«Ora voglio un Paese normale» di Massimo Gramellini

7 «Ora voglio un Paese normale» Montenero applaude la kermesse di Tonino LA LEZIONE DELL'EX PM MONTENERO PI BISACCIA DAL NÒSTRO INVIATO Tangentopoli finisce qui, nella pampa sconfinata del Molise, sotto questo tendone a micro-onde inventato da un Panseca paesano e un po' sadomaso. Comincia a finire quando, due anni dopo la toga, il signore di Mani Pulite si leva inevitabilmente anche la giacca. E mentre due laghetti alpini gli si dilatano teneri sotto le ascelle, Antonio Di Pietro annuncia a una platea di bambini disidratati la lieta novella: che è arrivato il momento di tornare a essere un paese normale. Sul concetto dipiutresco di normalità, ci sarebbero molte cose da dire e comunque le dice quasi tutte lui, intercalandole con i suoi nuovi tormentoni linguistici - «è chiaro u' concetto?», «né a chiacchiere né a parole» - e facendole precedere da una citazione brechtiana, tanto approssimativa e spontanea da sembrare involontaria: «Benvenuto il giorno in cui non avremo più bisogno di eroi». Gli piacerebbe essere l'ultimo. Chiamato a dettare le nuove tavole della* Legge, visto che quelle vecchie, sorrette da un Mose più accigliato di lui, compaiono già sulla copertina del suo libro di Educazione Civica, esposto all'ingresso accanto agli altri prodotti tipici di Montenero: il limoncino, l'olio extravergine e il furbacchione che li produce e sfrutta l'evento per farsi pubblicità (si chiama Sparvieri, d'altronde). Un libro pubblicato da un editore amico suo, Roberto Maggi, il primo uomo a portare le iniziali sulla camicia all'incontrario (M.R.) e a mettere sotto contratto Stefania Ariosto per un libro autobiografico, «Mazzette e champagne». Un libro che è la ragione ufficiale, anche se molto ambigua, di questo ritorno a casa dell'eroe che doveva battezzare un grande esordio politico e invece anticipa di pochi giorni quello ministeriale. Vista dal tendone, l'Italia normale di Di Pietro non è ancora un granché. Dovrebbe suscitare speranze, purtroppo evoca certi ricordi. «Trecento agenti addetti alla sua sicurezza e un'accoglienza cordiale ma severa e senza deroghe», intima con toni da Pravda il gior- naie locale. Dentro i bambini, gli insegnanti, qualche imbucato travestito da bidello e il sindaco pidiessino che voleva fare l'aeroporto a Montenero e pure il campo di golf: «Tonino ministro ci ha rovinati!». Fuori, sullo spiazzo, l'Italia anormale di sempre: un pazzo che gira con sentenze scadute da portare a Di Pietro, un suo omonimo ma non parente, barbuto e del edu, il quale si vendica dicendo che «io lo conosco fin da bambino: se vinceva il Polo veniva con noi». E poi duecento casalinghe di Teramo arrivate in pullman senza biglietto e lasciate a cuocere sotto il sole «nonostante l'invito personale del dottor Di Pietro»; un carabiniere in diretta da una barzelletta che ferma il drappello delle matrone incavolate («Tonino si è rimangiato la parola, è già un politico, non lo votiamo più!») e chiede serissimo al suo ma¬ resciallo: «C'è una strana scolaresca sprovvista di "passi", che devo fare?». Infine i soliti giornalisti, tenuti a bada da Christian Di Pietro, la guardia del corpo di famiglia, una massa di muscoli con pizzetto e cravattona. «In un paese normale - sta illustrando suo padre al microfono - chi non è invitato rimane a casa sua!». Alle spalle del podio bollente su cui ruscella l'eroe, c'è una frase eti¬ ca circa i destini della gioventù (la Tonino jugend?), «per costruire un futuro migliore», e sotto la firma, «Antonio Di Pietro». Roba da regime. Come le domande spontanee recitate da bambini che le hanno preparato per giorni e uno era ancora in oratorio dieci minuti prima del via, a provare fra i singhiozzi: «Dottor Di Pietro, dopo tanta notorietà, non sente nostalgia... uffa non mi viene... per il suo paese na¬ tale?». Il tasso di innocuità dei quesiti richiama una visita del Duce ai balilla, una comparsata scolastica di Stalin e un'intervista di Fede a Berlusconi rimontata da Marzullo: «Lo piace la popolarità?», «La scuola è palestra di vita?». Dalla piaggeria si passa al ridicolo: a una creatura in età da Pulii vengono fatte chiedere «delucidazioni sugli effetti del rito abbreviato». Di Pietro rispondo conio alla Cnn. Ai fianchi del tribuno ci sono il vescovo c il prefetto, l'autorità spirituale e quella materiale, entrambe gratificate di baci sulle guance. Il prefetto esordisce basso: «Momenti come questo non appartengono al Molise ma al mondo intero». Il vescovo, Domenico D'Ambrosio, benedice fra i boati riolla folla bambina (benché non priva di adulti) un mondo vagamente orwelliano dove «tv o giornali parlino delle cose belle della vita e la smettano una buona volta di essere narratori di disgrazie e lamentele!». Che così cesseranno naturalmente di esistere. L'Italia che vuol darci Di Pietro non è questa, per fortuna. Però ogni tanto gli assomiglia. Un po'. «La verità è che siamo stufi di gente che critica soltanto. Piuttosto ci dicano che cosa bisogna fare!». Un po' tanto. «Basta drammatizzare. Noi abbiamo fatto pulizia. All'o¬ sterò stanno peggio di noi. Vedo certi politici stranieri in tv di cui conosco benissimo il conto corrente...». Un po' troppo. «In futuro dovremo provenire, controllando i patrimoni: se un centralinista va al lavoro col Forrarino, un problomino ci dove essere». Sorvolando sui diminutivi o sul richiamo automobilistico che rimanda a una sua personale disavventura, Di Pietro sembra ispirarsi alla cultura del sospetto. Poi, forse spaventato dal suo poronismo inconsapevole, elogia un'Italia dove regnino la libertà di stampa, le pene accessorie, la mancanza di raccomandazioni: «Non sono ancora ministro e già pare che qui si voglia fare un aeroporto...». Il sindaco deglutisce. «Dignità, compaesani: l'Italia è tutt'una». Ciliegina immancabile, l'unità nazionale: «C'è forse un Nord o un Sud nel mio Paese?». Che gli offre il destro per il suo primo messaggio politico: «Io sogno il giorno in cui smetteremo di dividerci in destra e sinistra, Nord c Sud, buoni e cattivi. Tutti insieme, a lavorare». Eccola, la sua Italia nonnaie. Un Paese dove «ognuno fa il suo dovere o anello un po' di meno, basterebbe già. E' chiaro u' concetto?». Qualcuno sviene. Ma è il caldo. Massimo Gramellini Un bambino si alza e chiede spiegazioni sul rito abbreviato II vescovo contro tv e giornali: parlino di cose belle