Un Castello per l'eretico dei restauri

Erede scandaloso di Viollet-le Due Da Parigi a Rivoli, un pamphlet per combattere il degrado dei monumenti Un Castello per l'eretico dei restauri Andrea Bruno, l'impronta dell'architetto «blasfemo» E-TI MILANO / piuttosto singolare il caso dell'architetto torinese Andrea Bruno: da più di tren t'anni restaura monumenti e progetta musei (tra le prime opere di grande rilievo fu il Mausoleo di Abdur Razaq a Ghaznì, antica capitale non lontana da Kabul), ma è rimasto quasi estraneo al circuito celebrativo di riviste, libri, convegni, mostre, in cui gli architetti italiani scrivono e parlano per i critici e gli architetti, mentre i critici scrivono per gli architetti. Andrea Bruno ha studio a Torino e a Parigi dove sta lavorando al Conservatoire des Arts et Métiers (ha vinto il concor¬ so nel '91). Lo trovi a Nìmes e in Alsazia, a Tarragona e in Tunisia. Fa parte del Comitato scientifico per il nuovo Museo Faraonico del Cairo. E' direttore del «Centre d'études pour la conservation du patrimoine architecturel et urbani» all'Università Cattolica di Lovanio. Eppure solo oggi a Milano, con una monografia che verrà presentata alla Facoltà di Architettura) e domani a Torino (Palazzo Lascaris), vengono fatti conoscere i suoi progetti e le sue realizzazioni. Dal restauro del Minareto di Jam, isolato in una valle deserta al centro dell'Afghanistan, unico monumento sopravvissuto alle distruzioni di Gengis Khan, al Castello di Rivoli e al Palazzo Carignano, al Museo della Corsica nella cittadella di Corte, al Museo Archeologico di Cipro. Il titolo del libro che illustra le sue opere è significativo: Oltre il restauro, architetture tra conservazione e rìuso. Non si accontenta di seguire le prescrizioni della Carta del Restauro, legate al nome di Cesare Brandi, ma si avventura nella conversione a nuovi usi di castelli, palazzi storici, antichi complessi religiosi e civili, anche con inserimenti di materiali e tecnologie nuove. Ha fatto gridare allo scandalo la trasformazione del Castello di Rivoli in Museo. Non per la destinazione d'uso ma per le aggiunte. «E' difficile, se non impossibile dice - definire in modo univoco le modalità di intervento: quel che si doveva o poteva fare, quel che non doveva essere fatto». La sua filoso- fia può essere riassunta nel motto «Progettare sull'esistente, anche costruendo dove già si è costruito». Motto quasi blasfemo per chi rispetta le regole consolidate esci ridendo i «segni forti» dell'architetto. Qualche sua audacia provoca i brividi; è stata possibile al di là delle Alpi, dove i criteri del restauro sono molto più elastici che in Italia. A Tarragona è intervenuto sul Circo e sull'Anfiteatro, demolendo le sovrapposizioni deturpanti e restaurando i resti delle architetture romane, ma ha riprogettato l'insieme con aggiunte e coperture, con un taglio netto nelle mura come invito alla passeggiata archeologica verso il Museo. A Nimes ha inserito nell'antico Fort Vauban le nuove strutture dell'Università. «Ho inteso intervenire con la stessa decisione dei costruttori medioevali che si appropriavano dei manufatti romani obsoleti, però con ben altra attenzione per le memorie dell'architettura, salvaguardata nei suoi valori formali e materici». La diatriba sul restauro dei monumenti e degli edifici storici risale all'800, ai tempi di Viollet-le-Duc (Notre Dame), di Ruskin e di William Morris. Ora i progetti e le opere di Bruno rimettono sul tappeto, con forte carica provocatoria, il problema dei limiti della trasformabilità dell'antico. Bruno dice così: «No al feticismo. Si devono prevedere funzioni che giustifichino la spesa del restauro e garantiscano la vita dell'edificio». Oltre il restauro dovrebbe aprire una di- scussione seria, al di sopra delle fazioni, sul metodo delle consultazioni preventive nel caso di monumenti della comunità. Di solito i cittadini sono pochissimo informati. Pensiamo alla Fenice: i veneziani vogliono ricostruirla com'era. Bruno mi dice: «Io sono di parere opposto». Siamo buoni amici ma mi domando cosa sarebbe accaduto alla Fenice se gli avessero dato l'incarico. Simili scelte non possono essere decise nella solitudine del progettista, pur bravissimo, ma neppure nelle stanze chiuse di una commissione o di un ministero. Mario Fazio Erede scandaloso di Viollet-le Due Nuove tecniche contro il feticismo Andrea Bruno