UNA GRECIA DIVERSA di Sabatino Moscati

UNA. GRECIA DIVERSA UNA. GRECIA DIVERSA Da Atene a Los Angeles: la nuova storia di Settis reinventa la visione dei rapporti tra modernità e origini classiche I GRECI storia cultura arte e società volume I NOI E I GRECI a cura di Salvatore Settis Einaudi pp. 1150 L. 150.000 LOS ANGELES L mercato fave e limoni, sulla litoranea eucalipti e palme, ciuffi di canne e oleandri. Fra Malibù, Venice e Santa Monica, un Pacifico che si stempera in Mediterraneo, così al polso delle ragazze, simil Bassinger, simil Dereck, uno swatch con giovinotti greci, in vista di Atlanta e Olimpiadi, ma acclimatati come fossero qui da secoli. California come Grecia? Postmoderno spinto per riacciuffare l'antico? Tant'è che l'Einaudi ha scelto il beach di Santa Monica per presentare il suo primo volume dei «Greci», una grande opera in 6 tomi, curata da Salvatore Settis che, oltre ad insegnare alla Normale di Pisa, ha qui un prestigioso incarico al Getty Center for the History of Art and the Humanities. Come dire la fondazione più ricca esistente al mondo che, oltre ad occuparsi del Museo Getty, commissiona o P accoglie ricerche in tutti i campi, ospita studiosi dei quadrangoli del mondo, accudisce archivi, biblioteche, protegge restauri. Così questa opera sui Greci, di oltre 6500 pagine e più di 1500 illustrazioni, nasce con il sostegno organizzativo della Scuola Normale Superiore e del Getty Center e quello culturale di studiosi internazionali, da David Ascher di Gerusalemme a Francois Hartog di Parigi, da Paul Zanker di Monaco a Geoffrey Lloyd di Cambridge. Salvatore Settis si è buttato nel progetto di ridisegnare e reinterrogare la storia greca. C'era alla base del viaggio, forse, quell'affermazione hegeliana: «Al nome Grecia, l'uomo colto europeo subito si sente in patria». Un eurocentrismo sempre più datato e improponibile, suggerisce Settis, una visione di «miracolo greco» che non può reggere più, una visione «rotonda» della loro identità che naufraga nello stereotipo. «Noi e i Greci» è il titolo di questo volume violetto che cerca le «incertezze» di quella civiltà sottolineando o mettendo in luce un nostro bisogno profondo: conoscere 1'«altro» per conoscere se stesso. In cerca dei Greci dunque, invita Settis, seguendo la loro ricca relatività. Perché se è innegabile che essi fornirono al mondo un «modello» esporta¬ bile e utilizzabile nel tempo, vero fu che ci riuscirono attraverso continui viaggi d'Ulisse fra civiltà vicine, ricerca nell'Oriente e desiderio di armonizzare il tutto per costruirsi come «esempio». Una tensione fra «storicità ed esemplarità»: questo è l'obiettivo da indagare che si sono posti i tanti studiosi, raccolti intorno a quest'opera: da Agostiniani a Zeitlin, da Baldini a Warnke, da Canfora a Desideri, da Davies a Most, da Saladino a Snodgrass, oltre centocinquanta studiosi di archeologia, storia, scienze sociali. Pensiero equilibrato e pensiero alterato, pensiero scientifico fra congettura e confu¬ tazione: «valori» lontani che vengono riassunti da pratiche odierne, a dimostrare che si ha a che fare, ci dice ancora Salvatore Settis, con una civiltà mai «neutrale». E i saggi che, via via, si snoderanno lungo i volumi dell'opera, vogliono mettere in mostra l'alterità greca, il modo diverso di intendere la libertà o la politica o la cultura da come l'intendiamo noi. Perché sono altro e l'unica identificazione possibile con loro, giustamente osserva Settis, è che si diventi rimbaudianamente «altro». In questo primo volume, accanto ad un saggio di Alain Schnapp sull'immagine della polis, da Omero all'età classica, c'è un saggio sul mito di UN POPOLO DI COLONI II Mediterraneo, la loro casa I GRECI D'OCCIDENTE Valerio Manfredi con Lorenzo Braccesi Mondadori pp. 282 L. 32.000 PENE AL MONDO ELLENISTICO I L Mulino ripubblica - a distanza I di tredici anni - «La storia del mondo antico» curata da Oswyn Murray, professore emerito del Balliol College di Oxford. I primi tre volumi, riguardanti la storia greca antica, sono firmati dallo stesso Oswyn («La Grecia delle origini», pp. 425, L. 40.000), da John Kenyon Davies («La Grecia classica», pp. 370, L. 35.000) e da Frank William Walbank («Il mondo ellenistico», pp. 296, L. 30.000). Il piano dell'opera prevede anche quattro volumi di storia romana: «Le origini di Roma»; «Roma nell'età repubblicana»; «L'impero romano» e «Il tardo impero romano». I GRECI D'OCCIDENTE Valerio Manfredi con Lorenzo Braccesi Mondadori pp. 282 L. 32.000 UANTI sanno che Nizza nacque come città greca, con il nome di Nicea? Quanti sanno che analogamente nacquero Cirene in Libia, Ampurias in Spagna, Ancona in Italia? Il grande pubblico identifica abitualmente come città greche Napoli o Siracusa, ma non molte altre; e così perde la visuale di un fenomeno straordinario e grandioso, quello per cui, a partire dall'Vni secolo a. C, si popolarono di fondazioni greche tutte le coste del Mediterraneo. Di quest'affascinante avventura, che coincide con gli inizi della nostra storia, la grande mostra di Palazzo Grassi a Venezia, intitolata «I Greci in Occidente», offre oggi ricchissime testimonianze. Al contempo un libro di Valerio M. Manfredi, scritto in collaborazione con Lorenzo Braccesi, narra la storia dell'avventura stessa; e dunque offre, per la visita e per la comprensione della mostra, un adeguato fondamento. Primo quesito: perché? O per dir meglio, che cosa provocò il movimento coloniale dei Greci verso Occidente? La risposta è abbastanza semplice: i Greci furono spinti a lasciare il proprio Paese soprattutto dalla povertà e dalla disuguaglianza sociale che impediva di porvi rimedio. La poesia di Esiodo ci offre un quadro nettamente negativo della situazione politica ed economica di quel tempo: una ristretta classe di aristocratici possedeva gran parte delle terre migliori, mentre le classi più umili dovevano cercar di sopravvivere su terre ingrate o darsi al commercio lungo le vie del mare. Un libro di Manfredi e la mastra di Palazzo Grassi per raccontare, da Sibari a Pitagora, un'epopea di civiltà appunto la città [polis) era la connotazione essenziale dell'insediamento, integrata dal territorio circostante a coltura agricola (chorache doveva finalmente fornire le necessarie risorse. Secondo quesito: come? Erodoto ci ha lasciato una «scaletta» assai verosimile delle fasi successive nell'impresa coloniale: si consulta l'oracolo di Delfi per designare un capo della spedizione; si scelgono coloro che debbono parteciparvi, il più possibile in modo equo e imparziale; si affronta la lunga navigazione verso le «terre promesse» dell'Occidente su navi agili dall'alta prua, capaci di fendere il mare; si decide la stagione adatta, per lo più tra la primavera e l'autunno, perché (dice nuovamente Esiodo) «in quel tempo i venti sono costanti e il mare è sicuro». Terzo quesito: dove? La tipica località prescelta doveva ovviamente essere accessibile dal mare, se possibile in prossimità della foce di un fiume o di una insenatura naturale da utilizzare come porto, con un'altura in posizione dominante su cui fondare l'acropoli o «città alta». Là sarebbero sorti i templi degli dei, abitualmente gli stessi che erano oggetto di speciale culto nella madrepatria; e intorno una cinta fortificata, destinata alla difesa della città, perché Un libro di Manfredi e la mastra di Palazzo Grassi per raccontare, da Sibari a Pitagora, un'epopea di civiltà appunto la città [polis) era la connotazione essenziale dell'insediamento, integrata dal territorio circostante a coltura agricola (chora) che doveva finalmente fornire le necessarie risorse. Così, lungo le coste dell'Italia meridionale e della Sicilia (ma anche dell'Africa settentrionale, della Francia e della Spagna), nacquero le colonie greche d'Occidente. Che possono essere presentate (e staremmo per dire narrate) sotto un duplice punto di vista: quello delle varie genti colonizzatrici e quello delle varie città fondate. Tale è appunto la struttura della rievocazione di Manfredi e Braccesi, che segue prima le imprese di Eubei e Corinzi, Megaresi e Rodii, Cretesi e Spartani, Achei e Locresi, più altri ancora; e ricostruisce poi il sorgere di Pitecusa e Cuma, Taranto e Sibari, Crotone e Locri, Siracusa e Agrigento. Consideriamo l'esempio della prima fondazione, l'antica Pitecusa e odierna Ischia. Il geografo Strabone ci è buona guida, descrivendo le isole del golfo napoletano e spiegando che fondatrici furono le genti di Calcide e di Eretria, le quali, dopo un lungo estenuante conflitto, cercarono nell'avventura sul mare la soluzione dei loro contrasti. Infatti, in Occidente, c'era terra per tutti: anzi, ce n'era in specie nell'isola più lontana Carlo Ginzburg, una mappa dei rapporti fra i Greci e i barbari, di Wilfried Nippel, un «incontro letale» fra il bello e il naturale di Martin Warnke, il problema delle biblioteche e delle Accademie, della trasmissioni del sapere di Luciano Canfora. Filosofia e salute, intellettuali e atleti: la mappa si allarga per sviluppare temi della mente e del sociale, della vita sopra le nuvole e di quella agli angoli dei paesaggi abitati. Molto interessante, eclettico, l'apparato illustrativo che mescola l'«esemplare» Partenone sulla testa di Madame Russel di Rodin, ai fotogrammi de «La Dea dell'amore» di Woody Alien, al folto gruppo di immagini, un vero fotosaggio, di «Cercando le Olimpiadi», di Maria Luisa Catoni, indagine che tende ad evidenziare, visivamente, quanto dallo sport agonistico greco è stato «prelevato» dalle testimonianze e quanto invece gli è stato «attribuito». Un'idea della Grecia che, nella distanza del tempo e della distanza, può favorire la riflessione. E che, nella «presunta» grecità di questa Los Angeles (presunta Atene?), fa immediatamente pensare al suo «altro»: ai controcolori di un paesaggio culturale e umano che contiene anche Biade Runner, Nico Orengo dalla Grecia, ma più di ogni altra preziosa per il controllo e il dominio delle grandi vie commerciali. Ora consideriamo la colonia su tutte famosa, quella Sibari che divenne celebre per il lusso e la dissolutezza dei suoi abitanti. Sarà vero che dormivano su giacigli fatti di petali di rosa, che trascorrevano la notte in festini e che avevano cacciato dalla città i galli per il vizio di cantare all'alba? Queste e altre «storie sibaritiche» sono probabilmente l'esagerazione di una realtà che pure esisteva, fin quando non ebbe una fine tragica: gli abitanti della vicina Crotone mossero all'assalto, conquistarono la città, deviarono su essa le acque del fiume Crati che la sommersero per sempre. Nella parte conclusiva del libro, gli autori rievocano la scoperta delle principali città, spesso recente e recentissima. Ne presentano i maggiori monumenti, ricostruiscono la vita di coloro che ne furono protagonisti. Chi non ammira le prodezze dei Crotoniati e del loro atleta Milone, capace di portare un torello sulle spalle e di abbatterlo con mi pugno in mezzo alla fronte? Chi non ricorda, sempre tra i Crotoniati, Pitagora con il suo sistema filosofico che concepiva l'universo come un complesso armonico regolato da rapporti numerici e considerava la vita come una serie di passaggi dell'anima da un corpo all'altro, fino alla purificazione totale? Poi, la fine: «Quando Roma conquistò la Grecia assorbendone la cultura per diffonderla nel mondo intero - anziché umiliarla e distruggerla come spesso fanno i conquistatori - non si trattò di un miracolo. Erano stati i Greci d'Occidente a preparare quell'evento, inserendo la loro cultura ibrida e meravigliosa come una chiave di volta fra Oriente e Occidente e legando un remoto passato di stenti e fatiche a un futuro di grandezza. Per questo si può dire che tutti noi, a un certo punto della storia, fummo Greci e, forse, lo siamo ancora». Sabatino Moscati