Nessuna rivendicazione dell'attentato nel Paese dei massacri etnici e religiosi In Pakistan strage senza firma

Nessuna rivendicazione dell'attentato nel Paese dei massacri etnici e religiosi Nessuna rivendicazione dell'attentato nel Paese dei massacri etnici e religiosi In Pakistan strage senza firma Una bomba su un autobus fa 60 morti a Labore ISLAMABAD. Almeno 60 persone sono morte ieri in attentato nella provincia pakistana del Punjab, quando una potente bomba è esplosa su un autobus che viaggiava su una strada a circa 50 chilometri dalla capitale provinciale Lahore. Oltre ai morti, i feriti gravi - ha detto la polizia locale - sono da 25 a 30 e alcuni di loro sono in condizioni «molto gravi». Le persone sull'autobus tornavano a casa per festeggiare lo Eid, la «Festa del Sacrificio», una delle più importanti ricorrenze del calendario religioso islamico. La morte li ha colti nel piccolo villaggio di Bhai Pheru. Il pullman stava lasciando la stazione del villaggio quando è avvenuta l'esplosione. Il mezzo era strapieno, con passeggeri appollaiati sul tetto e penzoloni dalla scaletta posteriore. La maggior parte dei passeggeri è rimasta intrappolata nell'automezzo, che dopo l'esplosione si è incendiato. Secondo le testimonianze, quando i primi soccorsi sono arrivati sulla scena della tragedia, c'erano ancora delle persone vive e urlanti sull'autobus in fiamme. Ma non c'è stato niente da fare per salvarle perché mancavano gli estintori. Nessuno ha rivendicato l'attentato. L'unica ipotesi che circola a livello ufficiale è quella di «servizi segreti stranieri», eufemismo con il quale in Paki- stan si indicano quelli della vicina India, il nemico storico. Ma considerando le numerose stragi avvenute nel Punjab negli ultimi anni con motivazioni di lotta interna, gli assassini potrebbero essere anche criminali comuni o membri di uno dei numerosi gruppi di integralisti religiosi che predicano il loro credo a colpi di bombe e di kalashnikov. C'è chi dà la responsabilità del caos alla incontrollata crescita della popolazione; chi al fatto che la società pakistana è rimasta in larga parte feudale e non consente altro mezzo di promozione sociale che la violenza; chi alla corruzione dei politici, dei funzionari statali e della polizia. L'unica cosa certa è che quelle di ieri sono le ultime vittime di un'ondata di violenza che ha causato, solo dall'inizio dell'anno, la morte di oltre 200 persone e che sembra inarrestabile. Mentre nei quattro anni scorsi Karachi sprofondava nel caos per la guerriglia della minoranza etnica dei mohajir e la reazione dell'esercito e della polizia, molti si aspettavano che Lahore, la seconda città del Paese (circa 5 milioni di abitanti contro gli 11 di Karachi), e il Punjab, la provincia più ricca, avrebbero colto l'occasione per trasformarsi nel centro della vita economica e finanziaria del Paese. Invece Lahore e il Punjab - dove i mohajir non esistono come forza politico-militare - hanno seguito la strada di Karachi. La spirale della violenza ha avuto il suo picco all'inizio del¬ l'anno: in gennaio sono stati assassinati tra gli altri il più noto attore pakistano, Sultan Rahi, il poeta della minoranza religiosa sciita Moshin Naqvi e l'alto funzionario statale Sajid Gilani. Negli ultimi giorni altre due bombe hanno compiuto stragi a Lahore: una uccidendo 12 persone in un cinema e una uccidendone altre sei nell'ospedale privato di Imran Khan, l'ex campione di cricket che ha appena annunciato il suo ingresso in politica. [Ansa-Agi] Il governo accusa gli 007 dell'India Ma scontri fra gang e eccidi politici hanno già fatto nei primi 4 mesi di quest'anno centinaia di vittime Una tragica immagine ripresa dopo il massacro di Lahore Il premier pakistano Benazir Bhutto guida un Paese sconvolto da un groviglio di sanguinose rivalità che le autorità non riescono a tenere a freno

Persone citate: Benazir Bhutto, Gilani, Imran Khan, Sajid, Sultan Rahi

Luoghi citati: India, Islamabad, Pakistan