E' un grande successo al Maggio fiorentino L'Elektra di Abbado può dare l'ebrezza

E' un grande successo al Maggio fiorentino E' un grande successo al Maggio fiorentino L'Elektra di Abbado può dare l'ebrezza FIRENZE. Era già impressionante l'Elektra di Strauss diretta da Abbado a Vienna nel 1989, ma questa mi è parsa superiore: meno secca, più corposa di suono e ricca di prospettive, consapevole del romanticismo che le sta alle spalle, senza nulla perdere in lucidità e trasparenza. Allora Abbado puntava ad uno strutturalismo tagliente, ora ammorbidisce e fa cantare di più l'orchestra, che è quella dei Filarmonici di Berlino venuta a Firenze come ospite d'onore del Maggio. Come descrivere la tensione che, l'altra sera, ha percorso i novanta minuti del grande atto unico, composto da Strauss su libretto di Hofmannsthal nel 1909? Forse dicendo che non mi era mai capitato di ascoltare con tanta chiarezza il succedersi delle varie «zone» espressive che, in quest'opera, delimitano i diversi episodi. La prima parte è la presentazione di Elettra che vuol vendicare nel sangue l'assassinio del padre perpetrato dalla madre Clitennestra e dal suo amante Egisto: Abbado scompone la personalità della protagonista in un delirio di impulsi nevrotici (Freud) che giungono quasi al soffocamento per autosaturazione. Quando gli scatti a zigzag dell'orchestra sembrano definitivamente impazzire, arriva Crisotemide, la sorella assetata di vita, di affetti, e di maternità tanto quanto Elettra lo è di sangue e di morte: il canto allora si apre, l'orchestra fluisce lasciando sgorgare calmi torrenti di melodia che illuminano in modo inatteso ciò che prima era lampeggiante e oscuro. La terza «zona» è la comparsa di Clitennestra. Gli incubi notturni la tormentano, i ricordi dei sogni (ancora Freud) rifluiscono in lei, sinistri e glaciali; sotto la bacchetta di Abbado l'orchestra fruscia ora in un brusio che sembra incontenibile, mentre il declamato di Clitenne¬ stra è avvolto, quasi irretito, nelle spirali dei legni che ascendono dalla fossa orchestrale. Il suono diventa liquido, e cola, opaco, per parecchi minuti, ma da questa palude si esce con la maledizione, violentissima, della figlia contro la madre. Con l'arrivo di Oreste, deputato a compiere la vendetta, Abbado apre uno squarcio di solennità quasi religiosa: gli ottoni elevano maestose colonne di suoni e alla fine, quando la vendetta è compiuta, viene scatenato un ritmo orgiastico che pulsa sempre più veloce sinché Elettra crolla stroncata da quell'eccesso di gioia. Dunque l'ebbrezza per la vendetta compiuta non può che risolversi in una spirale senza fine di sangue e di morte; questo il messaggio, purtroppo sempre attuale, che Strauss realizza con un'arte potente ed elementare, diretta e inequivoca, le cui valenze antropologiche si compenetrano strettamente con quelle estetiche. In tal senso ha inteso l'«Elektra» il regista Lev Dodin che ha allestito questo spettacolo per il Festival di Salisburgo: una scena semplicissima, disegnata da David Borovski, che allude alle gradinate del teatro greco ed alle mura possenti di Micene; un'illuminazione mossa con due grandi effetti di luce in sala, giocati nei momenti cruciali della speranza; una recitazione che piega i cantanti-attori a gesti grandiosi ed essenziali. Gli interpreti hanno compreso questa lezione di sobrietà che evita di sovraccaricare una partitura già di per sé ricchissima di effetti e di prospettive: Deborah Polaski è un'Elettra generosa e appassionata, con qualche piccola difficoltà nel registro acuto; Karita Mattila una Crisotemide piena di slancio, dalla vocalità stupenda; Mariana Lipovsek una Clitennestra tanto misurata quanto intensa e tragica, priva di quelle volgarità che troppe volte caricano eccessivamente il personaggio. Accanto a loro Reiner Goldberg nella parte di Egisto e Ferruccio Furlanetto, possente e solenne in quella di Oreste, hanno fornito a questa esecuzione indimenticabile un arricchimento determinante. Per dare un'idea del successo decretato dal pubblico alla fine sono stati srotolati fuori dalla balconata due striscioni con le scritte «Club abbadiani itineranti» e «Claudio for ever» a dimostrare quanto era atteso in Italia il ritorno del direttore. Paolo Gallarati Claudio Abbado e la scenografìa dell'Elektra al Teatro Comunale di Firenze

Luoghi citati: Berlino, Firenze, Italia, Salisburgo, Vienna