Legislatore più veloce di Ferdinando Camon

LA PROPOSTA LA PROPOSTA di Paolo Maurensig UN libro, ormai introvabile, che vorrei vedere ristampato è L'occhio di Vladimir Nabokov, un romanzo, credo, scritto durante il suo esilio a Berlino. Ambientata tra gli emigrati russi, è la storia di un giovane precettore che, in seguito a un'umiliazione subita, decide di togliersi la vita con un colpo di pistola; ma all'ultimo momento la mano gli trema e la pallottola lo sfiora appena, lasciandolo indenne. Lui però non se ne accorge e, convinto di essere un fantasma, un osservatore invisibile agli occhi degli altri, continua a frequentare gli ambienti di sempre. Potrà cosi seguire da vicino, molto da vicino, l'infelice storia d'amore di un goffo millantatore. Una storia comica e disperata. Un piccolo capolavoro, a mio parere. SEGUE DALLA PRIMA NCHE Gesù collaborò alla propria condanna. Ci fu un momento, nel processo, in cui Pilato «voleva» mandarlo via, perché non gli interessava il sangue di un predicatore di una nuova religione, ne nascevano tanti: lui voleva mostrare a tutti che era innocente, nel senso di innocuo. Ma Gesù rifiutò il dialogo. Pilato s'infuriò, e lo fece portar via: «Ducite eum». Gesù fu condannato perché si rifiutò di rispondere al prefetto di Roma, cioè all'imperatore. Il rifiuto di rispondere si chiamava «contumacia». Questo fu il reato di Gesù. Pilato non entrò nel codice di Gesù, ma Gesù entrò nel codice di Pilato e lo rifiutò, perché lui portava una morale che non poteva dialogare con la morale di Roma. La morte di Socrate e la morte di Gesù non sono state delle aggiunte alla loro predicazione: ne sono state la conferma. Il Cristianesimo si è diffuso non perché Cristo ha detto quel che ha detto, ma perché è morto come è morto. Poteva rinnegare la propria predicazione, senza smentirla, Galileo: e lo fece. Il processo a Galileo fu la somma di tanti errori: in quanto processo a una tesi scientifica, non aveva nessun senso arrivare a una condanna (se la tesi era vera, la condanna diventava una autocondanna) e neanche a una assoluzione (cosa assolvi, la verità?), e nemmeno a una abiura: se la verità è quella, per sopprimerla bisognerebbe far abiurare tutti gli scienziati futuri, nei secoli dei secoli. Non fu sbagliata la sentenza, fu sbagliato il processo. Perciò la sentenza, uno dei più clamorosi errori della Chiesa, non ebbe conseguenze per la Chiesa: ne ebbe per la scienza. Da allora i Paesi cattolici cominciarono a esprimere meno scienziati dei Paesi protestanti. Anche i condannati nei processi staliniani accettavano la sentenza, anzi accettavano il processo, e questo apre un problema ancora oscuro. Crollavano subito, ai primi interrogatori. Applicavano il «sacrificium intellectus», l'abiura del proprio pensiero. A meno che (ma non lo sappiamo) non fossero stati torturati abbondantemente prima di essere mostrati alla corte. 0 non fossero sotto ricatto, per la moglie, i figli. Ma quelli staliniani sono processi politici, mettevano capo a uno scopo politico, non giuridico. Giudicavano nemici già vinti e arresi: per distruggerli. Come «vinti» furono giudicati gli imputati di Norimberga, e quello resta per eccellenza un processo «non-legale». Per condannare i Gerarchi del nazismo furono modificati i codici dei vincitori, un anno o due prima della vittoria: in modo da comprendere i crimini nuovissimi e mai pensati prima che i prossimi vinti avevano commesso. Sono i crimini contro la pace, i crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Le condanne comprendevano sia gli individui che le organizzazioni (corpi criminali furono giudicate le SS e la Gestapo). Fu esclusa nel codice l'attenuante dell'obbedienza agli ordini: ma questa era esclusa anche nel codice militare tedesco (art. 47: «Il subalterno che esegue un ordine è colpevole se è al corrente che l'ordine riguarda un atto che ha come obiettivo un crimine civile o militare»: il caso Priebke è chiuso), mentre era ammessa, ahimè, dal codice militare britannico. Dunque, la giustizia sul nemico è rimasta ferma al «guai ai vinti»; il processo dopo la vittoria è la santificazione della vittoria, la giustizia è la conclusione della guerra con altre armi. La vera pace dopo una guerra non è il processo, è l'amnistia che mette fine alla processabilità. L'ingiustizia del processo di Norimberga sta nel fatto che stabilì dei principi che furono applicati retroattivamente e non furono applicati successivamente: crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l'umanità erano commessi anche da chi giudicava (l'aggressione alla Polonia Giudicare chi obbediva* a un codice ricorrendo a un altro codice; il problema della legge creata dopo il reato (i crimùii di guerra) B R 0 S I 0 - Legislatore più veloce DOTTOR D'Ambrosio, si può parlare di attualità delle leggi? I codici rispondono sempre alle esigenze del momento storico? «Si potrebbe parlare in termini astratti di leggi ideali. Sono quelle che riflettono i principi morali dell'uomo, di quel momento». Non si può dire che sia sempre stato così. In Italia sono passati anni prima dell'abrogazione della legge sull'adulterio... «E' vero. L'abrogazione di certe leggi arriva quasi sempre quando la gente non sente più certe norme. E' stato così con l'adulterio. Ed è stato così per il divorzio e l'aborto, la cui abrogazione è arrivata solo dopo due referèndum, due consultazioni popolari». Quindi non si può che parlare di leggi in continua evoluzione... «Ovviamente. Pensiamo all'attuale codice di procedura penale. Quando è stato introdotto non sono stati pochi - anche tra gli addetti ai lavori - a criticare certe forme, come il patteggiamento che riduce la pena per chi ammette le sue responsabilità. Quando sono entrati in vigore non si può dire che, avvocati e magistrati, avessero la mentalità adatta». E in passato? Prima della riforma dei codici? «In passato,era anche peggio. Fino agli Anni 70 i principi cardine della Costituzione npn sono stati applicati. I processi erano ancora [f. poi.] da parte di Stalin, la deportazione in massa di tedeschi ad opera di russi, le bombe atomiche americane sulla popolazione civile giapponese), e continuarono a venir commessi anche dopo (stragi americane in Vietnam). Norimberga non fondò un diritto, ma fondò una corte di giudicanti: a giudicare tutti, tranne se stessi. Pier Paolo Portinaro, nella prefazione, va più in là: pensa che il processo politico serva a «costruire» il nemico, «a togliere dall'astrattezza il conflitto e a dare un volto concreto al nemico». Non dunque a depurare le passioni, ma a sfogarle. Credo allora che il problema sia una giustizia «a prescindere» dalla vittoria. Non c'è mai stata. Potrà mai esserci, sulla Terra? Ferdinando Camon

Luoghi citati: Berlino, Italia, Norimberga, Polonia, Roma, Vietnam