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E «Le indagini su Pacciani? Il nulla» Firenze, critiche alla procura nelle motivazioni della sentenza di assoluzione depositata ieri L'assise d'appello: ecco perché non è il mostro UN ORRORE SENZA COLPEVOLI E FIRENZE RAVAMO così incazzati che... », mormorò uno dei giudici della corte d'assise d'appello all'indomani della sentenza che mandava libero il Pacciani Pietro, mostro mancato di Firenze. Poche e, come si dice, sentite parole per sottolineare le ragioni, a molti parse umorali, del verdetto di assoluzione e del perché non furono ascoltati i nuovi testi, «Alfa», «Beta», «Gamma» e «Delta». In buona sintesi, nelle 251 pagine di motivazioni scritte dal giudice a latere Francesco Carvisiglia e depositate ieri mattina, si illustra e chiosa e spiega e giustifica perché Pacciani non sia il «mostro di Firenze» e perché le indagini che avevano portato al processo e alla condanna di primo grado, agli occhi dei giudici siano apparse sbagliate. Ciarpame. Per anni polizia, carabinieri e procura della Repubblica non avrebbero raccolto altro. Si indicano «gli elementi che hanno valore indiziario pari allo zero, o molto vicino allo zero, se messi insieme non assurgono a un valore indiziario pieno, ma mantengono l'intrinseca inconsistenza originaria e confluiscono verso un nulla probatorio». «Eravamo così incazzati che... ». Certo, questo non si ripete. E allora, con raffinato linguaggio giuridico, il dottor Carvisiglia spiega il rifiuto della corte ad attendere cinque giorni per conoscere i nomi in chiaro dei nuovi testi, come avevano chiesto procura e pubblico ministero. I giudici, sostiene, si sarebbero trovati «soltanto in presenza di un'inammissibile richiesta di interrompere il corso della giurisdizione». E' guerra aperta e questo, più dell'innocenza o della colpevolezza di Pacciani sembra interessare il giudice a latere. La procura viene accusata di volersi nascondere dietro a un segreto inutile, peggio: «I nomi dei testi sono filtrati attraverso le maglie molto larghe di un segreto molto poco ermetico». Insomma, se «Alfa» fr C. non furono ascoltati dalla corte, si sostiene nelle motivazioni, la colpa è di Piero Luigi Vigna procuratore di Firenze, &• C, vale a dire i suoi sostituti. Tuona Carvisiglia con linguaggio avviluppato: «Se quell'ufficio ha lasciato che continuasse a operare formalmente il segreto sui nominativi dei testi, così da rendere impossibile l'accoglimento della richiesta del pg da parte della corte, evidentemente esso ha operato in un suo ambito discrezionale che si sottrae a valutazioni negative o positive in questa sede, e non compete a questa corte lo stabilire se si sia voluto evitare l'esame dei testi nella pienezza di un contraddittorio in dibattimento». Dottor Vigna, davvero avete giocato d'azzardo per evitare che i testi deponessero? «Non ho ancora letto tutto, ma nei giochi d'azzardo, ammesso che si possa parlar di gioco, l'altro giocatore va a vedere». Allora non avete voluto guadagnar tempo? «No, quest'idea non ri ha sfiorato neppure. Tant'è vero che il procuratore generale disse che si trattava di pochi giorni: l'interrogatorio del gip deve avvenire entro cinque giorni. Per noi era l'ipotesi migliore, perché o reggevano all'esame incrociato o si rivedeva la pista investigativa. Poi abbiamo trovato riscontri». Ma questa sentenza, non rischia di apparire superata? «Beh!, la corte ha giudicato sul materiale del quale disponeva, non ha dato ingresso al nuovo materiale, e qruindi, non voglio dare giudizi, lo farà chi proporrà l'appello, se lo proporrà. Ovviamente nessuna critica, tutte le decisioni vengono accolte. Il punto è che il pm non voleva condizionare nessuno, ma solo offrire alla valuta- zione della corte nuovi elementi». E le indagini? «Procedono molto bene». Ma ai giudici d'appello interessavano le carte: assoluzione, pronunciata «dolorosamente se si ha riguardo alle aspettative di giustizia dei congiunti delle vittime», ma «doverosamente se si ha riguardo ai diritti dell'imputato». Per il pm Piero Tony, che dovrà decidere sul ricorso in Cassazione, le motivazioni sono «molto belle sotto il profilo della sintassi». Vincenzo Tessandorì «Un errore il segreto sui nomi dei testi» Pietro Pacciani, assolto dall'accusa di essere il mostro di Firenze

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