Il tentato omicidio di Montalenghe «Non c'era un motivo per vedermi morto»
Wwf sulla collina di Superga Il tentato omicidio di Montalenghe «Non c'era un motivo per vedermi morto» L'imputato ha scritto una lettera: «Sentivo delle strane voci dentro me» «Sono 13 mesi che aspetto di conoscere il perché di tanta ferocia. Vedremo cosa avrà da dire lui». Parla con un filo di voce Mirko Peaquin, il ventunenne di Montalenghe che il 16 aprile dell'anno scorso rischiò di morire sotto i colpi del coetaneo e compaesano Fabio Gaddò. Le corde vocali seriamente danneggiate, mal di testa frequenti e nervosismo sono le conseguenze che il suo fisico atletico si trascina dietro da allora. Ma questo è ancora poco, forse, in confronto alla rabbia soffocata verso l'ex amico. In mezz'ora di interrogatorio davanti ai giudici del Tribunale di Ivrea, ieri mattina alla prima udienza del processo, solo una volta (su esplicita domanda del pm Fornace) Mirko ha pronunciato il nome di Fabio, che ha sempre chiamato «lui». E mai il suo sguardo si è posato sull'ex compagno di giochi e di uscite con gli amici, seduto sul banco degli imputati a due metri di distanza, vicino al suo avvocato. «Gli avessi mai fatto un qualsiasi torto - si chiede Peaquin, - invece niente. E ancora oggi non so perché lui abbia tentato di uccidermi». Esclude la storia di gelosia per una ragazza, una delle Fabio Gaddò ie i in tribunale versioni che erano emerse dopo i fatti. Fabio Gaddò, finora, ha taciuto. Fuggito subito dopo il tentato omicidio e costituitosi soltanto 4 mesi fa, ieri ha ascoltato in silenzio le parole di Mirko. L'udienza è poi stata rinviata al 15 giugno, per sentire gli altri testi e le eventuali dichiarazioni dell'imputato, se accetterà di parlare. Due mesi fa aveva spedito una lettera ai Peaquin, una famiglia che nel '90 (quando la madre Teresa Calcio Gaudino, ieri in aula, venne condannata a 9 anni e mezzo per aver ucciso l'amante a rivoltellate) lo aveva ospitato e trattato come un figlio. «Ci ha chiesto perdono - dice Romano Peaquin, padre di Mirko e sindaco di Montalenghe -, che non era in sé in quei momenti, che sentiva delle voci». Ma a Mirko, questo, non è bastato: «Avrebbe dovuto scriverla prima, questa lettera, e costituirsi subito». Che il giovane fosse diventato strano e pieno di problemi lo ha confermato, ieri, anche la vittima. «Negli ultimi tempi - ha spiegato Mirko - il nostro gruppo di amici si era un po' staccato da lui. Leggeva libri su Hitler, era diventato difficile», (m. rev.] Fabio Gaddò ieri in tribunale
Persone citate: Fabio Gaddò, Gaudino, Hitler, Mirko Peaquin, Peaquin, Romano Peaquin
Luoghi citati: Ivrea, Montalenghe
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