Aggredita la figlia del pentito

Aggredita la figlia del pentito LA MAFIA IN CLASSE Palermo: la bambina frequenta l'elementare Aggredita la figlia del pentito Schiaffi e insulti dai compagni di scuola PALERMO DAL NÒSTRO CORRISPONDENTE In una scuola elementare della città, la bambina di un pentito Salvatore Candura, l'uomo che, implicato nella strage di via D'Amelio, ha consentito di risalire a Scarantino - è stata presa a schiaffi e coperta d'insulti da alcuni compagni. Uno di loro l'ha bollata con un «Sei figlia di un pentito». La piccina, che ha sei anni, ha raccontato tutto in lacrime. L'inquietante episodio, tenuto finora segreto, ripropone i problemi sulle condizioni di vita dei familiari dei collaboratori di giustizia. Ieri, provocando l'immediato silenzio in sala, la disavventura toccata alla bimba, primogenita delle due figlie di Candura, è stata rivelata dall'avvocatessa Ghety Valenti, intervenuta a un convegno dell'Associazione nazionale giudici per i minorenni, al quale ha partecipato anche il procuratore Caselli. Nel riferire i vari dettagli e il contesto in cui la bambina è stata aggredita, l'avvocatessa Valenti ha sottolineato che, fortemente scossa, appena incontrò il padre, la bambina l'affrontò con un perentorio: «Non sono la figlia di un pentito». E, addentrandosi in un'analisi psicologica sul trauma subito dalla bimba, l'avvocatessa ha osservato che ella aveva inteso dire «che preferiva non avere un padre piuttosto che averne uno pentito». Una tesi, questa, che probabilmente meriterebbe il giudizio di esperti di psicologia infantile più che quello dell'uditorio, pur qualificatissimo, in un convegno sulla Giustizia. L'avvocatessa Valenti ha «catturato» la platea quando ha raccontato che, dopo il pentimento nel 1992 di Salvatore Candura, che fu sottoposto al «programma di protezione» riservato ai pentiti, nella famiglia la vita non fu più la stessa. La moglie ebbe paura, ima gran paura e preferì tor¬ nare a casa dai suoi portando con sé le bambine. I giudici però, per due volte, le ordinarono di sottostare al «programma di protezione» facendole presente che, in caso contrario, le sarebbero state sottratte le bimbe. La dorma, allora, accettò e da tempo è tornata a vivere con il marito, pur di tenere con sé le figlie, lontano da Palermo, sottostando al «programma». Secondo l'avvocatessa Valenti, tuttavia, non vi è alcuna norma di legge che imponga a un genitore di accettare le misure di sicurezza riservate ai pentiti, pena la decadenza della patria potestà. Candura confessò di aver rubato, assieme a un amico, per conto di Salvatore Scarantino, a sua volta pentitosi, la Fiat 126 che fu poi riempita di tritolo e fatta esplodere nella strage di via D'Amelio in cui morirono Paolo Borsellino e cinque dei sei agenti della scorta. Candura e l'amico sono accusati soltanto del furto dell'auto. [a. r.] Quando ha incontrato il genitore gli ha detto «Non sei più mìo papà» L'uomo ha avuto un molo nella strage di via D'Amelio Un'immagine della strage di via D'Amelio, nella quale fu ucciso il giudice Paolo Borsellino

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