LA STAMPA.

LA STAMPA. ITjAlLIA Dal comunismo al boom, dal terrorismo alla mafia a Mani pulite: come gli altri guardano le nostre avventure // belpaese sconosciuto HO sotto gli occhi tre libri stranieri sull'Italia, apparsi recentemente. Il primo, appena tradotto presso Laterza, s'intitola Quo vadis Italia? ed è opera di uno studioso tedesco, Jens Peterson, che lavora da molti anni presso l'Istituto storico germanico a Roma. Il secondo, Italy and the Wider World 1860-1960 (L'Italia nel più ampio mondo 18601960), è apparso a Londra presso Routledge ed è scritto da uno storico australiano, Richard Bosworth. Il terzo, L'Italie au XXème siede 1919-1995, appare nella collana degli studi della Documentation Frangaise ed è opera di un politologo francese, Jacques Georgel. Il primo è un saggio sulla crisi italiana degli ultimi anni, il secondo è una storia delle relazioni fra l'Italia e il mondo dall'Unità alla crisi del centrismo degasperiano, il terzo è un ritratto politico dello Stato italiano dalla fine della prima guerra mondiale a oggi. Anche se le mie personali preferenze vanno a quello di Petersen i tre libri sono egualmente intelligenti, acuti e informati. Mi colpisce tuttavia una constatazione. Benché diversi per nazionalità e formazione culturale gli autori hanno uno stesso problema: debbono spiegare l'Italia ai loro connazionali. Non possono limitarsi a esporre il tema delle loro ricerche, debbono svelare ai lettori il mistero di un Paese che tutti conoscono e pochi capiscono. Chiunque scorra que sti libri si accorge sin dalle prime pagine che la maggior fatica di Petersen, Bosworth e Georgel consiste per l'appunto nella ne cessità di tradurre la storia e il si stema politico italiani in parole e concetti comprensibili al lettore straniero. Come spiegare, ad esempio, che i governi durano meno di undici mesi, ma sono composti generalmente dalle stesse persone? Che la massone ria e il comunismo sono stati scomunicati dalla Chiesa, ma nulla, apparentemente, impedisce ai cattolici di iscriversi alle logge e di militare nelle cellule? Che la più dinamica e anarchica economia privata dell'Europa occiden tale ha un settore pubblico più esteso di quello della Russia di Eltsin? Che gli italiani detengono un doppio record europeo, come pagatori e evasori d'imposte? Che alcune Regioni italiane èva dono l'80 per cento di una tassa l'Iva, che altre Regioni pagano quasi integralmente? Che la stagione del terrorismo è stata più lunga e sanguinosa in Italia che in un qualsiasi altro Paese europeo? Che un partito rappresentato da una decina di deputati può ricattare i partiti di massa e con dizionare la formazione del go verno? Che gli italiani sono stati governati per quarant'anni, sen za accorgersene, da un uomo po litico in odore di mafia? Che la convocazione del Parlamento do po le elezioni richiede in Italia tre volte il tempo necessario in altre democrazie occidentali? Come spiegare infine che l'Italia detiene il dubbio record di essere il Paese in cui ambedue i cugini nemici del ventesimo secolo, fa seismo e comunismo, hanno avuto un ruolo dominante? Guardatevi attorno e scoprirete che nessun altro Paese presenta la singolare caratteristica di essere stato altrettanto fascista e altrettanto comunista. Perché? Il compito di spiegare l'Italia al mondo è affidato a un piccolo gruppo di corrispondenti, inviati speciali e studiosi che hanno scelto di specializzarsi in cose italiane. Molti di essi vivono in Italia da alcuni anni, parlano bene l'italiano, hanno legami familiari che li trattengono nella Penisola, si muovono con naturalezza nei salotti e negli uffici dei palazzi romani, riflettono le opinioni di ambienti italiani con cui hanno particolare dimestichezza. Poiché sembrano detenere la chiave dell'immagine dell'Italia all'estero godono di grande prestigio e tengono nella società romana il posto del «milord» all'epoca del Grand Tour. Il fenomeno è antico. Steedman, corrispondente del Times a Roma negli Anni Ottanta del secolo scorso, era un personaggio autorevole, corteggiato interlocutore di ministri e presidenti del Consiglio. Wickman Steed, corrispondente dello stesso giornale prima della Grande Guerra, fu una sorta di eminenza grigia della diplomazia italiana, soprattutto per i rapporti con l'Austria-Ungheria. I coniugi Sprigge, inviati speciali del Guardian dopo la seconda guerra mondiale, furono sino alla fine degli Anni Cinquanta i numi tutelari della sinistra democratica. Matthews del New York Times fu per qualche tempo il punto di riferimento internazionale del Partito d'Azione. Wollemborg, corrispondente del Washington Post negli stessi anni, ebbe nei salotti politici romani una cattedra simile a quella che Berenson aveva ai Tatti per la storia dell'arte. Qualche anno dopo Pyrogin della Pravda tenne corte nei salotti della sinistra e la stessa considerazione ebbero in quegli anni i corrispondenti di Le Monde, da L'Hospital a No bécourt o i giornalisti del Nouvel Observateur da Gii- l'opinione politica italiana tiene i giornalisti stranieri. Qualcosa del genere accade da sempre sul versante degli studiosi. Esistono storici, sociologi e politologi, talora più noti in Italia che nel loro Paese, i quali hanno nella vita pubblica italiana il ruolo del confessore, del consigliere o dell'oracolo. Nel secolo scorso Gregorovius era una stella fissa del panorama culturale romano e Mommsen discuteva con Quintino Sella il ruolo di Roma nello Stato italiano dopo il trasferimento della capitale nella Città Eterna. In questi anni il ruolo del confessore consigliere sembra appartenere prevalentemente agli studiosi di lingua inglese: Ginsborg, Dahrendorf, Luttwak, Mack Smith o Putnam, autore di un libro sulle radici storiche del regionalismo italiano. Interpella¬ ti su tutto ciò che gli italiani vorrebbero sapere - Fini è ancora fascista? Berlusconi è un dittatore in pectore? E' meglio Dini o Prodi? Quale sarà il futuro politico di Di Pietro? -, questi studiosi fanno con ragionevole buon senso osservazioni interessanti o banali. Meno ragionevole (ma di questo loro non hanno colpa) è la funzione «arbitrale» che le interviste con giornalisti o studiosi les Martinet a Marcelle Padovani. Tana de Zulueta, corrispondente dell'Economist, da poco eletta al Senato della Repubblica, è soltanto l'ultimo esempio della considerazione in cui stranieri hanno assunto nella vita politica italiana. Un ruolo non meno importante, in questa affannosa ricerca del consulto straniero, è quello dei funzionari che si occupano del portafoglio Italia nelle banche e nelle società finanziarie di Wall Street e della City. L'«uomo di Moody» e quelli di Standard and Poor, di Morgan, di Warburg e di Goldman Sachs sono invitati di riguardo, seduti in permanenza al tavolo della politica italiana. Da quando la quotazione della lira è diventata una dei protagonisti della campagna elettorale essi sono : «mercati», vale a dire un oracolo che ogni corrente della vita politica cerca di tirare dalla propria parte. L'importanza che questi giornalisti, studiosi e funzionari hanno nelle vicende della Penisola non impedisce all'Italia politica di essere la più nota incognita della vita internazionale. Nella percezione europea essa è al tempo stesso fortemente presente e singolarmente assente. Le sue consuetudini, le sue liturgie, la sua paradossale combinazione di indolenza e dinamismo ne fanno un oggetto misterioso. Milioni di stranieri si aggirano ogni anno per le strade della Penisola senza capire, e tentar di capire, quello che accade nella vita politica del Paese in cui hanno scelto di passare le vacanze. La loro indifferenza per le cose italiane si ripercuote sulla linea dei giornali e delle case editrici. I corrispondenti da Roma e gli italianisti debbono battersi, per conquistare spazio, con la modesta «quota» che i giornali e gli editori riservano generalmente all'Italia nelle loro pubblicazioni e nei loro piani editoriali. L'ironia vuole che la più autorevole delle comunità straniere in Italia abbia generalmente un ruolo limitato nel Paese di cui, agli occhi degli italiani, essa detiene le chiavi. Anche lo scarso interesse dell'opinione straniera per le cose italiane è un vecchio fenomeno. Ma subisce, nel corso della storia, improvvise eccezioni. Mille uomini sbarcano sulle coste della Sicilia e Alexandre Dumas padre affitta una barca per assistere alle loro imprese. I bersaglieri fanno una breccia nelle mura della città papale e l'intelligencija europea si precipita a Roma per ammirare la fine del potere temporale. Il generale Garibaldi visita Londra e gli inglesi da allora mangiano biscotti che portano il suo nome o comprano piccoli Garibaldi in ceramica di Staffordshire. Gli alpini marciano verso l'Isonzo e un giovane scrittore americano, Hemingway, si arruola come autista per guidare ambulanze sul fronte italiano. Un poeta crea una Signoria, mezzo rinascimentale, mezzo sovietica, e la stampa internazionale corre a Fiume per cercar di capire. Alcune migliaia di uomini in camicia nera marciano sull'Urbe e le redazioni dei giornali si mettono a ronzare come altrettanti alveari. Il grafico dell'interesse internazionale per l'Italia è un encefalogramma in cai la linea piatta è improvvisamente interrotta, di tanto in tanto, da un brusco scatto del pennino. Le punte, dalla fine della seconda guerra mondiale, si chiamano comunismo, Chiesa, miracolo economico, terrorismo, compromesso storico, mafia, corruzione, Mani pulite. Il pennino scatta in su quando l'opinione pubblica crede di avere hi mano, finalmente, la chiava dell' Italia. Ma quando si accorge che non ha capito nulla e che gli stessi fenomeni producono in Italia conseguenze completamente diverse da quelle di casa loro, il pennino si calma e la linea Italia ridiventa piatta. Così è accaduto per buona parte del 1995. Ora, dopo le ultime elezioni, la linea si è increspata e il pennino ha ricominciato a sussultare. Ma la curva dell'attenzione dipende in ultima analisi da noi. Per essere seguiti e capiti dall'opinione internazionale occorre adottare gli stessi standard di moralità, di civismo e di coerenza che prevalgono presso i nostri partner europei. Occorre che le parole e i concetti abbiano lo stesso significato. Fmo ad allora, chiedere ai corrispondenti e agli studiosi stranieri che cosa pensano di noi non è molto utile. Sergio Romano Gli esperti vivono qui, parlano la lingua, si muovono con naturalezza nei salotti e nei palazzi, sono corteggiati come oracoli anche dai politici nostrani Studiosi, politologi, giornalisti stranieri hanno lo stesso problema: svelare ai loro connazionali il mistero di una Nazione che tutti conoscono e pochi capiscono Per essere capiti, ci vogliono lo stesso civismo, moralità e coerenza dei nostri partner e coerenza dei nostri partner r fri f t Theodor Mommsen e a destra Edward Luttwak