Tremila in lacrime per Nada di Fabio Pozzo
Chiavari, ieri i funerali. Il commercialista: falsa la storia delle avances Chiavari, ieri i funerali. Il commercialista: falsa la storia delle avances Tremila in lacrime per Nuda Altra perizia sul computer della ragazza REZZOAGLIO (Chiavari). Adesso il trambusto si è affievolito. Alpepiana, una trentina di case tutte in salita, immerse tra i castagni della Val dAveto, è ritornata alla normalità. Sono ridiscese a valle tutte quelle auto, tutta quella gente sotto gli ombrelli. Erano tremila, hanno invaso il piccolo oratorio del Settecento, il sagrato bagnato dalla pioggia, la strada che sale in quota, tutta tornanti, segnata dai manifesti listati a lutto. «Nada Cella, di anni 24...». Nada viveva qui quando non stava a Chiavari. In una palazzina dalle mura grezze, con una rampa di scale che s'attorciglia verso il tetto. Non c'è campanello alla porta. Ci sono le chiavi infilate nella toppa. Antonio, con i suoi settant'anni poggiati sull'asta dell'ombrello, bussa, poi apre da solo. Sull'uscio stringe forte la mano di Bruno Cella, il papà della segretaria massacrata dall'assassino ancora senza nome. Bruno non se l'era sentita, qualche ora fa, di entrare in chiesa. Allunga la mano, bacia le guance a tutti. Sembra un automa. «Voi no, voi giornalisti per favore rimanete fuori. Con i vostri articoli siete riusciti anche a depistare le indagini». Daniela, la figlia maggiore, lo prende per un braccio, lo tira via. «Vieni papà. Lascia perdere, vieni via», gli dice con dolcezza. Perché poi cambia tono, diventa dura con chi non conosce. Parole che tagliano. «Non è stato un funerale, ò stata una piazzata. Andate via». In chiesa, prima, quasi non si respirava. L'aria era umida di giacche bagnate dalla pioggia, di lacrime. Daniela stringeva la mano alla mamma, la sorreggeva, vicino alla bara in noce chiaro, coperta di fiori di campo. Bianchi e gialli, come i colori che ora rallegrano queste valli. Li hanno scelti i genitori di Nada, perché a lei piacevano tanto. Sull'altare, don Mario Poggi, parroco di Rozzoaglio, Amborzasco e Alpepiana. Al suo fianco nove sacerdoti e, poco più in la, le amiche di Nada. Sabrina, Antonia, Deborah. Non hanno mai smesso di singhiozzare, nemmeno quando la voce di don Mario ha riecheggiato fra i pianti, ammonendo: «Sareb¬ be meglio il silenzio, in questi momenti. Sarebbe meglio lasciar parlare i cuori». Ma non non poteva, non doveva stare zito. «Abbiamo bisogno di tanta speranza. Di tanta forza. E ne hanno soprattutto bisogno i genitori di Nada, perché possano guardare il prossimo come un fratello e non come un Caino». Ha fatto rabbrividire, quest'ultima frase. L'assassino, chissà dove sta adesso. Proprio ora, mentre l'oratorio si gonfia di note. (Alzati, amica mia!», stanno cantando le amiche di Nada. No, non può sentirlo il perito informatico che sta pigiando i tasti del computer che la ragazza ha fatto in tempo ad aprire, lunedi scorso, prima di morire. Sta navigando nell'«hard disk», l'esperto: deve trovare l'ora d'accensione di quella tragica mattina, deve cercare un «file» prsonale, il video-diario di Nada. «Nada è una vittima innocente, martire della violenza bruta dell'uomo», ha quasi gridato don Mario. «Noi l'affidiamo alla gloria di Dio. Sarà l'angelo custode della famiglia, dei suoi amici. Dobbiamo impegnarci per gli altri, come Nada ha fatto con tanta riservatezza», si è fatta ancora largo la voce del sacerdote. Ha voluto ringraziare la magistratura e le forze dell'ordine, don Mario, «per il lavoro che stanno svolgendo in cerca della giustizia». «E se possiamo avere dubbi sulla giustizia degli uomini, sappiamo che quella di Dio è sconfinata». Poi è toccato a Sabrina. «Preghiamo perché questo atto di violenza non rimanga impunito». Deborah, invece, soffocata dai singhiozzi, è riuscita soltanto a balbettare: «Nada ricorderemo sempre il tuo sorriso e il tuo grande cuore». Non ce l'ha fatta a continuare. Deborah è una delle ragazze che ha parlato della avances che il dottor Soracco avrebbe profferto alla loro amica. Il commercialista, però, ieri dal salotto della sua casa di Chiavari, cinquanta chilometri più a valle, l'ha smentita. «I miei rapporti con Nada erano soltanto professionali. Non capisco come possa essere venuta fuori una cosa del genere». Don Mario, allora, ha preso una rosa e l'ha posata sulla bara, «perché l'accompagni per tutti noi». Daniela, la sorella maggiore, ha raccolto una manciata di fiori di campo dalla corona, se li è stretti al petto. Fuori, sul sagrato dell'oratorio, non aveva mai smesso di piovere. La Mercedes nera aspettava, col portellone aperto. Uno degli amici di Nada l'ha chiuso con una ginocchiata. L'hanno portata a piedi, giù dalla discesa, fino al cimitero nuovo, dove quasi tutti si chiamano Cella. Sul loculo numero nove ora c'è una rosa. Fabio Pozzo Il dolore della madre di Nada Cella ai funerali celebrati ieri pomeriggio
Persone citate: Bruno Cella, Cella, Mario Poggi, Nada Cella, Soracco
Luoghi citati: Chiavari, Nada, Rezzoaglio
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