Beffa alla nave dei dannati di Foto Ansa

I profughi liberiani respinti dopo una sparatoria che lascia a bordo del cargo i cadaveri di due uccisi I profughi liberiani respinti dopo una sparatoria che lascia a bordo del cargo i cadaveri di due uccisi Beffa alla nave dei dannati Entra in porto a Accra, deve ripartire ACCRA. La nave «Bulk Challenger» è attraccata ieri con i suoi 4000 disperati passeggeri in fuga dalla guerra civile in Liberia nel porto di Takoradi, in Ghana; ma l'illusione che l'odissea fosse finita è durata poco: in serata le autorità l'hanno fatta ripartire, e ora il cargo naviga verso la Nigeria, nell'improbabile speranza di potervi sbarcare il suo carico umano. Al rifiuto di far scendere i profughi ha contribuito una sparatoria scatenatasi a bordo poco prima dell'attracco, seguita dal ritrovamento di due cadaveri. Il governo di Accra, non volendo accogliere eventuali guerriglieri mescolati alle altre persone, ha deciso di respingere tutti. Della sparatoria ha riferito per primo un ufficiale della marina militare del Ghana: «Abbiamo sentito che dei ragazzi armati hanno sopraffatto il comandante e l'hanno costretto a dirigersi verso il porto», ha detto poco dopo che la nave era entrata in rada. Poi il viceministro degli Esteri ghanese Mohamed Ibn Chambas ha ribadito che alla massa dei profughi non sarebbe stato permesso di sbarcare: «Saranno rifocillati e assistiti da personale medico a bordo, ma poi dovranno dirigersi verso un'altra destinazione», ha dichiarato. E in effetti i medici hanno potuto salire e verificare le spaventose condizioni in cui si trovano quasi tutti i profughi. Infine sono stati ritrovati due cadaveri, di persone uccise a colpi d'arma da fuoco; e in tutta fretta la nave è stata rifornita di carburante, viveri e acqua, e poi costretta a ripartire. Il cargo Bulk Challenger è nigeriano, e si ritiene che a bordo ci siano anche alcuni soldati nigeriani della forza di pace inter-africana per la Liberia (Ecomog); perciò fa ora rotta verso Lagos, ma non c'è nessuna garanzia che una volta arrivata la nave in porto i rifugiati ne potranno sbarcare. Le inenarrabili sofferenze dei 4 mila fuggiaschi durano già da una settimana. Né le ragioni umanitarie, né le pressioni internazionali, né le promesse di aiuti hanno convinto alcun governo dei Paesi africani vicini ad accogliere i profughi liberiani ormai allo stremo. Intanto a bordo si muore non solo di pallottole, ma anche di stenti: ieri è morta una donna che aveva pagato 75 dollari un biglietto della speranza e invece è stata stroncata da un'emorragia. «A bordo del Bulk Challenger ci sono epidemie di polmonite e dissenteria», ha detto il dottor Philip Adapoc dell'organizzazione umanitaria «Medici senza frontiere». Il rischio più grave è che le pessime condizioni igieniche e la scarsità di acqua potabile scatenino un'epidemia di colera, che farebbe strage. Le organizzazioni di aiuto temono che la vicenda del Bulk Challenger sia solo la punta dell'iceberg poiché la fuga dalla capitale liberiana Monrovia sta assumendo dimensioni da esodo biblico. Un gran numero di abitanti sembra essere caduto nelle mani di avventurieri che hanno promesso la salvezza sulle loro barche, in cambio di consistenti somme di denaro. Un'altra nave, un peschereccio sul quale si sono ammassa te almeno 1500 persone, è stata bloccata da unità della Sierra Leone al largo della capitale Freetown. Anch'esse hanno inseguito il miraggio della salvezza e, quasi senza acqua né viveri, rischiano ora la stessa tragica odissea dei passeggeri del Bulk Challenger. A bordo del peschereccio vi sono prevalentemente donne e bambini. Secondo le informazioni in possesso di organizzazioni umanitarie che operano in vari Paesi dell'Africa occidentale, le persone in fuga da Monrovia dovrebbero essere all'incirca 20.000. Intanto la forza di pace africana Ecomog ha dichiarato chiuso il porto di Monrovia per evitare che altre migliaia di liberiani cerchino di abbandonare la città (ma resta da vedere se la misura sarà efficace). Nella capitale liberiana due miliziani dell'etnia Krahn sono stati uccisi e un terzo è rimasto ferito in uno scontro a fuoco con soldati dell'Ecomog, che volevano impedire un tentativo di saccheggio in un negozio di proprietà di un indiano. Sempre da Monrovia, Charles Taylor, il capo della principale fazione in lotta in Liberia, ha rivolto un appello ai Paesi dell'Africa occidentale affinché facciano «il possibile per assicurare un trattamento giusto e umano» ai rifugiati liberiani. Taylor è membro del consiglio di Stato, la presidenza collegiale di transizione che riunisce i «signori della guerra» responsabili della tragedia del Paese. In un comunicato, il leader politico-guerrigliero esprime «la costernazione e l'inquietudine» del governo liberiano per la sorte dei profughi che hanno abbandonato il Paese a causa della guerra civile. Nel comunicato si dice anche che il governo di Monrovia ha attivato un comitato speciale per le questioni umanitarie, incaricato di collaborare con le organizzazioni umanitarie nella distribuzione di viveri e medicinali alla popolazione[e. st.] Una donna morta di stenti, paura di un'epidemia di colera Si teme che l'esodo da Monrovia spinga altri disperati a imbarcarsi Due drammatiche immagini delle folle di liberiani che tentano la fuga via mare da Monrovia [FOTO ANSA]

Persone citate: Beffa, Charles Taylor, Mohamed Ibn Chambas, Philip Adapoc