Il toto-ministri del faccendiere di Claudio Laugeri

Aosta, dopo Macchi tocca a Paolo Berlusconi: entrambi vittime di Ferramonti Aosta, dopo Macchi tocca a Paolo Berlusconi: entrambi vittime di Ferramonti Il loto-ministri del faccendiere Phoney Money, dalpm politici e manager AOSTA. Paolo Berlusconi avrebbe scampato un «bidone» dall'organizzazione scoperta dalla procura di Aosta con l'operazione «Phoney money»: alcuni personaggi poi finiti in carcere si erano offerti di combinare un «affare». E Paolo Berlusconi rifiutò. Una storia che il fratello dell'ex presidente del Consiglio dovrà raccontare questa mattina al sostituto procuratore David Monti. Dall'inizio di maggio, nell'ufficio del magistrato sono già passati il presidente di alleanza nazionale Gianfranco Fini, gli ex ministri Giorgio Bernini e Antonio Maccanico, il vice capo della polizia Gaetano Piccolella (poi «indagato» per false dichiarazioni al pubblico ministero) e il colonnello della guardia di finanza Gianni Mariella. Tutti sentiti come «persone informate sui fatti». Ieri alle 21 è toccato anche all'ex vicepresidente della Commissione d'inchiesta sulla mafia e componente della Commissione Giustizia, Pino Arlacchi, appena eletto ; 1 Senato nella lista dell'Ulivo. «Quasi una "parte lesa"» ha anticipato il pm in mattinata. Il colloquio è durato fino alle 23,20. Argomento: l'inchiesta parallela a quella sulle truffe di «Phoney money». L'ipotesi di reato è di «associazione segreta con lo scopo di interferire nell'attività delle istituzioni». Personaggio principale di questa indagine è Gianmario Ferramonti, protagonista di svariati incontri con politici, vertici delle forze dell'ordine, componenti d'alto rango della massoneria, agenti segreti di svariati Paesi. Nei verbali della magistratura c'è anche il racconto di una cena in un albergo romano. A tavola erano seduti il prefetto Vincenzo Parisi (allora capo della polizia), l'onorevole Umberto Bossi, Ferramonti e Enzo De Chiara, un italoamericano assai vicino al partito repubblicano d'Oltreoceano. I quattro avrebbe- ro parlato della nomina a ministro dell'Interno: Roberto Maroni sarebbe stato il nome proposto. E così è stato. Il solito «toto-ministri» tra «amici» o qualcosa di più? «Il mio cliente è soltanto un politico, non c'è nessuna trama oscura dietro i suoi discorsi» dice l'avvocato di Ferramonti, Dora Mirabella. L'uomo ha già chiesto un «confronto» con Bossi, che l'aveva definito «agente della Cia». «Dovrò raccogliere le testimonianze ancora di molte persone» spiega il pm Monti. Tutte riguardo a Ferramonti. Nessun nome. Soltanto l'indicazione «ci saranno anche politici, manager e giornalisti», a conferma della «trasversalità» delle conoscenze dell'uomo finito in carcere per «Phoney money». Assieme ai personaggi che avrebbero tentato anche di truffare Paolo Berlusconi. Il nome di Arlacchi compare anche in una lettera mandata via fax da Ferramonti a De Chiara negli Usa. L'argomento è la possibile nomina del politico progressista ai vertici dei servizi segreti nel '93. «Non mi stupisce che certi individui mi vedessero come il fumo negli occhi in un incarico di quel genere. Avrei di certo portato un cambia¬ mento, come del resto avevo già fatto con la Dia» spiega Arlacchi. In quella lettera c'erano informazioni precise. Come il progetto di legge per consentire all'«uomo di Violante» (così viene definito Arlacchi) di ricoprire incarichi destinati soltanto a prefetti e generali (lui è professore universitario). Il progetto non diventò mai legge. Un'altra in- terferenza? «Vedremo» dice il pm Monti. Aggiunge il senatore: «Non ho mai sentito parlare di questo Ferramonti, ma da quello che ho letto sui giornali mi ricorda molto la figura di Francesco Pazienza. Sono personaggi che riescono a infilarsi in ambienti dove circolano informazioni riservate». Arlacchi definisce l'inchiesta av¬ viata dalla procura di Aosta «seria e approfondita». Poi il viso si fa scuro per un attimo: «Ci sono elementi per ridisegnare il "quadro" delle logge segrete. Queste persone erano a conoscenza di fatti riservati e molto "interni" alle istituzioni. Questi non sono millantatori». Claudio Laugeri Sopra il sostituto procuratore David Monti e a fianco Pino Arlacchi Paolo Berlusconi era nel mirino della organizzazione di truffatori

Luoghi citati: Aosta, Usa