Violante: riflettiamo sui vinti di ieri

Nel primo intervento il neo-presidente della Camera apre alla pacificazione con i «nipoti» di Mussolini Nel primo intervento il neo-presidente della Camera apre alla pacificazione con i «nipoti» di Mussolini Violante; riflettiamo sui vinti di ieri E alla Lega: non esiste un diritto alla secessione ROMA. All'ora di pranzo l'emiciclo di Montecitorio sembra il sagrato di una chiesa alla fine di un matrimonio, quando gli invitati si mettono in fila per baciare gli sposi. Mancano pochi minuti alle 13 e la «sequenza» che offre l'aula di Montecitorio è curiosa, inusuale: Luciano Violante ha appena concluso il suo primo discorso da presidente e sotto il suo banco sfilano, uno ad uno, centinaia di deputati con la mano protesa verso l'alto per stringere quella di Violante. La più lesta è Irene Pivetti, nel suo vestito verde pastello con bolerino e scarpe bianche, poi Mario Landolfo uno dei deputati più giovani di Alleanza nazionale, poi centinaia di visi e di mani. I più intimi si arrampicano fino al banco della presidenza: ecco la bionda Giovanna Melandri che accenna ad un abbraccio, Pietro Folena, Walter Veltroni. E poi la stretta di mano più inattesa, quella di Gianfranco Fini che dice a Violante: «Veramente un bel discorso». Alla quarta votazione, Luciano Violante è stato eletto presidente della Camera con 316 voti, 11 voti in più del quorum necessario, tre in meno rispetto al pieno dei voti del centro-sinistra. Preceduto da un poderoso fuoco di sbarramento del centro-destra, inseguito da soprann ni imbarazzanti («Viscinskij», «Beria», «capo delle toghe rosse»), Violante è riuscito a vincere l'iniziale ostilità dei deputati del Polo, conquistando applausi a destra e a manca. E lo ha fatto con un discorso che ha l'ambizione di segnare uno spartiacque nella storia politica degli ultimi anni. Con un intervento pensato e concordato con Massimo D'Ale- ma, con parole finora mai pronunciate da un dirigente di tradizione comunista, Luciano Violante si è rivolto ai «nipoti» di Mussolini, con un'apertura che equivale alla pacificazione attesa per 50 anni dai missini. «La Resistenza - ha detto Violante - non appartiene ancora alla memoria collettiva» e dunque «mi chiedo se l'Italia di oggi non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri». Dai loro scranni, i missini intuiscono subito che c'è l'aria di una grande apertura e infatti qualche attimo dopo Violante dice: «Non per sposare revisionismi falsificanti, ma bisogna cercare di capire i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà». Scattano in piedi Teodoro Buon¬ tempo e Mirko Tremaglia ma applaudono tutti i deputati del centro-destra e moltissimi del centrosinistra. Ma anche altri passaggi del discorso di Violante sono stati applauditissimi. Quello sulla secessione: «Invito a non considerare questi richiami come forme di folklore poltico: c'è un malessere vero al Nord, ma anche al Sud», ma non per questo «esiste un diritto alla secessione e «chiunque in¬ tendesse perseguirla troverà in quest'aula un impedimento assolutamente determinato», anche perché «lo Stato democratico ha tutti i mezzi, anche l'uso legittimo della forza, per impedire la sua soppressione». Gli applausi stavolta sono frenetici, tutti i deputati in piedi e l'unica che resta con le mani conserte è Irene Pivetti. Un discorso pensato a lungo, ecumenico, quasi da premier (ci sono l'Europa, le donne, il «pensiero al Pontefice», agli insegnanti, a Nilde lotti e a Irene Pivetti, le centocinquantamila leggi), ma punteggiato di spunti originali, anche sul tema delicato della giu¬ stizia: «C'è troppe volte un improprio connubio tra giustizia e mezzi di informazione» - dice Violante e «nel Mezzogiorno funziona solo la giustizia penale e il servizio giustizia viene colto come pura oppressione». E alla fine, incassati i tanti applausi, smaltita la fila delle mani protese, Violante esce dall'aula e in un corridoio laterale trova Massimo D'Alema che, costruendo barchette di carta, lo aspetta in piedi da un quarto d'ora. Un abbraccio forte, ripetuto due volte e D'Alema chiosa così: «Un bellissimo discorso». Fabio Martini «Stia attento: Roma è fragile e la Padania non è l'Abissinia Noi non ci lasceremo derubare da loro» «Mostra i muscoli per far vedere che è forte Ma è rigido, non duro» o i o a a a o e i e i a o Luciano Violante appena eletto presidente della Camera A destra: strette di mano e sorrisi per Massimo D'Alema dopo l'annuncio del voto favorevole a Violante Il leader della Lega Nord Umberto Bossi

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