Tensione in aula a Roma, il presidente respinge la richiesta di non ammettere le parti civili «Priebke ordinò: torturate gli ostaggi» di Francesco Grignetti

Tensione in aula a Roma, il presidente respinge la richiesta di non ammettere le parti civili Tensione in aula a Roma, il presidente respinge la richiesta di non ammettere le parti civili «Priebke ordinò: torturate gli ostaggi» Via alprocesso, nuove carte contro l'ex ufficiale nazista ROMA. Priebke: «Avvocato, si mette male?». Il difensore: «No, stai tranquillo. Era tutto previsto». E' solo un attimo rubato da un microfono importunamente rimasto acceso. Ma è l'unico sbandamento di Erich Priebke, ex ufficiale nazista, il capitano delle SS che preparò le liste dei martiri delle Fosse Ardeatine. Trascinato in giudizio davanti a una corte militare, impettito e leccato come al solito, Priebke non ha degnato di uno sguardo avvocati e famigliari che lo aspettavano al varco. Mentre canuninava sotto i flash dei fotografi, Priebke non ha trasalito nemmeno al sibilo di un netto «criminale!» che è partito dalla folla in attesa. Glaciale come sempre. Attentissimo poi a una ^terminabile litania di cavilli e controcavilli. La sua freddezza ha traballato solo quando i giudici il presidente Agostino Quistelli, il giudice a latere Bruno Rocchi, il capitano Sabatino De Marcis - hanno liquidato bruscamente le questioni procedurali. Velio Di Rezze, l'avvocato difensore, spiega: «Negli ultimi giorni, dopo l'atteggiamento spavaldo dei mesi scorsi, ha subito un cedimento psicologico. Ora prega molto e pensa che gli serve un miracolo per salvarsi». Sì, forse a Priebke servirà davvero un miracolo. Lui insiste nel presentarsi come rotellina di un ingranaggio molto più grande di lui. Ma si moltiplicano le scoperte di nuovi documenti che disegnano una carriera ben diversa. Il centro «Wiesenthal» ha divulgato un fascicolo che, s'è saputo solo ieri, aveva inviato già due anni fa al governo Berlusconi. Il dossier prova che Priebke era un ufficiale della polizia segreta tedesca, la «Geheimes Staatspolizei». Operava nella divisione diretta da Adolf Eichmann e da Reinhart Heydrich, gli «strateghi» delle deportazioni. E, secondo i documenti, Priebke ordinò torture sugli ostaggi delle Fosse Ardeatine ed era il numero tre della Gestapo italiana. Negli archivi tedeschi hanno trovato persino gli ordini di arresto a firma Priebke di due ebrei italiani, Manuel Sonnino e Isacco Tagliacozzo. Da altri documenti dei servizi segreti americani, declassificati di recente e scoperti dall'agenzia Agi, invece si ricostruisce l'intera carriera del giovane Priebke. Nato a Berlino nel 1913, aderisce alla Gestapo il 2 dicembre 1936. Va a lavorare appunto alla «Geheimes Staatpolizei» dove fa rapidamente carriera. Lavora nell'uffi¬ cio che compila Uste di oppositori politici, ebrei, minorati, zingari. Il 30 settembre 1937 fa un altro passo: aderisce alle SS e da lì poi entra nel corpo più fidato del nazismo, il servizio segreto «Sicherheitsdientst». Va all'ufficio IV, quello specializzato nella ricerca di oppositori. E in questa veste, ormai nominato capitano, viene inviato in Italia finché non sarà addirittura richiamato in patria, per incarichi speciali, da Himmler in persona. A Roma, intanto, parte faticosamente il processo. C'è una gran folla di giornalisti e di famigliari. Emozioni forti. E malori a catena. S'è sentita male la scrittrice Mary Pace, amica e sostenitrice di Priebke. Nei suoi confronti, l'ostilità dei parenti delle vittime è cresciuta, tanto che la donna è ricorsa ai carabinieri e s'è fatta visitare da un ufficiale medico. E' vero che è stata minacciata? «L'ho trovata in un salotto che rideva e dava interviste. Non ci ho visto più. Le ho detto: embé, oggi le rose non le hai portate a quel boia?», ammette la signora Alba De Simoni, figlia di Fidardo, che nel 1944 aveva 45 anni, faceva l'operaio, non si occupava di politica, viveva a Centocelle con la famiglia, e finì alle Fosse Ardeati¬ ne perché ospitava due militari americani per senso di umanità. E' letteralmente svenuta in aula la signora Rosetta Stame, figlia di Ugo, ufficiale dell'Aeronautica di sentimenti monarchici, che finì a via Tasso e morì alle Fosse Ardeatine. Colpa del caldo di un'aula visibilmente troppo piccola, della tensione accumulata in questi giorni, dell'emozione. Ma colpa anche delle parole dell'avvocato difensore di Priebke che chiedeva di escludere dal processo le associazioni e gli enti che si sono costituiti parti civili. «Non sono da considerare parti offese - argomentava - perché non hanno mai subito una lesione dei diritti soggettivi. Alcune di esse nemmeno esistevano al momento dei fatti». A queste parole, la signora Stame è crollata, facendo accorrere il medico. «Li stanno ammazzando una seconda volta - spiegherà poi - dicendo che la nostra associazione, l'Anfim, non c'entra. Per forza che ci siamo costituiti dopo la strage. Potevamo farlo prima?». Francesco Grignetti Sopra un'immagine della corte che giudica Erich Priebke

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