Bossi: la Padania? Arriva alle Marche

Il Senatur nega che la Liga veneta freni sulla secessione: è Cacciari che vuole dividere il fronte Il Senatur nega che la Liga veneta freni sulla secessione: è Cacciari che vuole dividere il fronte Bossi: la Padania? Arriva alle Marche «E sul governo del Nord io non faccio dietrofront» ROMA. Ne ha per tutti: da Antonio Di Pietro a Silvio Berlusconi, da Massimo Cacciari a Giorgio Bocca, da Giancarlo Cito a Gianfranco Miglio. Umberto Bossi si è scatenato in una intervista andata in onda ieri sera alle 20,30 sul circuito Odeon. Punto di partenza dell'intervista, naturalmente, è stata la questione della secessione. «I compiti del comitato di liberazione della Padania - ha detto Bossi - saranno interni alla democrazia». Poi la replica a Bocca: «Noi parliamo in nome della Padania, perché siamo una forza politica che rappresenta la libertà e gli interessi della Padania. Lui rappresenta Roma». E poi, ancora: «La secessione, allo stato in cui siamo vuol dire la separazione delle casse dello Stato, non issare muri sugli Appennini... La secessione è la via d'uscita dal colonialismo che è mirato a controllare i soldi del Nord. Il colonialismo si esprime attraverso il controllo delle scuole, dei tribunali, della politica». Per concludere con l'affermazione che la Padania «arriva alle Marche». Di Berlusconi il leader leghista ha detto: «La Fininvest è nata a Roma con la copertura della Bnl, quando tutti i vertici erano della P2. Questo non è un caso... Guarda caso la pubblicità è nelle mani di Dell'Utri che è di Palermo. Questo spiega molte cose...». Poi, in rapida successione, su Giancarlo Cito: «Non so chi sia... Però è un terrone»; su Di Pietro: «Io di Di Pietro ho la massima disistima»; su Massimo Cacciari: «Il sindaco di Venezia è lo strumento per dividere il fronte Nord... Se la Padania è unita schiaccia il potere romano quando vuole»; sulla magistratura: «Io non ho fiducia della magistratura che non è padana»; infine sul «ripensamento» di Gianfranco Miglio: «Chi esce, esce per sempre. Si entra una sola volta nella Lega». Il giorno dopo la nascita del «governo del Nord» il leader leghista è parso essere più che mai battagliero, ma ben attento a non eccedere. I suoi raccontano che quando ha letto i giornali si è messo a ridere: «Ma come, se non ho quasi neanche parlato?». A Umberto Bossi i titoli sulla nascita del Governo Padano non sono piaciuti. «E chi l'ha detto mai che la Lega fa marcia indietro o frena?». Reazione comunque cauta, più divertita che indignata. «Io avevo deciso di non parlare per dar spazio al nostro premier Pagliarini», dice adesso. E invece quella decisione pare sia arrivata all'ultimo momento e non solo per dar spazio al suo presidente del Consiglio. La notte tra venerdì e sabato, all'hotel Cristallo, l'aveva passata a scrivere un lungo intervento, ben attento alle parole, alle sfumature. Discorso ponderato fino alle sette del mattino. Poi, però, qualcosa è successo e in ogni caso ha cambiato idea: perché quel discorso, portato nella sede del suo Parlamento di Pada- nia, alla fine non l'ha letto. Come mai? Bossi spiegazioni non ne dà, ma contesta l'interpretazione subito circolata: che le pressioni dei leghisti veneti avessero consigliato prudenza e sordina sulla via secessionista, la via cecoslovacca alla separazione del Paese. Bossi smentisce alla sua maniera: «La Padania è unita». E per dar forza a questa sua posizione manda avanti Stefano Stefani, il presidente della Lega, veneto di Vicenza e deputato alla seconda legislatura: «Non esiste la questione Nord-Est, c'è solo la questione Pa¬ dana e all'interno di essa la Padania orientale. Esiste la Padania che è una terra caratterizzata da un sistema economico-finanziario omogeneo, i cui problemi sono comuni e che solo nell'unità padana potranno trovare una soluzione». Ma la chiusura di Bossi sulle differenze tra Lega e Liga non esaurisce il problema. Già domenica, quando ha battezzato la lista dei suoi ministri, ha dovuto ammettere che i veneti «g'han fato la parte del leòn». E per evitare problemi aveva dovuto sacrificare il suo ministro della giustizia Giuseppe Bo- nomi, avvocato di Varese, per far posto al veneziano Giovanni Fabris. Anche il discorso non letto, anche la disponibilità alla «trattativa con Roma» vengono lette in questo modo. Ma Bossi si ripete: «Io non ho frenato così come l'altra volta non avevo accelerato. La mia posizione personale è che in questo Paese non c'è più nulla da fare, non riuscirà a stare unito e neppure il federalismo lo salva più. E rivendico, questo sì, il diritto alla secessione e alla resistenza contro lo Stato ingiusto». [r. i.l «Non vogliamo grandi muri sugli Appennini ma casse separate» Miglio: «Chi esce, esce per e. Si entra una sola volta ega». orno dopo la nascita del «godel Nord» il leader leghista è ssere più che mai battaglieben attento a non eccedere. parole, alle sfumature. Discorso ponderato fino alle sette del mattino. Poi, però, qualcosa è successo e in ogni caso ha cambiato idea: perché quel discorso, portato nella sede del suo Parlamento di Pada- «Non vogliamo grandi muri sugli Appennini ma casse separate» r del cio to Bossi. tra, il o di a Massimo ri ' :::: Giancarlo Pagliarini, ex ministro e ora presidente del «governo della Padania» insediato da Bossi a Mantova .m f li 1 Giancarlo Pagliarini, ex ministro e ora presidente del «governo della Padania» insediato da Bossi a Mantova