di più, circa 25 mila, cioè 70 al giorno. Il tenente colonnello Dusan Ivan, portavoce della polizia, rivela che non tutti i furti denunciati sono effettivamente avvenuti. «Un terzo circa di essi - dice - è un falso furto». Il trucco, adottato da migliaia di austriaci (ma anche da tedeschi e da qualche italiano) è semplice: si viene a Bratislava con l'automobile, la si parcheggia in un garage, si prende alloggio in un albergo del centro, si va a sedere in un caffè di quelli equivoci. Passano pochi minuti e si avvicina qualcuno che si offre di «rubargli» la macchina dietro compenso. Si pattuisce la cifra (3-4-6 milioni di lire) a seconda del tipo di vettura, che il proponente paga sull'unghia, in contanti, in cambio delle chiavi e dei documenti della macchina. Dopo un'ora circa, fatte le copie, chiavi e papiri vengono restituiti al «derubato» e, quando la vettura è già fuori dal territorio slovacco, viene data luce verde per la denuncia del «furto». Tito Sansa A sinistra il premier slovacco Meciar e sopra il presidente Kovac

Persone citate: Dietter Keuth, Dusan Ivan, Kovac, Meciar, Vladimor Meciar