Corruzione in tribunale, altri avvisi
Corruzione in tribunale, altri avvisi BUFERA A PALAZZO DI GIUSTIZIA Roma: anche alcuni cancellieri nella lista trovata al costruttore Nicoletti Corruzione in tribunale, altri avvisi Nuovi nomi dall'archivio del «cassiere» della Magliana ROMA. Si allarga l'inchiesta perugina sulla corruzione al palazzo di giustizia di Roma. Da ieri Enrico Nicoletti, l'imprenditore considerato il «cassiere» della famigerata banda della Magliana, è indagato dalla Procura umbra per il reato di corruzione. Per alcune ore il presunto boss è stato nuovamente ascoltato dai sostituti procuratori Cardella, Renzo e Cannevale in un ufficio di polizia a Roma, e al termine dell'interrogatorio il suo avvocato Massimo Biffa ha spiegato che tutto «si è svolto in un clima di masima serenità. Il mio assisito ha dato spiegazioni più che convincenti a tutte le domande che gli sono state rivolte». Chissà se la pensano allo stesso modo i magistrati, che continuano a coprire con la massima riservatezza i contenuti di questa nuova indagine. Si tratta di un filone del ramo perugino dell'inchiesta Squillante, anche se per adesso non ci sarebbero accostamenti diretti tra Nicoletti e l'ex capo dei gip romani arrestato due mesi fa dai pm di Mani pulite. Nelle carte sequestrate in un casale sulla via Appia e che appartenevano all'imprenditore, invece, compaiono i nomi di altri giudici, inseriti in varie liste di regali e inviti a feste. E adesso toccherà ai loro colleghi di Perugia verificare le posizioni di ciascuno. I nomi già noti sono quelli dell'ex giudice civile e poi capo di gabinetto del ministero della Giustizia Filippo Verde, del presidente di corte d'appello Tommaso Figliuzzi, del presidente di tribunale Antonio Pelaggi, e altri ancora. Ma c'è dell'altro. Ci sono i nomi di alcuni cancellieri nelle liste di Nicoletti, personaggi che a volte sono più influenti degli stessi giudici per «aggiustare» o avere informazioni su processi in corso. Le «carte di Nicoletti» furono scoperte qualche mese fa alle porte di Roma: a dare l'allarme furono i dipendenti di una fabbrica vicina al casale dell'Appia, i quali vedendo un sospetto viavai di furgoni awer- tirono la Finanza, nella convinzione che lì veniva trasportata la refurtiva dei Tir rubati. Invece gli uomini delle Fiamme Gialle si trovarono di fronte all'archivio di un imprenditore venuto su dal nulla e più che noto alle cronache giudiziarie degli ultimi anni. Nicoletti ha sempre negato i rapporti con l'anima «testaccina» della banda della Magliana, con delinquenti che accumulavano fortune tra droga, scommesse clandestme, usura e gioco d'azzardo del calibro di Enrico De Pedis, detto «Renatino», ammazzato nel centro di Roma nel febbraio 1990. Tutta gente che bazzicava spesso nei tribunali e cercava in continuazione i «contatti giusti» per risolvere i propri problemi. Ma nonostante i proclami d'innocenza, Nicoletti è sotto processo per associazione mafiosa. Altre voci di testimoni e pentiti della criminalità organizzata dicono che Nicoletti contribuì anche, nel 1981, a raccogliere qualche centinaio di milioni per pagare il riscatto dell'assessore campano Ciro CiriIo rapito dalle Brigate rosse. Un biglietto da visita, insomma, che impone ai magistrati di verificare in ogni dettaglio l'ipotesi che ci fosse anche lui a muovere le fila della corruzione nel palazzo di giustizia della capitale. Un uomo che, arrestato, scriveva dal carcere ad uno dei suoi collaboratori per sollecitare l'intervento di alcuni politici in suo favore. [gio. bia.] Enrico Nicoletti, imprenditore romano sotto accusa
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