Corruzione il male viene dalla Storia

il caso. Galante Garrone il caso. Galante Garrone contro l'Italia del pizzo Corruzione, il male viene dalla Storia STI0 MANDIAMOCI: come I A mai si è tanto addensata e I appesantita su di noi que111 sta immensa nube della corruzione? Perché un fenomeno, che è pur sempre e soltanto penale, giudiziario, è diventato un segno epocale, e addirittura si è frantumato in una crisi di regime, e ha trovato partiti e istituzioni, al punto che già da molte parti tranquillamente si parla di un passaggio dalla prima alla seconda Repubblica? Non c'è per caso, in questa enfasi, qualche po' di artificiosa precipitazione? (...) Una prima e fondamentale circostanza sembra ormai incontestabile: che dopo la guerra e la Resistenza l'impeto della liberazione e la gagliarda e costruttiva ripresa di tutto un popolo non si sono tradotti in un rifacimento ab imis della vecchia Italia. TUtto politicamente si è afflosciato nel compromesso tra il vecchio e il nuovo. Facendo leva sull'eterno qualunquismo italiano, e sorto e si è diffuso in un attimo il movimento dell'Uomo qualunque, per poi scomparire, non perché ripudiato o abbandonato, ma perché ormai trasfuso nella scettica inerzia, nel costume, nelle istituzioni stesse degli italiani; in ciò coadiuvato dall'altro tradizionale appannaggio della nostra classe politica: il trasformismo. Come abbiamo già visto, sarebbe stata necessaria, prima di tutto, una radicale riforma della pubblica amministrazione, (ili Alleati vincitori non ce lo avrebbero impedito, cosi come non si opposero all'abbattimento della monarchia. Cosi come avrebbero consentito, e auspicato (e anzi avevano già cominciato a metterla in atto) una seria epurazione, che colpisse ai più alti livelli. Ma tutto rimase come prima, per la nostra deliberata inerzia. E' altrettanto ovvio che non sarebbe giusto misconoscere i grandi progressi realizzati nell'economia, nei rapporti fra le classi, nella ricostruzione di un Paese terribilmente devastato dalia guerra in cui ci aveva gettato il fascismo, nell'aprirci all'Europa e al mondo, nella nuova rivoluzione industriale, nel costume: insomma, in quello che fu detto il «miracolo italiano». Ma i partiti - anche perché condizionati dalla situazione internazionale e dalla divisione del mondo nei due blocchi, paralizzati dallo spettro della minaccia nucleare (e ricordo che fin dalla fine de) 1945 o principio del 1946 si comincio a parlare, su una rivista inglese, di «democrazia atomica») - non sentirono l'impellente necessità d'impegnarsi con abnegazione nel perseguimento di una più alta civiltà, adoprandosi ciascuno ad accrescere invece e soprattutto il proprio potere. Non mancarono di certo coloro che avvertirono e deprecarono 1 pericoli latenti in tale indirizzo, poi fatalmente sfociato nel sovrapporsi dei partiti alle istituzioni, nell'affari- nosa e vana ricerca di equilibri realmente nuovi, nel meticoloso dosaggio delle rispettive forze (il «manuale Cencelli»!), e finalmente nell'immobilismo. Di qui il cristallizzarsi delle forze politiche dominanti, e l'impossibilità di un'alternanza del governo del Paese, che si attenesse alla fisiologica regola di una moderna democrazia. E il fatale epilogo: il supremo affermarsi della corruzione ad ogni livello. (...) Vorrei dire qualcosa su come e quando si è cominciato da noi a prendere seriamente coscienza di tale problema. Mi rifaccio, a tale scopo, e prima di tutto, a un saggio di Piero Calamandrei, che forse pochi ricordano, Patologia della cormzione parlamentare, apparso sulla rivista fiorentina da lui fondata e diretta, «Il Ponte», nel 1947 (pp. 859-875). Mi pare che questo sia un modo degno per ricordare, a quarant'anni dalla sua morte, questo grande italiano. Lo scritto si apre con l'inimitabile arguzia dell'autore: «Questo è un argomento che, per trattarlo col dovuto riguardo, bisognerebbe scriverne in latino; in un latino settecentesco da vecchio trattato di medicina, colla descrizione dei sintomi e varietà della malattia, e qualche bella tavola illustrativa: "De varìis in parlamento corruptelae modis atque figuris tractatus"». Dopodiché egli subito racconta che in quei giorni, sul treno fra Roma e Firenze, un suo compagno di viaggio, parlando con altri, era sbottato nella perentoria sentenza: «La col¬ pa di tutto quello che succede è dei deputati: che sono tutti delinquenti e ladri». Nell'udire queste parole, egli era intervenuto per domandargli su quali argomenti si fondassero tali affermazioni - Risposta: «Non c'è bisogno di argomenti. Basta leggere i giornali!». (...) Subito dopo, Calamandrei ci racconta un altro episodio di quegli stessi giorni. Nell'incontrare per le scuole uno dei suoi primi editori del «Ponte», gli vien fatto di dire: «Vado giù in tipografia a riprendere la mia "macchina": che è poi una bicicletta...». E quello, con un sorriso adulatore: «Per ora la macchina è una bicicletta: ma sta per trasformarsi da bicicletta in automobile». «In automobile? E per qual ragione?». «Eh, lei ora è onorevole...». «E che c'entra coll'automobile?». «Sa... quand'uno diventa onorevole, tutto a livello si rialza». E gli strizza l'occhio «con aria di rispettosa complicità». Eh già! «Tutto il livello si rialza», si ripete Calamandrei, tra sdegnato e accorato: «Quella è l'opinione che i benpensanti hanno dei deputati al parlamento». A questo punto il nostro indimenticabile scrittore si domanda quali siano le origini, remote e prossime, di questi giudizi correnti. E accenna ai lunghi secoli di servaggio, durante i quali ci siamo avvezzati a sentirci «non cittadini responsabili nella libertà, ma sudditi oppressi dalla tirannia»; e osserva che all'antico male si è aggiunta di recente la spudorata «esperienza personale del fascismo», che ha screditato la politica sia con l'antiparlamentarismo (i cosiddetti «ludi cartacei»), sia con la «corruttela dei gerarchi esercitanti il libero esercizio del peculato e della malversazione». Insomma, la corruzione si è tramutata in un fisiologico «instrumentum regni», in una «istituzione complementare e necessaria del sistema», rafforzato dalla «solidarietà ricattatoria che si stabiliva tra complici». Alessandro Galante Garrone In anteprima il libro su 100 anni di malcostume politico lante Garrone contro l'I Sta per uscire il saggio di Alessandro Galante Garrone L'Italia corrotta. 1895-1996 (Editori Riuniti), dedicato a «cento anni di malcostume politico». Anticipiamo un brano che collega la nostra esperienza recente a quella del passato.

Persone citate: Alessandro Galante Garrone, Calamandrei, Cencelli, Galante Garrone, Garrone, Piero Calamandrei

Luoghi citati: Europa, Firenze, Italia, Roma