Le ragioni del Nord-Est che si sente incompreso di Ferdinando Camon

LA RABBIA . :. ...., ■ ■' ' : ■ ■ ■ ■ ■ La secessione è voluta dal vertice leghista, ma la Questione Settentrionale è rivolta elettorale e fiscale Le ragioni del Nord-Est che si sente incompreso LA RABBIA CONTRO ROMA LA Questione Settentrionale doveva avere, nell'attesa dei cittadini del Nord, tre fasi. Aveva appena attuato la prima, la rivolta elettorale, e ci si aspettava che passasse alla seconda, la rivolta fiscale: invece ha minacciato di passare direttamente alla terza, la rivolta istituzionale o secessione. Ma è stata una scelta del vertice, la base (specialmente la base veneta) ha chiesto di tornare indietro, al problema del fisco e dei servizi, dei soldi che le Regioni danno allo Stato e dei servizi che lo Stato rende alle Regioni. La rivolta ha ragioni di fondo e cause immediate: come succede con tutte le rivolte, compresa quella delle colonie d'America. Allora fu la tassa sul tè. Adesso è il libro bianco firmato da Dini nell'agosto del '95 per distribuire gli investimenti dello Stato: lì sono previsti 4 mila miliardi al Piemonte, 8 mila all'Emilia-Romagna, 9 mila e 500 alla Campania... e 470 al Veneto. Così il Veneto viene a situarsi al terzo posto in ordine ai versamenti che dà allo Stato, al terz'ullimo in ordine agli aiuti che riceve dallo Stato. Eppure il Veneto lamenta una situazione stradale peggiore della Basilicata. Il disastro di questo servizio viene pagato dalla regione con quelle stragi di vite umane che si ripetono ogni settimana: la regione più ricca d'Italia ha la più alta mortalità stradale di tutto lo Stato. Ma le strade non sono l'unico servizio che non funziona. Non funziona la scuola: le aziende che prendono i neodiplomati li devono ri-scolarizzare perché la scuola statale non li prepara a lavorare. Ogni industria grande o piccola, dalla Riello alla Carraro, «istruisce» i lavoratori per conto suo. Non funzionano le poste. La sanità. Le ferrovie. Ogni 6 mesi l'Austria minaccia di chiudere l'accesso al traffico pesante italiano: chiede che venga trasferito su rotaia, per non squarciare il suo equilibrio ecologico. Blocchi al Brennero. Lo Stato italiano promette. I blocchi si levano. Lo Stato dimentica. E avanti così. La Questione Settentrionale non è il pendant della Questione Meridionale: la Questione Meridionale consiste in bisogno di presenza dello Stato, senza Stato le Regioni meridionali muoiono; la Questione Settentrionale consiste nel desiderio di assenza dello Stato, con lo Stato non c'è progresso. Questo è percepito meno nel Nord-Ovest, più nel Nord-Est. Il Nord-Ovest ha un'economia pesante, di tipo centro-europeo. Il Nord-Est ha un'economia leggera, di tipo orientale: fa stanghette, lenti, biciclette, scarpe, sedie... Nel Nord-Ovest «si va» in fabbrica; nel Nord-Est «si è» in fabbri- ca (anche quando si mangia, si dorme, si prende il caffè). Il che vuol dire che non c'è un tempo fuorifabbrica: né pranzo né messa né digestione né amici né domenica, Finché vivi tu sei nella fabbrica. E' un'economia nata in un lampo, che in un lampo può sparire. Ha bisogno di tutto. Lo Stato non lo sa. La mala del Brenta s'è piantata lì perché c'era una fitta concentrazione di aziende senza una minima difesa di polizia. Furti ogni notte. Il problema era: difendersi da soli o chiudere. Adesso di giorno.è una selva di operai, di notte una selva di vigilanti. Alla concezione di «progresso senza Stato» la cultura della Sinistra risponde: ricordatevi della Jugoslavia, guardate com'è finita. E' un'obiezione «forte» per un abitante del Nord-Ovest, del Centro o del Sud; «debole» per il Nord-Est. Perché il Nord-Est aveva con la Jugoslavia una frequentazione da sempre, e ha visto la crisi non quando è scoppiata la guerra, ma quando regnava la pace: nel pieno comunismo, nel pieno centralismo. E sa che la catastrofe jugoslava è il risultato di due fallimen¬ ti: 1) il fallimento del comunismo, 2) il fallimento del centralismo. Dieci anni prima che scoppiasse la guerra civile, ci si trovava in vacanza a Rovigno, ad Abbazia, a Dubrovnik: cominciavano a mancare mele, burro, caffè, carta igienica, lamette da barba. Il giorno prima che partissimo da casa, gli albergatori ci telefonavano: «Per favore, portate detersivo, limoni, zucchero...». Mancava tutto. E lo Stato era unito, duro, spietato. Nelle loro villette al mare andavo a trovare i professori universitari di Belgrado, e loro a bassa voce (anche i muri avevano orecchie) mi avvertivano: «Qui scoppierà il finimondo». Non capivo. Capisco ora. Dovevano scoppiare le due gabbie che imprigionavano la storia jugoslava: il comunismo e il centralismo. Che senso ha attribuire la catastrofe all'indipendentismo? Tito aveva riempito l'isola di Brioni di bestie di ogni razza: leoni, aquile, coccodrilli, condor, leopardi, serpenti...: riuniva nel suo aberrante zoo animali di tutti i climi, come riuniva nella ferrea federazione popoli di varie storie, lingue, religioni, economie. Gli animali son tutti morti, adesso li trovi impagliati in bacheca e li fotografi attraverso i vetri. E i popoli si son mangiati uno con l'altro. Ma l'Italia non è la Jugoslavia, non ha gli stessi mali e non ha bisogno delle stesse soluzioni. L'unità si è fatta nelle trincee del Nord, e per farla son morti meridionali come settentrionali. Adesso che il Nord-Est parla di indipendentismo, salta fuori Eva Klotz e dice: «Siamo con voi». Ma non è figlia di uno che ci sparava addosso? Ai tempi di suo padre, i soldati veneti (della Julia, della Cadore) che andavano a piantare il campo estivo o invernale in Pusteria e dintorni, ricevevano le munizioni di Op, per difendersi dal nemico. Questo i veneti lo sanno, e visto che il potere alla Lega lo hanno dato in gran parte loro, sentono la gestione «lombarda» della Lega come straniera: quando Bossi parla in dialetto non lo capiscono a Napoli o Palermo, ma, sia chiaro, neanche a Treviso o Vicenza. La gestione secessionista della Lega ingloba i veneti come anime morte, come un reparto sbandato e senza capo. La Liga Veneta non è la Lega Lombarda. Bossi ha ucciso la Liga e al suo posto impianta la Lega. Ma non prevedeva che l'esercito dei veneti fosse più forte di quello lombardo. Ecco perché la Questione Settentrionale arretra, dalla terza fase che avrebbe carattere istituzionale, verso la seconda che ha carattere economico: una diversa distribuzione delle tasse e dei servizi. L'«uso legittimo della forza», minacciato da Violante, nobilissimo nel sistema etico-politico in cui Violante lo include, qui però, nel Nord-Est, in basso, tra la gente, viene sentito come una repressione: 9500 miliardi alla Campania e 470 al Veneto, «o così o l'esercito». Non è la strada per far arretrare la Questione Settentrionale, ma per lanciarla, di colpo, ben oltre la fase terza. Ferdinando Camon Il Veneto al terzo posto per i tributi al fìsco al terzultimo per gli investimenti statali E i servizi pubblici? UGAVENETA Manifesti della Liga veneta Qui sopra: il neopresidente della Camera Luciano Violante

Persone citate: Bossi, Brioni, Carraro, Dini, Eva Klotz, Luciano Violante