Il piacere del rancore Zeri:«cattivo per dovere» di Marco Neirotti

polemica. Lo stroncato reagisce, lo stroncatore rincara polemica. Lo stroncato reagisce, lo stroncatore rincara Il piacere del rancore Zeri: «cattivo» per dovere N'iON ho mai visto e sentito un'impudenza tanto volgare, un bellimbusto che chiede 200 ghinee per tirare I secchi di vernice in faccia al pubblico». Con tanto garbo il critico d'arte inglese John Ruskin liquidava nel 1878 James Whistler. Il pittore aveva avuto il torto di dichiarare che ima Visione notturna di Londra gli era costata due giorni di lavoro. La questione finì in tribunale. Whistler vinse la causa ma perse parte della reputazione. Oggi gli intellettuali si sparano dai giornali, senza intasare più di tanto le stanze dei magistrati. E ammettono o, soprattutto, denunciano sui giornali rancori covati, coltivati, coccolati, accarezzati per anni. L'ultimo caso è di ieri. Su Repubblica Claudio Strinati, esponente del Comitato scientifico della mostra «La Natura morta al tempo di Caravaggio», se la prende con Federico Zeri, colpevole, secondo lui, di aver stroncato su La Stampa del 21 aprile quella esposizione. Ma la colpa non è il giudizio negativo. E', piuttosto, la ragione occulta di quel parere. Dice in sintesi Strinati: l'ha fatto perché mi odia da 16 anni per un torto che gli ho fatto. La risposta di Zeri ci arriva da Tunisi, dove si trova in viaggio: «E' consolante che il dottor Strinati riconosca di avere perpetrato contro me un atto che io considero un ignobile scippo. Tuttavia avevo dimenticato persino l'episodio. Se dovessi vendicarmi contro qualcuno, economizzerei i mei strali rivolgendoli verso persone e episodi più degni di attenzione. Ho scritto l'articolo perché ritengo la mostra (e in particolare lo scritto del dottor Strinati) di livello inammissibile. Il coro di plausi che mi è giunto, a proposito di tale articolo, da tutta Italia, e dai personaggi più disparati (e talvolta anche illustri), mi conferma di essere dalla parte della ragione. Ritengo doveroso denunciare mostricciattole di quel genere che offendono gli studi italiani, i luoghi in cui vengono allestite e soprattutto sono causa di un inutile sperpero di denaro». Guerra, dunque. Dichiarata, contestata, poi motivata. Ma quanto vendette, rancori, antipatie, viaggiano o hanno viaggiato sotto pelle? In via confidenziale scrittori, pittori, attori e registi confermano (i critici un po' meno). In via ufficiale no. Si parla del passato. Il classico dei rancori è per tutti quello che vedeva da una parte Giuseppe Ungaretti e dall'altra Montale e Quasimodo, loro insigni- ti del Nobel e lui no. L'ira di Ungaretti colpì anche il presidente della Repubblica Saragat che, per dirimere la questione Montale-Ungaretti, suggerì all'Accademia di Svezia di dividere in due il premio. Così, per il non gradito intervento, in quell'occasione non se ne fece nulla e nessuno dei due fu premiato. Alla trattoria II Bolognese di Ro¬ ma Ungaretti si lasciò andare contro «quell'ubriacone che si era messo in mezzo non chiamato da nessuno». Un altro caso celebre riguarda ancora Zeri. Si dice che, avendo comune editore con Argan, all'ufficio stampa della loro Casa spettasse la fatica di tenerli separati nelle cerimonie pubbliche che li richiedeva¬ no entrambi. Andando più indietro, ecco Leonida Répaci incattivito con Giorgio Bassani: «Sta sempre dalla parte di chi tiene il cucchiaio per il manico». Gadda invece nutriva grandi rancori, ma li stemperava in eleganti complimenti. Pascoli, beneficiato da Carducci, ne era segretamente invidioso, seppur senza manifestare ostilità uffi- ciali. Ostilità invece sono partite su rigorose e austere riviste accademiche tra due latinisti, Ettore Paratore e Enzo Marmorale, con toni di una violenza per nulla invidiosa dei talk show di oggi. Invidie e, soprattutto, ideologie di bottega? Non sempre. L'antipatia reciproca tra il critico d'arte Bernhard Berenson e Roberto Longhi nasce da una svista: Longhi si propone a Berenson come traduttore, con una lettera piena di complimenti e seduzioni, l'altro la dimentica in mi angolo della scrivania e da lì si scatena l'ira. Tutti santi si dicono, invece, i nostri scrittori. Onesti, mai vendicativi. Possibile? Roberto Cotroneo, responsabile della Cultura all'Espresso ha massacrato centinaia di narratori in nome proprio o sotto lo pseudonimo di Mamurio Lancillotto sul Sole 24 Ore. Ora, dopo mi saggio-racconto sui libri della sua vita, ha pubblicato un romanzo, Presto con fuoco (Mondadori). Vendette? Neanche una. Dice Cotroneo: «Confesso che mi aspettavco qualche fucilata. Invece sono stati tutti molto gentili. Qualche colpo è venuto da pubblicazioni minori, magari per mostrare chissà quale eroismo». Marco Neirotti Tutte le risse da Pascoli a Ungaretti, da Berenson aLonghi tà e Tutte le risse da Pascoli a Ungaretti, da Berenson aLonghi Nella foto a lato Federico Zeri. Sopra Giuseppe Ungaretti

Luoghi citati: Caravaggio, Italia, Londra, Svezia, Tunisi, Zeri