LE FIABE DI CARPACCIO NARRATORE MAGICO

LE FIABE DI CARPACCIO NARRATORE MAGICO LE FIABE DI CARPACCIO NARRATORE MAGICO Timori e speranze al servizio della grandeur veneziana ERGINI nordiche e principesse africane, draghi furenti e cavalieri misteriosi, sapienti ebrei e mercanti turchi, leoni feriti e luminosi fantasmi: tra splendide visioni di città e lagune con dolcissime barche, mari immobili percorsi da vele improvvise, monti della Bibbia come monti di casa, raffinate architetture dove compaiono gli ambasciatori forse d'Inghilterra o forse d'un Dio del Rinascimento. I grandi télèrì del Carpaccio non finiscono di stupirci, le storie che raccontano a incantarci. Tutto un mondo pensato e restituito - o almeno così ci appare come fantasiosa narrazione, dal ritmo lento e sognante, entro la più sicura organizzazione degli spazi: dove la natura prende l'aspetto di ora e di «oltre», e le figure umane o sovrumane, le piante arcane e gli animali-simbolo, esprimono - forse cantano - la loro favola corale, stupendamente improbabile. Folle d'ogni Paese si accalcano ogni giorno a Venezia alle Gallerie dell'Accademia: il fascino del raccontatore magico non ha sosta da cinque secoli. Qualcuno si lascia prendere dai perché delle storie o dalle rispondenze cromatiche, un altro segue il volo dei frati o ammira il volto delle donne, un terzo approva le impennate dei cavalli o capta i suoni dei Seleniti... In uno strano silenzio: ognuno, come pri¬ ma reazione, insegue il suo sogno. Stupore e partecipazione sono moltiplicati dalla presentazione dei dipinti, tuttora «a ciclo continuo». Le avventure di Orsola e delle undicimila vergini si sdipanano in una sola, grande sala; le storie di San Giorgio sono sempre l'una accanto all'altra nella Scuola Dalmata o degli Schiavoni, dove sono state poste cinque secoli fa. Altri cicli o pitture sono meno facilmente raggiungibili e confrontabili, ma finirà che li raggiungeremo: il gioco è fatto, siamo ormai tutti coinvolti da queste storie-fiume. Presto viene anche il nostro momento: ognuno di noi, inseguendo personaggi, architetture, animali, paesaggi, mette insieme la sua favola e la racconta agli altri - ognuno a suo modo. Del resto anche nei bei libri illustrati che abbiamo con noi, troviamo fiabe diverse: diversità piccole e grandi, discordanze, riferimenti mobili che sappiamo provenire da altre storie, e queste chissà. Ma ora abbiamo un libro che riattraversa e precisa ogni storia e ruolo: indaga il racconto e la radice del racconto, lo approfondisce, lo espande: queste nuove Storie di Carpaccio, di Augusto Gentile - appena uscite da Marsilio -, parlano chiaro e insieme sembrano riempirsi sempre più di storie-storie: ripercorrendo i télèrì con lenti acute e maliziose, il critico cattivante e incalzante ricava nuovissime interpretazioni, corregge errori di testi, rivede, discute, contrasta e propone riferimenti. Carpaccio rivisitato tratto per tratto, riraccontato punto per punto. Il metodo è quello dell'iconologia contestuale, che integra le fonti note e le tradizioni figurative con i più ampi riferimenti agli accadimenti storici, pubblici e privati, del con-testo: riesamina i documenti e ne trova di nuovi; apre registri di Confraternite, inventari di monasteri, mariegole, lettere, racconti di protagonisti e di testimoni, cantori di piazza, opuscoli d'ogni genere, fogli volanti - testi solitamente trascurati. Così, entro le immagini, identifica soggetti e sviluppi; riprende e reinterpreta metafore, simboli, allegorie, ricomponendo sequenze logiche e percorsi significanti a fronte di sequenze e percorsi «apparenti». Ci si rende ora conto come la narrazione del pittore sia tutt'altro che una splendida disseminazione più o meno sognante di sagome colorate: è invece il risultato «di una implacabile organizzazione semiotica». Una fitta logica di discorso governa la concatenazione di segni e figure: che definiscono i significati entro le storie «e insieme li trasferiscono ben oltre le storie». Il critico contestuale esalta, dunque, il ruolo dell'artista come responsabile del testo, del linguaggio e del senso delle storie figurate: non lo riduce alla «trascrizione», ma lo vede come organizzatore del loro significato. E' questo un risultato particolarmente importante dell'indagine sul Carpaccio: la ritrovata evidenza di un discorso lucido e coerente, che distrugge il mito del pittore disincantato, e quindi dello spettatore neutrale. Si svela la realtà di un artista di propaganda e di intervento: tra storie di devozione e d'avventura, Carpaccio mette a fuoco timori e speranze della storia contemporanea, ponendo al servizio del potere di Venezia il potere delle immagini. Basterà seguire nel nuovo libro le indagini e i riferimenti alla minaccia turca e alla presenza ebraica. Chi si soffermava, ad esempio, alla fine del Quattrocento davanti ai télèrì di Sant'Orsola, non poteva far a meno di proiettare nel presente i massacri rappresentati dal pittore, sovrapponendoli ai massacri ora compiuti dai Turchi: i nuovi barbari, i nuovi infedeli, i veri persecutori. La violenza dei Turchi nei confronti delle donne, vergini e maritate, vedove e religiose, è un tre¬ mendo motivo ricorrente nella letteratura occidentale dopo la caduta di Costantinopoli: e ora Carpaccio forniva a suo modo notizie indirette ma potenti, con abbondante corredo di dettagli illustrativi, commenti allarmistici, messaggi propagandistici. Nell'indagine, anche il famoso San Girolamo agli Schiavoni, o Sant'Agostino, o forse Cardinal Bessarione, è ora scoperto e restituito al contesto: si trasforma a sorpresa in altri personaggi, di cui lasciamo la scoperta al lettore. Tutto in una scrittura viva e curiosa come le lenti usate, con una sua presa mobile e precisa, non senza bagliori di humour tra i puntuali approfondimenti. Libro forse irrituale, come l'autore stesso suggerisce, ma irrituale per nostra fortuna; certo prezioso per gli specialisti come per il lettore comune. Ricchissimo, inoltre, di note, indici, bibliografie, illustrazioni. Lo porteremo con noi nella nuova visita che già progettiamo, prima dell'arrivo delle folle estive all'Accademia o alla Scuola Dalmata. Paolo Barbaro PARMIGIANI: «UN VIAGGIO NELL'OBLIO» Lf ARTE è un modo disperato di restare aggroppati alla vita e scegliere di vivere aggrappati alla poesia come a una speranza in nulla, ma in una totale tensione verso questo nulla, è già un non trascurabile atto di fede. Vivere poeticamente non implica in ogni caso nulla di trascendente; non esiste vita che non sia vissuta poeticamente e disperatamente. Vi vere è già di per sé un atto poetico che esula totalmente dall'essere o non essere artisti. Si è portati a dubitare se sia opera più aita e meritevole un oggetto d'arte o se non lo sia invece una vita, Nel fondo di noi stessi c'è un mare, se mai si può aspirare degnamente a questa metafora, dove si in crociano e si agitano molte altre ombre e molte altre vite non disgiungibili dalla nostra. L'opera di .uno è opera di tutti. La vita di un artista è un viaggio verso un'opera e l'opera è un viag gio nell'oblio della vita, simile in questo al protendersi lento di una nuvola nel suo desiderio di congiungersi e annullarsi fatalmente in un'altra nuvola. Non lo penso come un viaggio verso una speranza né tantomeno verso una salvezza, anzi al contrario lo penso come un viaggio verso niente e nessuno, un viag gio verso quella illusoria Terra prò messa che chiamiamo spirito. Veggenti ciechi procediamo nella luce della nostra cecità ogni giorno gettando ponti su fiumi che scorro no. L'arte non si dice, l'arte si fa, tut to il suo universo è nell'istante. Claudio Parmiggiani

Persone citate: Augusto Gentile, Cardinal Bessarione, Carpaccio, Claudio Parmiggiani, Paolo Barbaro, Turchi

Luoghi citati: Costantinopoli, Inghilterra, Sant'orsola, Venezia