Priebke l'accusa perde un round di Francesco Grignetti

Bloccato ex senatore I legali di parte civile: «Accettate le nostre richieste o lasciamo l'aula» Priebke, l'accusa perde un round La corte esclude il principale testimone del pm CROMA OLPO di scena, al processo Priebke. La corte lascia fuori il principale testimone della pubblica accusa. Non intende ascoltare quel Dietrich Beelitz, ex colonnello della Wehrmacht, oggi ottantanovenne, l'ultimo sopravvissuto del comando supremo tedesco in Italia. Era l'asso nella manica del procuratore militare Antonino Intelisano, Beelitz, aiutante del generale Kesselring. «Ma non tutto è pregiudicato», commenta il magistrato, visibilmente seccato. Comincia male, per il pm, questo processo: l'esclusione di Beelitz è un brutto colpo sia pure incassato con disinvoltura. Era forse l'unico teste che poteva raccontare lo specifico ruolo di Priebke nel comando tedesco, se il giovane capitano delle SS fosse un mero esecutore o un protagonista. «Ma nooo, Beelitz era un semplice telefonista», commenta l'avvocato difensore, Velio Di Rezze. E intanto gli si vede la contentezza negli occhi. La questione dei testimoni fa litigare anche gli avvocati di parte civile e il presidente della corte militare, Agostino Quistelli. Il giudice è intenzionato ad ammetterne il minimo indispensabile. «Noi - dice l'avvocato Marcello Gentili - possiamo stringere il più possibile. Ma se ia corte non accoglie la sostanza delle nostre richieste, ce ne andiamo. Le famiglie delle vittime non possono accettare un dibattimento ridotto a briciole del processo Kappler». In ballo ci sono sette famigliari delle vittime compresa la vedova del colonnello dei carabinieri Giuseppe Montezemolo, Adriana; un paio di storici; almeno un esperto del Centro «Wiesenthal»; tre o quattro testimoni che varcarono la porta della famigerata prigione di via Tasso; due agenti segreti alleati che ebbero a che fare con Priebke. Se a fine mattinata Priebke poteva essere contento delle decisioni della corte, però qualche ora prima il clima era radicalmente diverso. Nel silenzio assoluto, e scatenando finalmente le prime emozioni sul viso dell'anziano nazista, il pm Antonino Intelisano aveva spiegato che cosa furono le Fosse Ardeatine. «Un'orgia di sangue! I prigionieri entravano nei cunicoli con le mani legate dietro la schiena a gruppi di cinque. Ai loro occhi si presentava 10 spettacolo spaventoso di decine di cadaveri ammassati l'uno sull'altro. Venivano fatti inginocchiare sui corpi di chi li aveva preceduti e finiti con colpi esplosi alla schiena». Intelisano ha precisato che «si fa un processo non alla storia o al nazismo, ma a fatti precisi». Ha avuto poi parole dure per le «interpretazioni strumentali». Senza mai fare 11 nome di Vittorio Feltri, ha polemizzato duramente: «E' un clamoroso falso che i partigiani si potessero presentare alle autorità tedesche e così evitare la reazione. Non ci furono bandi o avvisi». E quanto a Indro Montanelli: «Capisco che l'imputato cerchi di addebitare il tutto ai partigiani. Ma che lo dica qualche organo di informazione, qualche illustre commentatore o qualche pseudo-studioso, è francamente intollerabile. C'è chi ha deciso di guardare all'albero dimenticandosi della foresta». Alla fine, un breve omaggio alla Resistenza «che è iscritta nel nostro Dna e nella Costituzione». E poi l'affondo: «Qui si cerca di ingenerare nella pubblica opinione una sindrome di Stoccolma ante-litte- ram: se non avessero svegliato la Bestia, la Bestia non si sarebbe mossa». Continuano le provocazioni e le minacce, intanto. All'avvocato di parte civile Pietro Nicotera è arrivata una falsa sentenza della Corte Costituzionale, su carta intestata, che assolve Priebke «perché il fatto non costituisce reato». Francesco Grignetti Il procuratore Intelisano «Non processiamo il nazismo ma le Fosse Ardeatine furono una spaventosa orgia di sangue» UN ORRORE ALLA SBARRA L'arrivo di Priebke in aula ieri mattina, alla seconda udienza del processo per la strage delle Fosse Ardeatine

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