Il popolo infelice non fischietta più; gli scienziati non sono automi

// popolo infelice non fischietta più; gli scienziati non sono automi LETTERE AL GIORNALE // popolo infelice non fischietta più; gli scienziati non sono automi C'è solo certezza di giorni malinconici Anche il fischiettare, ahimè, è caduto ormai in disuso. Ricordo quando negli Anni 50 la radio trasmetteva i primi Festival di Sanremo, l'indomani la casalinga canticchiava già la canzone preferita ed il garzone del fornaio, mentre andava con la sua bicicletta a consegnare il pane, fischiettava il motivetto più allegro. Insomma per usanza fischiettavamo un po' tutti. Ricordo altresì, e non sono certo vecchio, che in quegli anni, specie i giorni di festa, a fischiettare ci provavano un po' tutti. Questo non vuole essere solo un rimpianto del passato, ma una considerazione su certi aspetti malinconici del presente Oggi (pur avendo tutto) di fatto siamo meno allegri di ima volta. Eppure obiettivamente stiamo assai meglio, non c'è paragone. Forse oggi si è più malinconici perché c'è sempre uno che ha l'automobile più bella della nostra, il televisore più moderno o che per le ferie riesce a fare viaggi più lunghi dei nostri. Se è cosi siamo davvero da compiangere. A questo punto mi domando: ma oggi, nonostante la certezza del domani, si vive veramente meglio che nel passato? Come mai allora una volta, sebbene fossero tempi difficili per la sopravvivenza, si viveva più allegramente? Il -confronto fatevelo voi. Giglio Gigeano, Castelvetrano (Trapani) Terra, acqua fuoco e quark Riferendomi all'articolo di Tullio Regge di venerdì 3, vorrei aggiungere alcune personali considerazioni. Da tempo molti tradizionali settori di riflessione filosofica sono divenuti oggetto d'indagine scientifica, col risultato... che finalmente si sono ottenuti dei risultati! Un esempio: dalle speculazioni inconcludenti sui 4 ipotizzati costituenti fondamentali (terra, acqua, aria, fuoco) siamo giunti ai quark (e forse oltre) scoprendo lungo il cammi¬ no la composizione dell'atomo e facendone uso proficuo. Quanto al «big bang», come dice l'astronomo Cari Sagan: «Non è una delle tante teorie sulla Creazione. Si tratta dell'unica teoria scientifica, giacché non ve ne sono mai state altre. Prima esistevano soltanto ipotesi metafisiche». La scienza non è una cosa statica e passibile di uno studio esterno distaccato, bensì un processo dinamico, vivace, dialettico, un flusso inarrestabile di idee e ispirazioni. Così, resto perplesso quando dei filosofi pensano di riuscire a cogliere l'intima essenza di tutto ciò meglio dei diretti interessati senza mai essersi immersi nella corrente. Della scienza si ha in genere un'immagine incompleta. Gli scienziati non sono automi pnvi di anima e sentimenti, dediti solo all'applicazione rigorosa della ragione. All'origine, v'è sempre una profonda esperienza emozionale analoga a quella del fanciullo che osserva colmo di meraviglia comparire improvvisamente nel cielo l'arcobaleno. L'avventura è solo agli inizi. Carlo Carollo, Bolzano I fantasmi non inciampano La caccia londinese ai fantasmi di due giovani donne d'epoca vittoriana, fatta compiere a un noto ghostbuster (acchiappafantasmi), Andrew Green (di cui ha parlato La Stampa), mi dà l'occasione di rammentare un episodio analogo che fece scalpore. Il massimo esperto d'allora in manifestazioni dell'aldilà Hardy Price, fondatore del Laboratorio nazionale di ricerche psichiche, aggregato all'Università di Londra, chiese di passare la notte, attrezzato di tutto punto, nella residenza di campagna dove «ci si sentiva», stante che l'antico proprietario, impazzito, vi avesse strangolato la nipotina, la cui entità era la causa di fenomeni paranormali. Ma, in entrambi i casi, i fantasmi non si fecero vedere, a scorno dei mancati acchiappano- ri. Il curioso è che il Price attribuiva il rumore da lui udito allo stesso fantasma della piccola, a suo dire, incespicato in un gradino dello scalone per una reazione nervosa, cosa del tutto inverosimile trattandosi di un essere disincarnato. Angelo Giumento, Palermo Troppi psichiatri incompetenti La strage in Tasmania fa riflettere. Sul giornale si scopre che il ragazzo autore di 32 omicidi era una persona sofferente di problemi mentali e che per questo motivo «è stato in terapia psichiatrica». Che tipo di terapia abbia fatto, visti i risultati ottenuti, è stato tenuto in riserbo. Probabilmente si è trattato di uno psichiatra incompetente, ma se ricordiamo il mostro di Milwakee o il ragazzo americano dimesso da un istituto psichiatrico e poi trasformatosi in omicida e cannibale dei propri genitori, il numero di psichiatri incompetenti sale a tre. A cosa è servita la cura fatta a quel giovane australiano? Quando qualcuno compie una di queste stragi inspiegabili, si guarda il passato tentando di scoprire cosa lo ha portato ad un gesto del genere. Quando invece si parla di «terapia psichiatrica» o «cura psichiatrica» sembra quasi che si voglia confermare piuttosto che motivare un'azione efferata. L'essere stata in cura psichiatrica sembra voler sottolineare che da quella persona ci si deve aspettare di tutto. Perché? A riguardo di Luigi Chiatti, il «mostro» di Foligno, sono state presentate in tribunale due perizie, fatte da eminenti psichiatri, completamente opposte. Nella prima si afferma che il ragazzo non è pazzo e nella seconda il contrario. L'anno scorso la fiorentina Alessandra Bresciani Torri si è trasformata in assassina a causa, stando a ciò che lei stessa ha affermato, delle cure psichiatriche e della somministrazione di psicofarmaci. Il numero di psichiatri incompetenti arriva ad essere troppo grande per rappresentare una coincidenza: che sia la psichiatria a non funzionare? Anna Sbaglia, Torino Comitato dei cittadini peri diritti dell'uomo Dante Di Nanni vicino al Che Vorrei esprimere la mia solidarietà di cittadino italiano al sindaco di Grugliasco Mariano Turigliatto che ha chiesto ai responsabili delle associazioni partigiane di rinunciare, nei cortei del 25 aprile, alle bandiere di partito. Sono d'accordo sul fatto che nelle celebrazioni resistenziali si sventoli solo il tricolore. Le attuali bandiere di partito cambiano quasi ogni anno per cui la loro attinenza alla realtà è spesso caduca. Solo il tricolore può quindi ridare veramente valenza alle celebrazioni resistenziali perché esso fu il vessillo della maggior parte dei partigiani in Italia e delle decine di migliaia di soldati italiani che si immolarono nelle lotte della Resistenza in Italia e all'estero: i 600.000 internati militari (con 50.000 caduti) che si opposero alle lusinghe della Rsi, i 18.000 caduti della Divisione Garibaldi in Jugoslavia, i 7000 caduti del Corpo italiano di Liberazione, le migliaia di marinai e avieri che dopo l'8 settembre combatterono a fianco degli alleati, i 13.000 caduti delle isole greche di Cefalonia, Corfù, e delle isole di Coo e di Lero, dove essi opposero ai tedeschi una eroica e leggendaria resistenza per oltre 2 mesi. Il massacro dei 10.000 soldati di Cefalonia fu un vero Olocausto ma essi non vengono quasi mai citati; sono meritevoli di segnalazione a questo riguardo i paesi di Argiassera e Chianocco in Valsusa. Il giro d'Italia sconfinerà quest'anno in Grecia e passerà da Cefalonia: sarebbe indegno se, nell'isola del loro Olocausto, gli sportivi italiani non rendessero loro omaggio. Quest'anno, inoltre, al corteo del 25 aprile a Milano sono apparsi vessilli sudamericani con l'effigie di Che Guevara: perché non si sventolano bandiere con le effigi di altri martiri della Pace e della Libertà, come ad esempio, Ghandi, Martin Luther King, Dag Hammarskjóld e così via? Noi abbiamo centinaia di eroi leggendari immolatisi nella Resistenza e che dovremmo ogni anno ricordare: da Dante Di Nanni a Salvo D'Acquisto, dal gen. Perotti a Don Morosini, dai 5 fratelli Cervi a Giambone, Catti, Vian, Corderò di Pamparato, Carlo Carli, ecc. Perché essi non vengono mai solennemente ricordati come fanno per i loro eroi i Paesi europei? Giorgio Amprimo, Torino Europa, i nuovi muri hanno varie fisionomie Per un errore di trascrizione, nel testo dell'editoriale di Barbara Spinelli «I nuovi muri d'Europa», pubblicato ieri, è saltato un «non» che stravolge il senso di una frase. Ecco il testo corretto: «La perdita del Centro è all'origine di queste varie frammentazioni, di questi muri riedificati, di questo bisogno di recinto che fa di nuovo apparizione e che tuttavia non ha dappertutto la stessa fisionomia». Ci scusiamo con l'autrice e con i lettori.