L'addio dei «super partes»

L'addio dei «super partes» LA NEUTRALITÀ' IN POLITICA L'addio dei «super partes» Da Moratti a Dini, ruolo da aggiornare SROMA ONO grato all'onorevole Berlusconi - scriveva Cossiga che ha pensato alla mia persona come un soggetto politico super partes...». Un momento, però: che cosa vuol dire, oggi, super partes? E anche a prescindere dalla rottura di ieri: chi più, in futuro, potrà considerarsi davvero super portesi Per un anno intero, ad esempio, Berlusconi ha risolutamente negato che Scalfaro fosse super partes, cercando così di colpire al cuore il potere del Quirinale. Più o meno con la stessa logica, ma rovesciata, D'Alema, nel gennaio del 1995, ha offerto i voti del pds al Dini super partes. Senza rendersi conto, però, che proprio quei voti facevano automaticamente decadere il premier da quella condizione di maestosa e ridondante imparzialità. E allora: non sarà il caso di rinverdire un po' il vocabolario per quel che riguarda vetuste espressioni che una volta applicate alla politica, con i suoi inevitabili giri di poltrone, rischiano di suonare povere ed antiquate, se non addirittura stantie e furbesche? La Moratti, per dire, voleva «una Rai super partes», e s'è visto com'è finita. Di Pietro ha cercato a lungo di restare super partes, ma poi ha dovuto scegliere. Dini pure. Mancuso idem. Per non dire della Pivetti, che oggi pare molto contenta di non dover essere più - con i guai che le capitavano di continuo - super partes. In una stagione che ha variamente, ma regolarmente visto andare in tilt tutte le autorità neutrali e le figure di garanzia, dal garante per l'editoria al Consiglio superiore della magistratura, super partes finisce appunto per suonare come una di quelle espressioni che invece di chiarire confondono. 0 nascondono. Ciò nonostante - o forse anche per questo - i politici seguitano ad abusarne, specie quando devono cavarsi dagli impicci dicendo qualcosa che non possono dire. Francesco Cossiga, che pure a suo tempo (1994) ebbe l'onestà di riconoscere di non essere stato «un tranquillo presidente super partes, ma un presidente di rottura», lo sa bene per esperienza diretta. Proprio con quell'insidiosa locuzione, infatti, Andreotti e tanti altri cercarono invano di farlo recedere dalle picconate: «Per molti amici del pds e della de - spiegava lui con un certo sarcasmo - super partes vuol dire uno della loro parte. Volevano super partes anche me, nel senso che avrebbero gradito che io non fossi parte in alcun modo»... Il che, soprattutto dopo il no di ieri, contribuisce senz'altro a confermare la temibile ambiguità del concetto: in generale, certo, ma nel caso di Cossiga anche in particolare. Davvero uno strano destino, il suo. Uscito dal Quirinale, in assoluta e forse anche felice solitudine, Cossiga ha continuato a sorprendere, a rompere schemi e logiche, inclinare palinsesti mentali senza che nessuno potesse classificarlo. Ha quindi regalato dolcetti ad Amato, pannolini a Salvi, cavallucci a dondolo a Cordova e ha mostrato un orsacchiotto, donatogli da Ponomariov, alla presentazione de L'oro di Mosca del pidiessino Cervetti. Ha votato - e lo ha detto - per Rutelli, per Fini, per i ecd, per il pds e ha sponsorizzato un amico di Forza Italia. Ha dato del dilettante a Berlusconi, difeso Mancuso e rivalutato Occhetto. Ha proposto un sistema elettorale a tre turni e sostenuto la lottizzazione Rai. Ha finanziato i radicali e fon¬ dato, per scherzo, un'associazione marxista dedicata a Enver Hoxa. Ha mediato non solo tra la Fininvest e la Banca di Roma, ma anche tra Sgarbi e una signora che sostiene di essere la madre del figlio del critico. Ha venduto libri alla libreria Leoniana, incontrato Gallinari e aiutato la Balzerani. Piii che super, in fondo, Cossiga è parso semmai ex, extra, ultra, post e trans partes. A suo modo dimostrando con i l'atti di preferire ancora la libertà alla presidenza del Senato. Filippo Ceccarelli ti presidente Scalfaro

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