Cade l'asse Silvio-Massimo e ora ci prova Romano di Augusto Minzolini

Cade Passe Silvio-Massimo e ora ci prova Romano L'ULTIMA MEDIAZIONE Cade Passe Silvio-Massimo e ora ci prova Romano ROMA EL primo pomeriggio di ieri come avviene sempre in questi casi nella barberia di Montecitorio, ad un'ora dal vertice che avrebbe segnato l'ennesima rottura tra Polo e Ulivo, l'epilogo della riunione è dato per scontato. Con il viso coperto dalla schiuma da barba Giuseppe Tatarella, cioè il braccio destro di Fini che di lì a poco avrebbe fatto il diavolo a quattro con la delegazione dell'Ulivo, già pensa al futuro. A qualche passo da lui, Clemente Mastella, alle prese con le forbici del barbiere, fa altrettanto. Ma sì, sembrano dirsi i due, perchè perdere tempo nel tentativo di far quadrare il cerchio, di trovare uno sbocco ad una trattativa in cui tutti hanno fatto richieste esose e nessuno ha dimostrato di voler rinunciare a qualcosa. «Io la vedo nera spiega Tatarella -...questi hanno già detto 'no' a Cossiga, lo hanno fatto in maniera scorretta prima della riunione. A questo punto chi se ne importa. Come fanno a dirci di 'no' quando noi non abbiamo posto nessun veto su Violante proprio per non creare problemi a D'Alema. Non siamo andati appresso neanche ai disegni di chi nell'Ulivo ci consigliava di chiedere la Camera, per assicurarsi il Senato. Eppoi perchè un no a Cossiga? Certo Berlusconi ha posto la candidatura dell'ex-capo dello stato per Palazzo Madama in un modo che non l'ha aiutato, ma questo fa parte dell'uomo...Senza contare che altri candidati non ce ne sono. Scognamiglio? Tutti sanno che non lo vuole Scalfaro. Io, però, a questo punto vorrei capire solo una cosa: perchè all'inizio della trattativa D'Alema ci aveva fatto capire che la candidatura di Cossiga era percorribile? La verità è che anche nel pds ci sono le scatole cinesi». Nello stesso momento ad un chilometro di stanza, al Bibo bar, alcuni spezzoni del vertice dell'Ulivo hanno lo stesso atteggiamento, un po' perditempo. La riunione tra i leader del centro-sinistra è saltata perchè dal Polo non sono arrivate nuove. D'Alema non si è fatto vedere e Walter Veltroni e Gerardo Bianco sono tutti concentrati su un gelato. Anche loro sono scettici sull'esito del nuovo incontro con il Polo. Sul «no» a Cossiga Veltroni concorda con D'Alema, ma il numero due dell'Ulivo è anche a disposto a discutere con il Polo il nome del presidente della Camera, insomma, a non dare per scontato il nome di Violante. Ma per arrivare ad un discorso del genere dovrebbe venir meno la rigidità del Polo sulla candidatura dell'ex-presidente della Repubblica per Palazzo Madama. Così là davanti c'è una sola novità: il portiere del palazzo del principe Colonna che ospita il quartiere generale di Romano Prodi, non nasconde più la sua insofferenza verso gli attuali inquilini. «Non vedo l'ora che se ne vanno - spiega ai passanti - e se Dio vuole dopo il 20 qui rimarrà solo un ufficio di Veltroni». Che la confusione in una trattativa favorisca la rottura è una legge della politica. E' sempre successo ed è avvenuto anche questa volta tra Ulivo e Polo. A questa nonna probabilmente d'ora in poi se ne aggiungerà un'altra secondo la quale il candidato ad un incarico istituzionale che abita nello stesso palazzo o di ima sede di Alleanza Nazionale, o di un suo esponente, è destinato alla 'trombatura': è capitato ad Antonio Maccanico, che abita nello stesso edificio che ospita la direzione di An, quando ha tentato di formare prima delle elezioni il suo primo governo; e la cosa si è ripetuta questa volta con Francesco Cossiga, da poco dirimpettaio di Pinuccio Tatarella, nella sua corsa a palazzo Madama. Così ieri la trattativa è finita. D'Alema nella riunione del coordinamento del suo partito ha detto chiaramente che «il pds non può accettare assolutamente Cossiga». Berlusconi davanti ai gruppi parlamentari di Forza Italia, invece, ha spiegato che «non c'è un altro nome dopo quello di Cossiga». Le posizioni, almeno teoricamente, sono inconciliabili, ma si sa, di questi tempi rotta una trattativa se ne apre un'altra: ci sono telefonate tra Letta e Veltroni, c'è un incontro fra Letta e Berlusconi, poi si vedrà. Ma come si può uscire da un tunnel senza uscita? Come si può mettere d'accordo le due anime del Polo, con i loro desideri, con le tre anime dell'Ulivo e i loro disegni? Berlusconi, ad esempio, ha più di una difficoltà a trovare un accordo su un altro nome che non sia quello di Cossiga, dato che dentro Forza Italia non sono pochi i parlamentari che, come Antonio Martino, non vogliono accettare il dualismo, o meglio l'aborrito consociativismo, tra maggioranza e opposizione nella presidenza delle due Camere. «Noi - ha spiegato ieri Marcello Pera nel vertice del Polo - dobbiamo smetterla con questa storia dei falchi e delle colombe, anche perchè nel nostro elettorato ci sono solo falchi». Senza contare che Cossiga, essendo una candidatila aldifuori del Polo, è l'unica possibile mediazione tra i desideri di Berlusconi e Fini. Il presidente di An, infatti, difficilmente potrebbe accettare che il nome di Scognamiglio sia preferito a quello di Fisichella. Lui, l'attuale presidente del Senato, in questi giorni ci ha provato a mettere in piedi una sua candidatura: ha spiegato a Berlusconi che D'Alema non ha problemi su ima sua eventuale riconferma a Palazzo Madama: e ieri, addirittura, ha posto la sua candidatura pubblicamente. Ma il cavaliere, al di là di qualche risposta evasiva data all'interessato per j cortesia, non è affatto convinto che la candidatura di Scognamiglio sia opportuna. Stessa posizione rigida c'è dall'altra parte. D'Alema non può permettersi ora di tornare indietro su Cossiga, ne può mettere da parte Violante. Gli altri dell'Ulivo ugualmente non possono rimangiarsi il «no» a Cossiga, ma possono essere meno determinati nel ritenere che non ci siano altri candidati del centro-sinistra per la Camera oltre all'attuale vicepresidente pidiessino. Forse gli unici che potrebbero ridare fiato alla trattiva sono proprio questi ulani: Bianco, Dini e forse gli stessi Prodi e Veltroni. Visto che il rapporto privilegiato tra Berlusconi e D'Alema non funziona, non basta a mettere d'accordo Polo e Ulivo, qualcuno potrebbe mserirsi. «Perchè - si chiede ad esempio Ottaviano Del Turco, uomo di Dini - non adottiamo il metodo che i presidenti di Camera e Senato debbono entrambi trovare il gradimento dei due Poli? 0, ancora, dove sta scritto che il Senato debba andare al Polo e la Camera all'Ulivo?». Le «chance» per la riapertura di una trattativa sono affidate a questi interrogativi, ma sono davvero poche. Augusto Minzolini

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