BENTORNATA RIMA BACIATA

BENTORNATI RIMA BACIATA BENTORNATI RIMA BACIATA Dalle sestine trecentesche di Fortini alle ottave di Sanguineti: addio ai versi liberi, tre manuali in soccorso alla nuova linea HI si rivede, la vecchia metrica. Cento anni di versi liberi, creati da grandi maestri e imitati da cattivi allievi, hanno reso un po' malconcia la nostra poesia, costretta oggi a interrogarsi sulla propria identità. Mentre le raccolte poetiche, in tiratura ogni anno più limitata, trovano sempre meno spazio sul banco del libraio, si moltiplicano i convegni, per cercar di capire che cosa si può ancora chiamare poesia e che cosa no. E si scopre che l'elemento decisivo per definire «poesia» un testo è dato dalla sua obbedienza a un sistema di regole interne: senza le quali rimane prosa. Si scopre che gli autori del Novecento hanno continuato a scrivere endecasillabi e settenari, magari travestiti in forme nuove, reinventate, spiazzanti; hanno difeso, o ripreso, perfino la rima. Un eversore del linguaggio come Zanzotto scrive sonetti; un sovversivo come Fortini aveva recupe- GLI STRUMENTI DELLA POESIA Pietro G. Beltrami // Mulino pp. 235 L. 22.000 rato la sestina trecentesca; un incendiario come Sanguineti ci dà perfette ottave. E i più giovani li battono sulla rincorsa: Patrizia Valduga pesca in tutto lo strumentario dei metri classici; Gabriele Frasca ha pubblicato lo scorso anno da Einaudi un intero libro in rime, anzi, in «Lime», co- UN BAEDEKER NELL'ETÀ' CORTESE DA CARLOMAGNO A LUTERO Laura Mancinelli Rollati Èoringhieri pp. 259 L. 30.000 DA CARLOMAGNO A LUTERO Laura Mancinelli Rollati Èoringhieri pp. 259 L. 30.000 E Carlo tornava dalla guerra, lo accolse la sua terra, cingendolo d'allor...», cantava un bel po' d'anni fa Fabrizio De André. Era il Martello abbattutosi sui mori a Poitiers nell'anno di grazia 732 e incappato in una maliziosa avventura. Come inizio non c'era male. Poi venne Pipino, che unificò il Regno franco ai danni dei duchi di Aquitania. E poi, come si sa, suo figlio Carlomagno. Con lui e la sua politica nasce la letteratura in volgare tedesco. Per chi vuol saperne di più e inoltrarsi nei territori infestati da Sassoni e Longobardi, Svevi e Alemanni, e magari sedere per un attimo alla tavola di re Artù vagheggiando la matière de Bretagne, c'è ora fresco di stampa Da Carlomagno a Lutero: una bella storia della letteratura tedesca medievale di una delle nostre più accreditate studiose, Laura Mancinelli, nota al gran pubblico per i suoi romanzi che dal Medioevo hanno tratto spesso spunti e umori. In quelle lande la Mancinelli s'è aggirata sempre con disinvoltura e perizia. A lei si devono le traduzioni del Gregorio e del Povero Enrico di Hartmann von Aue, del Parzifal di Wolfram von Eschenbach, del Tristano di Gottfried von Strassburg, del Niebelungenlied. Insomma, il fior fiore della letteratura cortese: una stagione di appena cinquant'anni, fra il 1170 e il 1220, che è paragonabile all'età goethiana o alla grande fioritura romantica. Così era naturale che tanta esperienza trovasse un ideale luogo di aggregazione e riflessione in un quadro più organico, senza nulla cedere alla vena affabulativa, alla chiarezza e alla grazia che da sempre caratterizzano le pagine dell'autrice. Perché questo è D suo libro: un Baedeker della cultura letteraria medievale che ci invita a visitare i monumenti essenziali senza mai perdere d'occhio l'intero paesaggio. Un itinerario lineare, privo di fronzoli e pedanterie, sostenuto da un buon tono colloquiale e da talento narrativo. Verrebbe voglia di leggere questo compendio come una favolosa avventura al centro dell'Europa: fra battaglie, duelli, mostri, tenzoni e diatribe sottili. Fra teste blasonate e nobildonne, Minnesanger e cavalieri, ministeriali e abati. Ma non è lo scenario dei romanzi della Mancinelli? Per il lettore che segue con passione i legami fra ciclo arturiano e sviluppo letterario nelle corti tedesche o si lascia trasportare dalle vicende del Tristano o dalla celtica memoria del Graal, l'incantesimo è reale e l'identità dell'autrice sempre più ambigua. In questa zona beve e impalpabile in cui l'analisi scientifica si sposa con la leggerezza del racconto, il libro vive i suoi momenti più febei: tra la narrativa dell'età degli Svevi e la poesia d'amore, il Minnesang. E si è tentati di dire: e se ce l'avesse raccontata a modo suo questa cultura medievale, lasciando correre la penna della scrittrice e ibernando le sue dotte congetture su mistica e romanzo, Umanesimo e Riforma? Cosi come ha fatto su Lancillotto, Parzifal e Galahad in un testo narrativo per le scuole di prossima pubblicazione presso Einaudi (7 tre cavalieri del Graal). Insomma, la scrittrice ci suggestiona e finiamo quasi per dimenticare che la studiosa non è da meno. Si muove infatti senza fatica tra «fede del cuore» e razionalismo, San Bernardo e Abelardo, Memento mori e Carmina Burana, donne mistiche e versi di passione amorosa. E non disdegna di formulare tesi che inducono ad una lettura problematica della cultura tedesca. Certo è vero che Lutero ebbe un effetto gravoso sui secoli a venire codificando la frattura fra uomo interiore, soggetto a Dio, e uomo esteriore schiavo del mondo. Ma si finisce per far torto al Romanticismo se si pensa che esso abbia solo radicalizzato tale tensione. Chissà che Lutero, prima ancora di Freud, non abbia dato una mano a sondare quel lato oscuro della coscienza, il regno dell'ombra che tanta parte di noi cela. La schizofrenia romantica è un'avventura creativa, che non va appiattita sulla tensione concettuale di un pensatore come Lutero. Mentre può essere interessante seguire le ramificazioni del romanzo di formazione, che muovendo da un prodotto di alto livello come il Parzifal, si snoda lungo un percorso che raggiunge il dopoguerra con l'Oskar Matzerath del Tamburo di latta di Grass, ostile alla crescita e ad ogni pedagogia romanzesca. La Mancinelli ha scritto un libro che va ben oltre gli studenti di germanistica. E' un repertorio linguistico, favolistico, letterario che incanta per la sua linearità e la sua sobria eleganza. Persino re Carlo, tornando dalla guerra, l'avrebbe letto con piacere, se il peccato non l'avesse distratto. Per fortuna dopo di lui vennero i mistici. Ci avranno pensato loro a mettere una buona parola presso il Padreterno. me ha voluto titolarlo per sottolineare il lavoro artigianale dell'autore; il fortiniano Gianni D'Elia è appena uscito, ancora da Einaudi, con un «Congedo della vecchia Olivetti» dove non si vergogna di far rimare «gioventù» con «che fu», o «partito» con «finito» (ma anche con «ordito» e perfino con «mito»). In soccorso a questa linea arrivano adesso ben tre manuali di metrica, editi contemporaneamente, si suppone all'insaputa l'uno dell'altro, per rispondere a un bisogno comune: «Gli strumenti della poesia» di Pietro G. Beltrami, «Scrivere in versi» di Gabriella Sica (Pratiche, pp. 275, L. 26 mila), «Manuale di metrica italiana» di Gianfranca Lavezzi (La Nuova Italia Scientifica, pp. 382, L. 40.000). Gli autori sono studiosi universitari, con buone frequentazioni poetiche, animati dalla stessa trasparente volontà: aiutare a mettere ordine nella selva della poesia contemporanea, pur lasciandole tutta la libertà che le è dovuta. A questo fine analizzano con la lente dell'entomologo ogni aspetto del testo: le sil- Luigi Forte METEO Andrea 2!anzotto Donzelli pp. 80 L 18.000

Luoghi citati: Aquitania, Europa, Italia