Di Pietro: perché ho detto sì a Prodi
«Questo esecutivo mi ha dato fiducia ed io la contraccambio. Nel Polo posizioni che non potevo condividere» «Questo esecutivo mi ha dato fiducia ed io la contraccambio. Nel Polo posizioni che non potevo condividere» Di Pietro; perché ho detto sì a Prodi «Non ho aspettato il voto per salire sul carro dei vincitori» ROMA. «Dicono che io abbia aspettato la fine della consultazione popolare per salire sul carro dei vincitori. Scempiaggini», scrive Antonio Di Pietro. L'ex giudice utilizza la rubrica settimanale di «Oggi» per rispondere alle critiche mossegli da più parti per aver accettato l'invito di Prodi ad entrare nel governo come ministro dei Lavori pubblici. Un uomo per tutte le stagioni, un opportunista che ha aspettato il momento giusto per schierarsi dalla parte dei vincitori? Antonio Di Pietro, l'ex simbolo di «Mani pulite», dopo aver scelto il silenzio per molto tempo ora reagisce ai suoi detrattori ed è un fiume in piena. Il corteggiatissimo Di Pie¬ tro che aveva detto «no» a Berlusconi e che molti lo davano come simpatizzante di An, poi come il leader di un nuovo centro, ora ha sciolto ogni riserva per dire sì al governo guidato dal leader dell'Ulivo. Il perché è semplice. «Questo esecutivo mi ha dato fiducia ed io ho fiducia nelle persone che lo compongono. Senza doppi fini da parte mia e, soprattutto, senza colorazioni ideologiche. Sono i programmi sulle cose da fare che ci devono accomunare e ci accomunano. Cercavo e cerco solo di fare qualcosa di buono». Basta dunque con «le preclusioni di principio». Di Pietro sembra più che mai convinto a lasciare la cattedra per un incarico operativo, dove portare il suo contributo «alla ripresa delle commesse pubbliche, una componente fondamentale della ripresa economica, dell'occupazione e della realizzazione di quelle infrastrutture di cui ha bisogno il nostro Paese». Alle feroci battute di Giuliano Ferrara (tra le tante «voleva diventare Fouchet, si ritrova a fare il Nicolazzi»), che ha tirato un sospiro di sollievo quando ha scoperto che a Di Pietro non sono stati offerti i ministeri della Giustizia o degli Interni, l'ex magistrato precisa con puntiglio: «Ho rifiutato incarichi ministeriali ben più importanti di quello propostomi oggi e non ho partecipato al1 ultima campagna elettorale, dove, se avessi accettato di candidarmi con cinismo e per calcolo, avrei potuto conquistare una messe di voti tale da condizionare il responso elettorale». E poi una rispolverata di etica e una stoccata ancora a Ferrara: «prima mi sono fatto processare, dopo ho accettato di mettermi in politica. Una sensibilità che, in genere, i suoi compagni di partito (ndr, Forza Italia) non hanno avuto. Salvo, forse, il buon Gianni Letta, che è di tutt'altra pasta e per questo non sempre viene ascoltato». Di Pietro si scopre anche convinto bipolarista. Lo precisa quando parla di Mirko Tremaglia, con cui l'ex magistrato intende rimanere «amico». «Non ho potuto seguirlo nelle sue scelte perché solo personali ed inascoltate, mentre nella coalizione dove milita vi sono situazioni individuali radicalizzazioni ideologiche preconcette e conflitto di interessi persistenti. Mi auguro che si sforzi di comprendere le ragioni dei suoi avversari politici. Io l'ho fatto. In alternativa, mi sarei trovato ad avventurarmi in un terzo polo che, cancellando il bipolarismo e l'alternanza, avrebbe finito per bloccare il processo democratico del nostro Paese». E a tutti, indistintamente, Di Pietro rivolge un invito: accantonare «le preclusioni di principio verso tutto ciò che è di destra o di sinistra. Si deve guardare alla persona, alla sua voglia di operare per il bene comune e alla sua integrità morale», [st. ci Più di mille sotto il tendone allestito per l'incontro con i ragazzi delle scuole Da sinistra in senso orario: Di Pietro a Montenero mentre esce dal barbiere, un cartello che inneggia all'ex pm, la tenda in cui ha svolto la lezione, Tonino risale sull'automobile
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