Zeri: era un artista romano di M. Vali.

Zeri: era un artista romano Zeri: era un artista romano «Un libro utile per combattere le favole inventate da Longhi» ECCO l'autorevole parere di Federico Zeri, che presenterà il volume di Bruno Zanardi e Chiara Frugoni a Milano, Palazzo Visconti, il 21 maggio, ore 18,30. Professore, è possibile che un libro rivoluzioni così la storia delle origini della pittura italiana e cambi le prospettive sul Giotto di Assisi? «Intanto s'è scoperto l'uso dei patroni, e le par poco? Prima la critica non s'era mai accorta che le sagome dei volti erano le stesse, rifatte diciamo così con lo stampino, con il ripetersi di moduli disposti nel modo più vario. Non si era mai giunti a certezze d'indagini tanto approfondite e precise. E conoscere con tanta esattezza il vero "testo" delle giornate è qualcosa di realmente rivoluzionario». Una tecnica non nuova, comunque, che può ricordare pure gli affreschi di Pompei. «Certo, anche della Domus Aurea, con la compresenza di vari artefici. Ma qui è in gioco il problema ben più nevralgico di Giotto...». E tocchiamolo, finalmente: Giotto o non Giotto? «Io non ho mai creduto che fosse Giotto. E oggi, a maggior ragione ne sono convinto. Certamente si tratta d'un artista romano, che lavora accanto al cosiddetto Maestro di Isacco, allevato alla sua bottega e che nel frattempo matura e trova la sua strada. Zanardi ha rilevato analogie con certe stesure di colore di Pietro Cavallini. Non so: certo io, nella Basilica Superiore, Giotto non ce lo vedo. Giotto è altrove, a Padova, o nel ciclo inferiore di Assisi. Ma c'è un passaggio così radicale tra i due ci- eli, che è diffìcile credere ancora alla favola di Giotto autore delle Storie di San Fìuncesco. Che gli sarebbe capitato per cambiare così?». E chi avrebbe messo in giro questa fiaba? Secondo lei il solito Longhi, colpevole di integralismo fiorentino? «E chi altri, se no? Longhi è uno di quei miti che l'Italia si trova sempre tra i piedi, come Fellini, Calvino, Flaiano, il Mondo di Pannunzio. Ipse dixit e guai a pensare il contrario. E perché deve essere Giotto? Per me si tratta di un romano: è da Roma che è nata la cultura moderna. E del resto, non era lì la capitale?». Lei avanza un nome, sconosciuto ai più: Filippo Rusuti... Davvero un beU'ardimento. «Ma questo libro serve proprio a combattere il provincialismo e l'immobilismo della cntica italiana, che ha il terrore di cambiar opinione. A Rieti c'è un ciclo di affreschi rozzissimo, ripeto rozzissimo, che riprende taluni scomparti assisiati, ma che cita anche degli ottagoni, che sappiamo "firmati" dal Rusuti a Béziers. E' difficile che un maestro così andante, dalle spiccate caratteristiche romane, si metta a collazionare motivi di diverse tradizioni, fiorentine per esempio. Dunque...». Dunque quello che si è sempre cantato liricamente come Giotto diventa un umile, sconosciuto Rusuti? «E che male c'è? La storia si muove. L'errore e di guardare sempre il passato con lo stosso sguardo timorato. Si pensi a quanti miti, come quelli di Giottino, oggi non abbiano più alcun senso. Suvvia, un po' di coraggio». [m. vali.]

Luoghi citati: Assisi, Italia, Milano, Padova, Pompei, Rieti, Roma