Micheli il manager dolce

Un tecnico che scrive romanzi Con lui scelto Arturo Parisi LA NUOVA SQUADRA Micheli, il manager dolce Dall'In a sottosegretario di Romano PROMA RIGIONIERO. Era questa la sensazione che da qualche tempo lo assaliva sia puro per pochi istanti: prigioniero di una enormità incomprensibile, di un gioco complesso...». Guardate un po', ironia della sorte: con una sorprendente dose di divinazione, Enrico Micheli cominciava proprio cosi il suo ultimo romanzo «Il ritorno di Andrea», dato alle stampe, giusto un anno fa, per Rizzoli. E di cos'altro doveva mai sentirsi prigioniero, questo riservatissimo cinquantottenne tornano, direttore generale dell'lri, so non dei futuri oneri, e dei prevedibili ma sofferti onori, cui l'avrebbe prima o poi chiamato l'amico Romano? Da quale altra inquietudine poteva mai vedersi assalito, il mite Micheli, trent'anni di militanza nelle vecchie «Pp Ss» alle spalle, se non quella di chi prima o poi si aspetta di finir suo malgrado coinvolto in qualcosa di nuovo e di ignoto? Oddio, la «missione» di sottosegretario alla presidenza del Consiglio che Prodi gli ha da ieri ufficial- mente affidato non è forse nemmeno quell'«enormità incomprensibile» di cui Micheli parla nel suo libro. Ma è di sicuro un «gioco complesso», quello sì. «Sai Silvio? Se un giorno vinceremo le eiezioni e io sarò premier, una delle persone che dobbiamo portare a Palazzo Chigi è sicuramente Micheli...»: questa era stata infatti una delle prime cose che un Prodi allora già sognante aveva detto in quel remoto marzo del '95 al suo uomo delle pubbliche relazioni, Tonni- presente Sircana, appena salito a Lecce sul famoso pullman per il «giro delle cento città». «Caro Enrico - gli aveva poi ripetuto direttamente il Professore dopo il voto preparati a far le valigie dall'Iri...». Ha nicchiato un po', il mite Enrico, in queste settimane. Ma in cuor suo sapeva che quella di Romano, prima ancora che una richiesta, era l'ordine di un fratello maggiore. E così, solo venerdì scorso, se a Micheli aveste provato a chiedere lumi sulla sua decisione («Ci vai o no, a fare il sottosegretario?») avreste sentito che la sua resistenza personale era già assai fiacca: «Non lo so - era la sua risposta ora dipende tutto dal pds, io sono un semplice servitore dello Stato...». Ed è vero. Perché Micheli, una vita spesa dentro l'industria pubblica, lo Stato lo ha servito davvero. Moderato e centrista, ma mai una frequentazione politica assidua, se non qualche occasionale amicizia, come quella con Veltroni. Lunghissima trafila all'Intersind e poi all'Iri nella direzione problemi del lavoro, dai tempi d'oro di Sette ai fondi neri di Petrilli, dal primo «Vietnam» di Prodi tra l'82 e l'89 all'intermezzo tumultuoso e tangentista di Nobili, dal secondo Vietnam di Prodi all'ultima stagione di Michele Tedeschi: il mite Enrico, del palazzo di via Veneto che governa da direttore generale ormai da quattro anni conosce tutto e tutti, presidenti e uscieri, fatti e misfatti. Ma mai lo ha lambito l'ombra di un sospetto, di una polemica. Autoritario, con un grande rispetto del ruolo e della gerarchia strategica e manageriale. I flash riemergono alla memoria più recente. Come le comuni battaglie nella guerra delle privatizzazioni. «Romano, lascia perdere, don Enrico ci vuol fregare...», sibilò ad esempio Micheli a Prodi nella famosa riunione all'Iri durante la quale Cuccia venne a fare la sua offerta per Comit e Credit. Oppure sulla Stet, sulle Autostrade, sulla Finmeccanica: «Se non le privatizziamo entro Tanno - ripete da mesi Micheli - Tiri rischia una nuova crisi finanziaria...». Di qui i suoi dissapori con i manager delle controllate dell'lri, i Pascale, i Valori, i Fabiani. «Perché - si lascia ad esempio sfuggire ogni tanto - Tiri ha delle controllate?». O ancora sulla Rai, dove pure, assai stimato anche da Dini, stava per finire come direttore generale «di garanzia», dopo il licenziamento di Minicucci ad opera di un altro manager che Micheli non ha mai amato, donna Letizia Moratti. Tutti affari che adesso Micheli riaffronterà da un altro tavolo, quello di Palazzo Chigi. [m. g.] Un tecnico che scrive romanzi Con lui scelto Arturo Parisi Enrico Micheli, direttore generale dell'lri

Luoghi citati: Lecce, Vietnam