Oggi il nuovo premier avrà la fiducia, ma il leader socialista lo incalza: «Dove troverai i soldi per i catalani?» Gonzàlez e Aznar alle Cortes comincia un duello da toreri

Oggi il nuovo premier avrà la fiducia, ma il leader socialista lo incalza: «Dove troverai i soldi per i catalani?» Oggi il nuovo premier avrà la fiducia, ma il leader socialista lo incalza: «Dove troverai i soldi per i catalani?» Gonzàlez e Aznar, alle Cortes comincia un duello da toreri MADRID NOSTRO SERVIZIO Da oggi, per la prima volta nei 19 anni di democrazia post-franchista, il centro-destra di José Maria Aznar guida la Spagna e il socialista Felipe Gonzàlez, premier per 13 anni e mezzo, torna all'opposizione. Un'alternanza storica, sancita dalla fiducia che il governo conseguirà stamani alla Camera (il Senato ha poteri limitati), dove può contare su 181 voti a favore contro 166 contrari e un'astensione. E un trionfo per il neopremier: quando divenne leader dei popolari, nell'89, nessuno scommetteva una peseta su di lui, anzi, lo sbeffeggiavano chiamandolo «Baffettino». Eppure c'era un'atmosfera strana ieri mattina alle «Cortes», quando, con cinque minuti di ritardo (in Spagna, ha scritto Umbral, sono puntuali solo le corride) è cominciato il dibattito sulla fiducia. Le telecamere erano puntate tutte su Gonzàlez che per l'ultima volta sedeva nei banchi blu del governo. Mentre il neopremier appariva nervoso: doveva dimostrare al Paese che andava al governo senza aver tradito il suo programma elettorale. E Aznar, centralista per eccellenza, anti-autonomista dichiarato, difensore a spada tratta della supremazia della lingua spagnola sulle altre regionali, si è rimangiato quasi tutto. Va sì alla Moncloa, ma solo con il carissimo appoggio esterno degli autonomisti-centristi catalani (CiU) di Pujol. «Non cederemo se ci chiederanno tremila miliardi per appoggiarci», dichiarava due giorni prima delle elezioni. E invece è andato a Canossa e ha ceduto quella cifra e tutto ciò che era nei programmi dei catalani. Aznar, in ottanta minuti, ha illustrato «la nuova tappa politica che si apre in Spagna». Un catalogo di buone intenzioni, dalla convergenza con Maastricht «obiettivo irrinunciabile, anche se al momento non adempiamo nessuno dei requisiti richiesti», alla lotta contro la disoccupazione, dalla riduzione del deficit pubblico alla riforma fiscale senza aumentare le tasse, dalla difesa dello «Stato sociale di diritto» alla lotta al terrorismo. Ma il neopremier, dopo aver annunciato che per il Duemila abolirà il servizio militare obbligatorio, s'è ben guardato dallo spiegare bene 0 nocciolo della questione e che gli è valso il governo: la cessione di un altro 15% dell'Irpef ai catalani (e anche alle altre regioni). Gonzàlez, nel pomeriggio, con il piglio autorevole da professore, lo ha messo alle corde. «Noi ci rallegriamo che abbia raggiunto accordi che garantiscano la governabilità e la stabilità politica, un valore da difendere. Ma ci vuole quantificare quanto costerà un altro 15 per cento alle regioni (il primo 15 per cento lo aveva concesso lui al CiU nel '93 e Aznar si era opposto, ndr)? Se vuole ridurre il deficit e dare più soldi alle regioni senza aumentare le tasse, dove troverà i finanziamenti?». Aznar, serio, sembrava uno scolaretto mentre prendeva appunti. Poi, dopo aver ringraziato l'offerta di «opposizione seria e responsabile» offertagli da Gonzàlez, ha risposto molto vagamente: «La riforma del sistema fiscale è aperta anche al suo contributo. Ne dibatteremo nella sede opportuna. Io, comunque, godo anche dell'appoggio di 14 regioni su 17». Ma, ad un Gonzàlez, un po' infuriato, che gli chiedeva di quantificare, di essere preciso, ha risposto ancora una volta picche. C'è un unico modo per far quadrare i conti pubblici e al contempo entrare nel nucleo duro della moneta unica: tagliare le spese sociali. I sindacati hanno già ammonito che si opporranno. Aznar, per il momento, non replica. Oggi è il giorno della gloria. Gian Antonio Orìghi

Luoghi citati: Canossa, Madrid, Spagna