La sfida di Nicola, da vittima a detective di Giuseppe Zaccaria

La sfida di Nicola, da vittima a detective Taranto, parla la terapista che ha «sbloccato» il giovane paziente torturato La sfida di Nicola, da vittima a detective Così il ragazzo tetraplegico ha accusato il sadico LA CRUDELTÀ' IN CORSIA LATERZA (Taranto) DAL NOSTRO INVIATO Il ragazzo ha la mano fasciata, ma non tutta assieme. Le dita sono avvolte una ad una nelle garze, incappucciate, aperte come foglie di verdura. Anche l'altra mano è fasciata. Anche un piede. Anche l'altro piede. Escrescenze bianche che affiorano in sequenza dalla penombra mentre ti avvicini alla culla per adulti, al grande canestro in cui i tetraplegici sono condannati a vegetare. Nicola dorme sopra il lenzuolo. Fa caldo, in quest'annuncio d'estate pugliese. Sulle fasciature, larghe chiazze rosse richiamano l'idea della tortura e del sangue ma è solo rnercurocromo, un disinfettante. Il ragazzo ha un pigiama blu, tiene gambe e braccia allargate, in un totale abbandono. E' vero, non può muoverle. 0 forse non poteva. Ecco, il senso del momento sta tutto in questo piccolo scarto di tempo, nel passaggio da un presente inappellabile alle prospettive che un verbo all'imperfetto a volte può aprire. Non «poteva» muoversi, Nicola V., ventitré anni, ex benzinaio, calabrese di Oriolo. Non «poteva» farlo da quando, tre anni fa, un'auto lo travolse su una stradina del suo paese. Non «poteva» neppure tredici giorni fa, quando nella clinica un sadico ancora senza nome strappò una ad una le unghie a lui e ai due tronchi umani che gli giacevano accanto. Non «poteva» difendersi, non «poteva» ribellarsi, non «poteva» neanche gridare. Adesso può. E' riuscito a ripristinare chissà quale circuito interno, a impugnare una penna. A scrivere chi è stato. Territorio di Laterza, paesino senza pretese a dieci chilometri da Taranto, grandi colline verdi, un cancello elettrico dipinto di grigio. Oltre il cancello ecco l'«ospedalo degli orrori», che poi degli orrori non sembra affatto e in fondo non è neppure un ospedale. «Osmairm» significa organizzazione sanitaria meridionale per l'assistenza agli inabili e il recupero dei minori. I minori sono quelli che adesso s'inseguono senza allegria nel parco giochi, gli inabili quelli come Nicola: 240 «internati», spesso da molti anni, su un totale di 402 «assistiti», come amano definirli. All'ingresso c'è un ragazzo che svolge funzioni di portiere. Parla con difficoltà: è un «internato» in grado di svolgere incarichi semplici. Lungo i viali e dinanzi alle palazzine, una piccola folla di parenti. «Questa - spiegano - è la sola struttura del genere nel Tavoliere e nel Salento. Non ce ne sono altre in Basilicata, né lungo la fascia jonica calabrese. C'è gente ricoverata da più di vent'anni. E' normale che i parenti vengano a trovarli, soprattutto nei fine settimana e nelle feste». A cavallo del primo maggio erano venuti in molti: anche por questo la storia del «mostro» avev.i avuto effetti così devastanti. Un sadico forse, o forse qualcos'altro: lo scopriremo addentrandoci nella storia. Qualcuno che nella notte fra il trenta aprile ed il primo maggio entra nel reparto «internati», un'ex convento dei cappuccini, primo piano palazzina uno, solo per strappare con una pinzetta le unghie a tre mummie viventi, raccoglierle in una busta di plastica e gettarle poi in un ripostiglio. Tutti pensano subito: è stato «uno di loro». Uno degli squilibrati che da anni nella struttura convivono con le vittime del peggio che la vita può riservare. Ma la sorveglianza, dov'era? Prima il giudice denuncia tre infermiere, quelle del reparto, per abbandono d'incapace. Poi, l'altro ieri, un primo salto nella storia: le tre donne fini- scono in carcere con altri quattro ausiliari della clinica e l'accusa acquista un codicillo. Esiste «il concreto pericolo che l'autore del reato, sicuramente compreso fra gli arrestati, se lasciato in libertà possa commettere altri delitti della stessa specie». Il sadico era un infermiere, scrive in pratica il magistrato. Negli stessi momenti si capisce anche come faccia ad esserne così sicuro: 11 vegetale si è riscosso, Nicola V. ha riacquistato sia pure in parte la capacità di esprimersi. Rispondendo alle domanda di una terapista è riuscito a scrivere su un foglio «Sì» e «No» con la grafia di un bambino ma seguendo precise sequenze logiche. Tutto si è interrotto quando la donna, continuando le domande al ragazzo, gli ha mostrato una pinzetta per uso chirurgico. Lui ha sbarrato gli occhi ed è ripiombato in un apparente isolamento dal modo esterno. C'è un vecchissimo, angosciante film di Dalton Trumbo, uno dei manifesti mondiali del pacifismo, che s'intitolava «E Jonny prese il fucile». Raccontava di un sopravvissuto alla prima guerra mondiale privato di braccia e gambe da un'esplosione, considerato dagli stessi medici un relitto senza attività cerebrale. Quel tronco, infine riusciva a comunicare con un'infermiera, a dimostrare intelligenza e sentimenti muovendo la testa con le cadenze dei segnali Morse. Chissà quali sono stati i primi segnali di Nicola V. La donna che è riuscita a risvegliarli si chiama Lucia A. Adesso, al telefono parla con un po' di reticenza: «Non vorrei dire cose che interferiscano nell'indagine... E' accaduto solo che il giudice mi abbia chiesto di fare quel tentativo, visto il rapporto un po' speciale che mi legava... che mi lega a Nicola». Quale rapporto, signora? «Bé, di affetto... appena giunto in clinica, un anno e mezzo fa, il ragazzo era raffreddato. Mi incaricarono di curarlo con una terapia respiratoria, ed io lo feci. Ma anche a terapia conclusa, quando Nicola non aveva più bisogno di me... della mia assistenza, voglio dire, continuai a farmi vedere, ad andarlo a trovare. Eravamo diventati amici». E come riuscivate a comunicare? «Con messaggi quasi impercettibili. Non so... una leggera pressione della sua mano, o uno sguardo... Lei non sa quante cose si possono dire con gli occhi». Ma lei, signora, è riuscita a innescare un meccanismo per cui un tetraplegico si è rimesso a scrivere, o almeno ad abbozzare un messaggio scritto. Ed è straordinario soprattutto perché i genitori di Nicola, in Calabria, dicono che dal giorno dell'incidente lui era riuscito a tracciare solo scarabocchi. «No: ha scritto, ha scritto. E tutto quel che ha scritto adesso è agli atti dell'inchiesta. Non è stato facile, questo glielo posso dire. Posso dirle che nessuno come me ha avuto tanta pazienza, tanto amore, tanto...». Tanto, cosa? «Ecco: tanto istinto materno. Sono convinta che sia stato questo a far scattare dentro di lui una molla». Ha seguito un metodo particolare, signora? «Non esiste un metodo buono per tutte le circostanze. Io facevo delle domande, lui mi ascoltava senza reagire. Poi poco alla volta ha ricominciato a comunicare con gli occhi, e infine, sorretto, aiutato, ha potuto scrivere quei "sì" o "no" sui fogli di carta. Solo così, con calma, sono riuscita ad entrare nel mondo di Nicola». Il mondo di Nicola V. ben presto sarà anche il mondo in cui un giudice riuscirà ad entrare per spiegare a tutti cos'è accaduto nella clinica. L'ipotesi più credibile vuole che un infermiere abbia accompagnato qualcun altro. Che questo qualcun altro fosse un sadico e basta, è ancora da dimostrare. «Qualcuno - dice il direttore sanitario - potrebbe avere avuto interesse a creare lo scandalo». La ragione? Ogni mese, l'«Osmairm» riceve dalla Regione 26 miliardi di contributi. Giuseppe Zaccaria Da tre anni non comunicava «L'istinto materno ha fatto scattare la molla giusta» «Quando gli ho fatto vedere un paio di pinzette lui ha sbarrato subito gli occhi» L'ingresso dell'istituto e, a destra, due degli arrestati

Persone citate: Dalton, Lucia A.

Luoghi citati: Basilicata, Calabria, Oriolo, Taranto