Gli danno io sfratto, s'impicca di Paolo Lingua
Gli danno io sfratto, s'impicca Genova: la vittima è un operaio disoccupato di 42 anni che viveva da solo Gli danno io sfratto, s'impicca // cadavere scoperto dieci giorni dopo la morte GENOVA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Disoccupato, solo, privo di ogni speranza per l'avvenire, usurato dall'inedia quotidiana, non ha retto alla comunicazione dello sfratto: così Paolo Zampiga, 42 anni, operaio genovese, s'è tolto la vita, impiccandosi con una corda di fibra sintetica al tubo dell'acqua del soffitto. Il corpo è stato scoperto, dieci giorni dopo la morte, da un fratello, l'unico familiare che, con una certa cadenza, lo andava a trovare. S'è compiuto così un dramma che non è un caso isolato. La perdita della casa, del tetto sopra la testa ha il sapore amaro della sconfitta definitiva della vita, l'ultima battaglia perduta che si aggiunge a tanti episodi dolorosi o umilianti. A Genova, più che in altre città del Nord delle stesse dimensioni e delle medesime caratteristiche socio-economiche, la disoccupazione è ima piaga dilagante: i senza lavoro o i giovani che non hanno mai ottenuto il primo impiego sono più di 70 mila, un decimo della popolazione residente. Ma i sottoccupati sono quasi centomila. La riconversione dei grandi centri industriali delle partecipazioni statali e la razionalizzazione di settori di vasto respiro come il porto hanno provocato larghissimi vuoti nell'occupazione. Inoltre, con la crisi dell'edilizia, s'è fermato il mercato della casa, con un rialzo vistoso delle locazioni. In questo contesto s'è consumata la silenziosa tragedia di Paolo Zampiga. Scapolo, scontroso, taciturno, molto riservato, come lo descrivono i comquilini di corso Montegrappa 5, da un paio d'anni era senza lavoro. Combatteva la sua battaglia con fierezza e dicrezione. Il fratello Gian Maria, che abita nello stesso palazzo, con la moglie e i figli, ha raccontato che Paolo evitava di chiedere aiuti materiali, non chiedeva denaro. Si accontentava di piccoli lavori saltuari, rispondeva puntigliosamente a tutte le of¬ ferte di lavoro, fissava appuntamenti per i colloqui, anche fuori della città e della regione. Per questo, si assentava frequentemente. Non si rassegnava, voleva combattere. Da qualche tempo, però, non era più lo stesso. I vicini e i familiari sono concordi nell'affermare che Paolo Zampiga era ormai vicino al tracollo psicologico. Era sfiduciato, un guscio vuoto, senza stimoli e senza speranze. Poi è arrivato il fulmine a ciel sereno dello sfratto. E' stata la mazzata definitiva. Dieci giorni fa, Paolo Zampiga è salito su una sedia, nel corridoio della sua abitazione, ha collegato un canapo di nylon alla conduttura dell'acqua, ha annodato un cappio, se l'è messo attorno al collo e s'è lasciato andare. Sinché ieri l'altro, Gian Maria Zampiga, che pure aveva creduto che il fratello fosse fuori città per qualche colloquio di lavoro, s'è insospettivo e ha scoperto la terribile verità. Paolo Lingua
Persone citate: Gian Maria, Gian Maria Zampiga, Paolo Zampiga
Luoghi citati: Genova
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