«Il buco a 15 mila miliardi » di Stefano Lepri

+3,8 «Il buco a 15 mila miliardi » Visco rivede le previsioni di Dini Fondi Fs, nessun rimborso in vista ROMA. «Almeno quindicimila miliardi» dice ora Vincenzo Visco, economista del pds e possibile ministro; non bastano i diecimila su cui continua a insistere Lamberto Dini. La divergenza c'è, è ormai esplicita. Non è solo tra il governo in carica e l'Ulivo di cui pure Dini è alleato. Anche il ministro del Bilancio, Mario Arcelli, ammette che la cifra potrà aumentare, se come ormai molti prevedono la crescita dell'economia italiana nel '96 sarà inferiore (il 2% o meno) a quanto si sperava appena un mese fa (il 2,4%). Nel frattempo si diffonde la sensazione che i tagli alle spese non basteranno e che occorrerà agire anche sul lato delle entrate, ossia delle tasse. Soprattutto se saranno 15.000 miliardi, ma anche se dovessero essere solo diecimila, con tutta la buona volontà - fanno capire diversi esperti ministeriali - a metà anno è impossibile mettere insieme tagli per simili cifre. E' questo, da tempo, il problema che si ripete con tutte le «manovre correttive» di primavera. I tagli seri, «strutturali», alle spese in genere hanno un effetto diluito nel tempo. In passato, quando i governi duravano poco, la scusa è stata ottima per non farli mai. Con un governo che potrebbe durare, magari andrà diversamente; sul momento la difficoltà resta. Per ora il governo Dini si è messo al lavoro sui tagli. Il grosso dovrebbe venire dalla riduzione del «fondo globale» destinato alle spese impreviste. Poi si stanno cercando spese che possono essere rinviate all'anno successivo senza danno o cancellate senza proteste; come pure agevolazioni e incentivi che non sono più giustificati dall'attuale situazione economica. Allo stato delle cose le Ferrovie non sono disposte a restituire i fondi copiosamente ritirati nel mese di aprile, solo a «rimodularli» nel corso dell'anno; la manovra potrebbe però ridurli per legge. Qualora non si riesca a mettere insieme una cifra sufficiente di tagli, si passerà alle entrate. Questo richiederebbe una modifica della legge in vigore (un comma della finanziaria '96) che obbliga a intervenire solo sulle uscite. Sulle entrate pare non ci sia ancora nulla in positivo: solo voci senza fondamento, dai bolli alle una tantum. C'è, in negativo, un punto fermo: è impossibile toccare le imposte sui consumi (Iva, benzina, «accise») in un momento in cui la priorità è abbassare l'inflazione. C'è poi il sospetto che toccare le imposte sui redditi personali risulterebbe estremamente impopolare. In ogni caso, dice Visco, «non si può perdere tempo; non si può dare ai mercati finanziari l'impressione che ci sia una devia¬ zione di rotta sulla strada del risanamento». L'Ulivo, insomma, non vuole interrompere la «luna di miele» che ha fatto apprezzare la lira e salire le quotazioni della Borsa. La divergenza sulle cifre aveva già fatto capolino nella intervista di Prodi allo Herald Tribune di otto giorni fa; era stata smentita per non inasprire i rapporti con Dini, ma praticamente tutti i tecnici dell'Ulivo sono ormai convinti che diecimila miliardi non bastino. Le previsioni sono, ovviamente, incerte; 15.000 è solo considerato il minimo necessario per ottenere fiducia dai mercati. Quanto al palleggiamento di responsabilità su chi deve decidere la manovra, se il governo uscente di Dini e quello entrante di Romano Prodi, le opinioni sono in ordine sparso. Dini ha cominciato il lavoro ai provvedimenti urgenti e al «documento di programmazione '97-'99» ma pensa che li trasmetterà a Prodi a meno che, come dice Arcelli, «i tempi della formazione del nuovo governo non si allunghino troppo». Per il ministro delle Finanze Augusto Fantozzi «il governo Dini imposterà la manovra ma è evidente che il governo futuro dovrà condividerla; si agirà di comune accordo». Stefano Lepri

Luoghi citati: Roma