L'Ulivo alla stretta finale di Fabio Martini

Vertice tra il Professore, Veltroni e D'Alema: Fassino verso l'Industria Vertice tra il Professore, Veltroni e D'Alema: Fassino verso l'Industria L'Ulivo alla stretta finale La spunta Prodi: Maccanico alla Difesa ROMA. Nell'antico palazzo Colonna, dove i baroni romani si sono dissanguati per secoli, c'è una luce accesa al piano nobile. Lassù, in una stanzetta appartata, sono seduti - e non sembrano di buon umore - i tre capi del centro-sinistra: Romano Prodi, Massimo D'Alema e Walter Veltroni. E' il primo vero summit per decidere assetti, poltrone e poltronissime del governo dell'Ulivo. Da una settimana se ne parla sui giornali, nelle chiacchierate telefoniche a due, ma stavolta è arrivato il momento di parlar chiaro. 11 chiarimento dura un'ora e un quarto, tra D'Alema e Prodi si consuma qualche battuta un po' acida, c'è qualche momento di tensione, Veltroni cerca di tenere le giunture, ma alla fine l'assetto del primo governo Prodi risulta più chiaro: al ministero della Difesa andrà Antonio Maccanico, proprio come voleva Prodi, che alla fine dunque l'ha spuntata sul fronte più accidentato. E da stasera quello di Maccanico è un «fortilizio» quasi inespugnabile: as¬ sieme a Napolitano (Interno), Dini (Estero), Ciampi (Tesoro), Maccanico è diventato uno dei punti fermi del nuovo governo. Il candidato più indiziato del pds alla Difesa, Piero Fassino, da ieri sera è più vicino all'Industria, mentre resta apertissima la partita per il delicatissimo ministero di Grazia e Giustizia. La novità è che si è riaperto il match e dunque si è fatta più incerta la posizione di Flick, sponsorizzato dal presidente del Consiglio in pectore e così da ieri sera il pidiessino Cesare Salvi è un po' più vicino al ministero di via Arenula. E' stato messo un punto pressoché definitivo anche alla questione-Dini. Prodi ha raccontato di «averci parlato» e di aver avuto un colloquio «chiarificatore». Lamberto Dini andrà al ministero degli Esteri, non avrà la vice-presidenza del Consiglio, ma in compenso imbarcherà al governo due suoi uomini: il ministro del Lavoro Tiziano Treu e Augusto Fantozzi che però dovrà rassegnarsi a rinunciare alle Finanze per trasferirsi quasi certamente al Commercio Estero. E i popolari? Da due giorni D'Alema non aveva nascosto il proprio malumore per le richieste ritenute eccessive dei nipotini della de («loro perdono il pelo, ma non il vizio...», ha confidato il segretario del pds ai suoi). E alla fine del summit di ieri il ppi ha avuto la conferma dell'unico ministero di serie A che aveva già chiesto: il Bilancio per Beniamino Andreatta. Decisi anche i pesi all'interno del governo: dei 22-23 ministeri, 9-10 andranno alla Sinistra europea (pds, laburisti, comunisti unitari), 9-10 a popolari, Dini, Maccanico e Verdi, amici di Prodi, il resto agli indipendenti. Questi i risultati del summit, ma non tutto è andato liscio. Alla vigilia dell'incontro il più carico era Massimo D'Alema. E il segretario del pds non si è fatto pregare per spiegare le proprie ragioni. Anzitutto dice di non capire quel veto alla Quercia per il ministero della Difesa e chiede perché mai Prodi abbia fatto di¬ chiarazioni ai cronisti su fatto che non «sia utile dare Interno e Difesa allo stesso partito». D'altra parte D'Alema sa che gli Stati maggiori - con i canali riservati che si usano in questi casi - hanno fatto sapere che a loro non dispiacerebbe alla Difesa un rappresentante del partito-guida della coalizione, «come accadde con Previti e Forza Italia». E a D'Alema non dispiacerebbe la Difesa anche perché sarà questo ministero a varare una delle riforme che stanno più a cuore al pds: l'abolizione della leva obbligatoria. Ma Prodi non molla e alla fine la trattativa si chiude: alla Difesa andrà Antonio Maccanico. E' a questo punto che si aprono per il torinese Piero Fassino le porte del ministero dell'Industria. D'Alema chiede un proprio uomo da inserire nel pool dei ministeri (Tesoro-BilancioIndustria) che si occupano di privatizzazioni. Da parte di Prodi, stavolta, nulla da obiettare. Fabio Martini ria e Il leader dell'Ulivo Romano Prodfesa atto che non «sia llo stesso partito». gli Stati maggiori si usano in questi a loro non dispiaesentante del parcome accadde con Alema non dispiahé sarà questo miforme che stanno one della leva obfine la trattativa si ntonio Maccanico. ono per il torinese inistero dell'Induoprio uomo da in (Tesoro-Bilanciodi privatizzazioni. nulla da obiettare. Fabio Martini tti: Massimo na. E' furioso uò rompere ema ti Il leader dell'Ulivo Romano Prodi

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