UN CUORCONTENTO di Oreste Del Buono

UN CUORCONTENTO UN CUORCONTENTO Happy Hooligan, ribattezzato in Italia Fortunello: approdò al Corrierino con Maude, la mula ER completezza d'informazione si segnala che alcune storie del fumetto datano la sua vera nascita e la sua vera affermazione all'attività della prima agenzia di distribuzione nell'ambito della mostruosa organizzazione Hearst. Il King Features Syndicate, fondato da Moses Koenigsberg (King, ovvero in italiano re, era la traduzione in inglese della radice tedesca del cognome del fondatore, gli immigrati tedeschi contano molto agli albori del nostro genere prediletto), nel 1914, l'anno in cui in Europa scoppiò la grande guerra, distribuiva ormai fumetti a migliaia di quotidiani negli States e nel mondo. Quasi tutti i grandi protagonisti erano in viaggio, o stavano per affrontarne uno. Dalla conquista dei grandi centri urbani, la strategia del King Features Syndicate procedeva all'invasione delle cittadine minori, dei villaggi, delle campagne. Sebbene le storie e le enciclopedie del fumetto siano ormai numerose, ogni elenco cronologico di apparizioni e sparizioni continua a essere a rischio di errore. Un esempio clamoroso è quello fornito dalla Cronologia di Clark Kinnaird, ristampata e revisionata col permesso dell'autore e dell'editore da The Funnies, Annual, n. I, 1959 (Copyright 1959, King Features Syndicate, Inc.) che figura come appendice e conclusione di The Funnies, An American Idiom a cura di David Manning White e Robert H. Abel, The Press of Glencoe, New York, 1963 (in italiano Sociologia del fumetto americano, Bompiani, Milano, 1966) contiene una grossolana quantità di errori o almeno di contraddizioni. Gli stessi archivi dei Syndicates non riescono a volte a fornire dati sicuri, ma non c'è da scandalizzarsi. Il modo stesso disordinato con cui il fumetto è cresciuto offre più di una giustificazione alla facilità di sbagliare nel ricostruire l'iter dei personaggi. Agli albori, il fumetto si distingueva più per il disegno che per il contenuto. C'era un tipo di disegno popolaresco destinato alle storie più animate, dinamiche, rissose e c'era un tipo di disegno raffinato accademico a volte lezioso per le storie più appariscenti, eleganti, elitarie. Il fumetto badava a interessare tutti gli strati dei lettori americani di giornali. Così si arrivò anche a interiorizzarsi e negli stessi anni si poterono fronteggiare creature piuttosto zotiche come Happy Hooligan di Frederick Burr Opper e creature piuttosto complesse come Little Nemo di Winsor McCay. Il contrasto, però, è solo il risultato di un'osservazione superficiale, frettolosamente mi¬ rante a una classificazione di comodo. In realtà, a esempio, Happy Hooligan, il cuorcontento sventuratissimo omino con il cappelluccio di latta, ribattezzato in Italia Fortunello con irrisione alle sue disavventure, è uno dei personaggi più poetici del fumetto classico. Nato alla fine del 1899, approdato già nel 1910 al Corrierino con un altro personaggio di Frederick Burr Opper, Maude, la mula, ha dominato l'interesse dei piccoli lettori italiani per circa un ventennio, cedendo solo un poco di terreno all'invasione di Mickey Mouse e la sua banda all'inizio degli Anni Trenta. Un suo merito non tra¬ scurabile è stato quello di avere ispirato al nostro grande poeta Attilio Bertolucci una pagina memorabile. L'analisi di Bertolucci parte dal copricapo dell'amato vagabondo e dimostra come il fumetto possa alludere almeno a una storia dei consumi dell'umanità. «La scatola di conserva vuota, utilizzata come copricapo (erano i primi anni delle salse racchiuse in banda stagnata o, più volgarmente, latta, da noi, e l'aurea saggezza che accompagna sempre la povertà suggeriva alle madri di famiglia i più vari usi dei recipienti nettati e in tale modo resi degni di entrare nella suppellettile domestica, e da qui nella pittura di Giorgio Morandi) c'entra moltissimo nella fortuna dello sfortunato Fortunello», afferma Attilio Bertolucci nella prefazione a Fortunello, la Checca e i loro amici (Garzanti, Milano, 1965). «Quelle madri che si diceva avevano del bello e del buono per sottrarre ai Aglietti, in vena di travestimenti, il prezioso scatolame di ricupero, non ancora votato al sacrificio di massa sulle are impietose dell'Economia di Consumo. Comunque, ottenuto che si fosse, non era poi facile mantenerlo in bilico sulla testa, il cappellino fortunellesco; ci riuscivano i più bravi e protervi, i più lontani come carattere, dal mite, gentile e malricambiato personaggio preso a modello. L'altro personaggio era la Checca, la mula infernale. Allampanata e ghignante, chissà quali fondi di repressa aggressività andava a toccare nei piccoli italiani lettori del Corrierino, perloppiù figli della borghesia, dalla magari minima sino all'alta: il popolo per mancanza di lire, era escluso anche da questi lussi infinitesimi, allora...». Attilio Bertolucci riconosce in Frederick Opper «uno dei tanti talenti comici che gli Stati Uniti in via di vertiginosa trasformazione da nazione agricola a industriale, da Paese provinciale a metropolitano, seppe esprimere in quei tempi per divertire (e ammaestrare, castigando col riso i costumi) quelle folle eterogenee per razza e provenienza, fittissime e tuttavia, giusta l'espressione di Reisman, solitarie...». Per dir la verità la citazione del sociologo americano David Riesman qui è fatta per suggestione poetica del titolo della sua opera maggiore The Lonely Crowd. A Study ofthe Changing American Character, Yale University Press, New Haven, 1950 (in italiano La folla solitaria, il Mulino, Bologna, 1953) è il titolo del celebre saggio, nonostante, anzi proprio per la sua suggestività, è infatti giudicato fuorviante. Ma AttiMo Bertolucci lo usa per parlar della solitudine pubblica e privata dei personaggi del cinema e del fumetto, e con toccante e audace finezza si spinge a confrontare Happy Hooligan con Charlot, l'omino con i baffetti e la bombetta creato negli Stati Uniti dal comico inglese Charlie Chaplin qualche anno dopo, ma con la stessa tendenza a posare come capro espiatorio di tutte le colpe della società. «Fortunello nei guai viene cacciato dal suo buon cuore», sostiene Attilio Bertolucci. «Abbiamo nominato Charlot, le cui sfortune prendono origine sempre, come quelle dell'omino dal cappello di latta, da maldestri tentativi di raddrizzare almeno una parte dei tanti torti che vengono fatti a questo mondo, di venire in aiuto di chi si trovi per qualsiasi ragione, malcombinato. Anche qualcosa nell'utilizzo che doveva essere comunissimo tra la poveraglia, di scatole vuote e simili aggeggi, anticipa in Fortunello Charlot. Il quale, in quel capola- Nacque nel 1899 e diventò uno tra i personaggi più poetici del filmetto insieme a Little Nemo: ispirò una pagina memorabile a Attilio Bertolucci voto immortale che è II monello, ostenta come fosse un portasigarette in metallo prezioso tempestato di diamanti, la sua bella scatola di sardine pulita e lustra, stupenda. Fornita, poi, naturalmente, della più estesa varietà di cicche possibile...». Non capita di ricordarlo spesso, ma tra cinema e fumetto non esiste solo una concordanza circa le date di nascita, ma addirittura un'interdipendenza continua. Almeno sino a un certo punto. Cinema e fumetto non sono mai in concorrenza. Il punto di non ritorno si verificherà solo con l'avvento della televisione. Oreste del Buono i!-\Kirz7.\i;in

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