Il professore-ombra di Romano di Filippo Ceccarelli

Il professore-ombra di Romano Il professore-ombra di Romano Così Parisi inventa leader e slogan IL GRAN CONSIGLIERE ROMA IUSCIRA' il professor Arturo Parisi, inventore sconosciuto dell'Ulivo e vera testa politica del futuro presidente del Consiglio, a sottrarsi agli inevitabili lampi della popolarità? Ce la farà a restare, pure stavolta, nella grata penombra che accoglie i consiglieri più timidi e meno ambiziosi, quelli, per intendersi, cui dà fastidio anche soltanto essere pensati come «eminenze grigie»? E già: «Telecom Italia Mobile, informazione gratuita: l'utente potrebbe avere il terminale spento». Potrebbe, non c'è dubbio. Ma qui è già una sorpresa che, sia pure ipoteticamente, sia raggiungibile via terminale, Parisi. L'altro giorno - pranzo bolognese con Di Pietro recante lattina d'olio - è dovuto uscire dopo il caffè e s'è trovato di fronte, affamata di notizie, la falange macedone dei giornalisti. «E' stato uno dei momenti più terribili della mia vita» pare abbia con- fessato a cose fatte, dopo cioè essersela cavata con un sommesso accenno ai «nuovi assetti del quadro politico». L'uomo che Prodi, verosimilmente, potrebbe scegliersi come sottosegretario alla presidenza è fatto così. Detesta l'apparenza, coltiva la rinuncia. Non si è voluto far eleggere (a Rimini), non va in tv, non scrive sui giornali, non frequenta i palchi, non partecipa ai dibattiti, non gli si conoscono frasi famose e anche solo fargli presentare unpaper - è direttore dell'Istituto Cattaneo, che ne sforna a decine - risulta un'impresa d'inaudita difficoltà. Tutte queste anomale negazioni, naturalmente, confermano che si tratta di un grosso personaggio. Anche se fisicamente è Piccolino: nera la barba, neri i capelli, due tizzoni nerissimi gli occhi. Con qualche licenza d'immaginazione, e magari indossando uno di quei copricapi dei suoi avi isolani, lo si potrebbe raffigurare come una creatura del bosco. Benigna, comunque. Appena apre bocca - e mai comunque per dargli fiato, ossia per parlare a vanvera - si scopre che è sardo. Più precisamente, in realtà, Parisi, sui 55 anni, è sassarese e quindi, oltre che riservato, anche moderatamente (più di Segni, meno di Cossiga) ammazzababbu, ossia capace di improvvise vampate ironiche ed auto-ironiche. Le radici biografiche e culturali sono quelle di Mariotto e di altri illustri ex pizzinnos (ragazzi) cattolici di quella città: liceo Azuni, incontro con il mitico don Masia, circolo «Sacro Cuore», preghiere e ping pong, don Carboni e monsignor Selis, Gioventù di Azione Cattolica - anche come dirigente centrale - nell'era conciliar-montiniana. Poi il trasloco a Bologna, nei primissimi Anni Settanta, l'università e finalmente l'arrivo al Mulino, della cui rivista e stato anche direttore. Da quel laboratorio, come sociologo della politica, Parisi ha sempre prodotto moltissimo, senza mai comparire se non in copertina. La sua specialità, se si può dire, sono le elezioni, tanto da aver seguito, per incarico delle Nazioni Unite, le prime nell'ex Urss. Per quel che riguarda l'Italia s'è distinto per il tentativo appassionato, meticoloso e decisamente iniziatico di individuare cicli di partecipazione e smobilitazione in una società ormai secolarizzata. E' suo comunque, in comproprietà con il professor Pasquino, il conio di definizioni come «voto di appartenenza», «voto di scambio» e «voto d'opimone» ormai entrate nel gergo. E' probabile che proprio questo sapere tecnico-elettorale, all'inizio degli Anni Ottanta, abbia portato Parisi, credente autenti- co e fautore di un'intesa non messianica con la sinistre, nell'orbita della segreteria De Mita, a cui peraltro profetizzò, inascoltato, la batosta del 1983. Ma è senz'altro con il Segni referendario che il professore sassarese entra nell'eletta schiera dei consiglieri che le azzeccano tutte, non si fanno mai vedere e intanto tengono rapporti. Con Romano Prodi, ad esempio. Così, quando già attorno al «Patto» s'era fatta terra bruciata, è di nuovo lui, dopo la lettura di un articolo di Galli della Loggia sui cespugli, a suggerire al futuro leader del centrosinistra che non solo ci vorrebbe un altro albero, ma che «l'ulivo è forte quanto la quercia e forse anche di più». E da quel momento, in anticipo e senza saperlo, Parisi cominciava a mettere in forse il suo prezioso amore per la penombra. E, chissà, anche per la rinuncia. Filippo Ceccarelli di sbarraa ha drastio le possibirdo, eppure di Bergamo, ieri aveva upazione in educe da un 'occhi con il tro, il presiommissione «Lui are un A lato Arturo Parisi. Sopra, l'ex leader de Ciriaco De Mita

Luoghi citati: Bergamo, Bologna, Italia, Rimini, Roma, Urss