Debuttanti Al Pacino e la Huston di Alessandra Levantesi
Debuttanti Debuttanti Al Pacino e la Huston CANNES. Il delegato generale Gilles Jacob non ha esagerato dichiarando di essersi trovato nell'imbarazzo a scegliere i film, tanto notevoli erano la quantità e la qualità dell'offerta: per la prima volta dopo anni, infatti, la sezione «Un certain regard» non sembra messa su con gli scarti della Selezione Ufficiale. Dall'osservatorio di chi seguo le rassegne parallele, la novità maggiore dell'edizione '96 è proprio questa; o sarà la rivale «Quinzaine des Realisateurs», gestita da Pierre-Henri Deleau in chiave di controfestival, a farne in qualche modo le spese sul piano della concorrenza. Basta scorrere la lista di nomi illustri che affollano «Un certain regard»: «The Pillow Book» di Peter Greenaway, «Cwal» di Kr/.ysztof Zanussi (che è nella giuria del concorsoi, «Fourbi» di Alain Tanner, «Racconto d'estate» di Rohmer, «Gabbeh» di Mohsen Makhmalbaf sono tutti titoli che non ci saremmo stupiti di trovare in competizione. Qualcuno più pessimista (o più cattivol potrebbe insùmare che la collocazione depone male sulla riuscita di questi film, ma la sezione ha altri assi nella manica. Se la Quinzaine annovera i film recenti di Arthur Perni e John Sayles e l'opera prima dell'attore Steve Buscemi, bravissimo interprete di tanto cinema indipendente americano (qui a Cannes è protagonista di «Fargo» dei fratelli Cohen), «Un certain regard» può contare su due esordi registici d'eccezione: Anjelica Huston e Al Pacino. La prima con «Bastarci out of Carolina», ambientato nel repressivo clima sudista degli Anni 50: un film tanto aspro che il magnate della televisione Ted Turncr si sarebbe rifiutato di programmarlo. Il secondo, con «Lookùig l'or Richard» realizzato e prodotto in proprio, porta un personalissimo contributo alla storia della messa in scena di «Riccardo III», alternando stralci di spettacolo e interviste a colleghi fra New York e Londra. Sempre dagli Usa promette molto bene il debutto di Mary Harron, «Ho sparato a Andy Warhol» che riferendosi all'attentato quasi mortale subito dall'artista nel '68, disegna un ritratto delia mancata omicida: uno strano personaggio di lesbica, idolatrata da molte femministe, che pagò caro il suo gesto. Come al solito la presenza americana è dominante sia nel «regard» che alla «Quinzaine» dove per il resto del mondo resta poco spazio. Un film italiano in tutto («Compagna di viaggio» di Peter Del Monte, attualmente sui nostri schermi), due dall'America Latina (uno dei quali, il colombiano «Edipo Alcade», basato su una sceneggiatura di Marquezl e il giapponese «Kids Return» di Takeshi Kitano in rappresentanza dell'intero continente asiatico: non c'era proprio niente da scegliere nel vitalissimo cinema di Taiwan, Hong Kong e Cina Popolare che negli ultimi aimi ha fatto la parte del leone nei festival internazionali? In cambio c'è un ritorno dei Paesi dell'Est: la Quinzaine in particolare schiera una bella squadra formata da due ungheresi (i veterani Peter Gothar e Judith Elek), la georgiana Nana Djordjadze con un film coprodotto dalla Francia che ha per protagonista Pierre Richard e soprattutto il russo Sergej Bodrov il cui «Prigioniero del Caucaso» si preannuncia molto interessante. Attesa c'è anche per «Jude», che il regista britannico Michael Winterbottom (rivelatosi con «Butterfly Kiss») ha tratto dal romanzo di Thomas Hardy «Giuda l'oscuro»: un film, pare, rifiutato dal concorso. Alessandra Levantesi
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