Il regalo delle colombe per il 48° compleanno di Fiamma Nirenstein

LA MICCIA DELL'ODIO Il regalo delle colombe per il 48° compleanno LA MICCIA DELL'ODIO AGERUSALEMME LLA fine, nel giorno del suo 48° compleanno, Israele un bel regalo, dopo tutti gli scossoni di questi giorni, l'ha avuto. Alla tv s'è visto Arafat sudato ed affannato: si sbracciava anche fisicamente perché il Consiglio nazionale palestinese votasse l'abolizione della Carta palestinese, anzi, del Patto, il Covenant, com'è chiamato con forma solenne il documento che sanciva la distruzione dell'entità sionista, ovvero Israele, come fine ultimo dell'Olp. Di nuovo il vecchio rais ce l'ha fatta, nonostante tutto: nonostante lo scontro aperto di Israele con gli hezbollah, nonostante la disapprovazione di tutto il mondo arabo che ha preso fuoco di nuovo dopo la strage di Cana, nonostante la chiusura dei Territori che pesa come una cappa di piombo sull'autonomia palestinese, nonostante il gioco internazionale diplomatico sia ora in gran parte nelle mani di Assad di Siria, che certo non ama il capo palestinese. Pure l'incredibile potere di Abu Ammar sul suo popolo ha fatto sì che con 504 voti a favore, 54 contrari e 14 astenuti, sia stata cancellata quell'insanabile dichiarazione di guerra totale che è stata il «lead» dei Paesi arabi per tanti anni e che tuttora ispira Hamas, la jihad islamica, gli hezbollah, l'Iran (lo Stato che li finanzia), il Sudan, in parte la Siria, e in parte una corrente sotterranea di odio altamente infiammabile che è purtroppo il fiume carsico dell'opinione pubblica egiziana ed anche giordana. Adesso la miccia è stata tagliata; il processo di pace, inopinatamente, ha avuto un'altra eccezionale spinta da quell'assemblea di reduci di al Fatali provenienti da Tunisi, e anche di ex terroristi invecchiati ed ingrassati nell'esilio come Abu Abbas, che in vita loro a Gaza ci sono stati davvero poco, e che ora la trovano così cambiata, con i grattacieli e i nuovi ristoranti; ma anche e soprattutto, la Carta è stata cambiata per merito delle energie fresche dei leader moderni dell'interno, come Hanan Ashrawi, Abu Allah, Sofian Abu Zaide, gente che conosce bene gli israeliani, che sa vivere in lotta con loro, e anche fianco a fianco. «La divisione della Palestina nel 1947 e la nascita dello Sta- to d'Israele sono nulle e vuote», diceva la Carta. E poi: «La liberazione della Palestina distruggerà la presenza sionista imperialista». Sono parole che ormai fanno sorridere buona parte della moderna leadership palestinese; per i leader che hanno fatto per mano insieme a Peres e Rabbi la strada iniziatasi nel 1993, erano ormai vuote da tempo. Ma era molto difficile per Arafat cancellare la carta nata nel 1964, al tempo del sogno panarabo, e aggiornata a più riprese, base dell'unità di tutti i gruppi palestinesi, anche dei più nemici fra di loro. Era difficile eliminare il cemento più facile, quello dell'odio immortale contro il nemico, rinunciare alla più affascinante fra tutte le maledizioni, quella della non esistenza e della spersonalizzazione. Oltretutto, Arafat sa benissimo che cancellare il patto significa rompere definitivamente con i gruppi integralisti che vogliono la sparizione di Israele e che a lungo ha cercato di tenersi buoni; diventare quindi ancora di più un bersaglio dell'odio dei terroristi suicidi, essere disprezzato e cacciato dalle loro organizzazioni. Israele compiva ieri 48 anni. Come si usa, il giorno dell'indipendenza ebraica, Yom Azmaut, è trascorso fra dimostrazioni di gioia; i ragazzi la sera di martedì hanno ballato fino a notte alta, le famiglie il giorno dopo hanno invaso con torme di gitanti e pic-nic le spiagge, le foreste e i prati, ogni centimetro della natura d'Israele, così poca e così adorata. Hanno visitato ogni centimetro di questo Paese così desiderato, amato, tormentato. Shimon Peres prima ha risposto alle domande scherzose di uno dei più famosi «anchormen» della tv, ma poi ha trascorso la giornata nei rifugi di Kiriat Shmona, dove seguitano a cadere le katiushe, mentre i missili israeliani non smettono di bombardare il Sud del Libano. Martedì, come usa qui, Yom Azmaut era iniziato direttamente, simbolo di resurrezione, dalla Giornata del Ricordo, in cui si è pianto per 24 ore consecutive i 18.211 soldati israeliani caduti in guerra. Settantacinquemila soldati sono invece rimasti feriti gravemente. Le famiglie orbate, le fidanzate, le madri, i fratelli, hanno percorso in lungo e in largo le vite dei loro cari, con foto, musiche, ricordi personali. Il principio di Israele è che dopo la shoah, se pure un ebreo muore, che almeno abbia un nome, che la sua morte sia un evento eccezionale, che il suo fine venga ricordato per sempre. Ma anche quest'anno, nonostante il processo di pace sia da lungo tempo in corso, 177 soldati sono caduti, per non contare le decine di civili morti negli attentati. Il 48" compleanno di Israele, dopo questi giorni di guerra, dopo i tanti choc che il processo di pace non ha evitato, dopo la strage di Cana rispetto alla quale sempre di più l'esercito scopre nuovi errori e colpe, con la sensazione che Peres abbia cacciato il Paese in un pantano da cui anche gli sforzi americani presso Assad non riescono a sfilarlo, non sarebbe stato un compleanno augurale nei confronti della pace senza il dono dell'autonomia palestinese. Certo, Arafat ha cancellato la Carta più in fretta che ha potuto perché vuole che gli venga consegnata subito Hebron; perché ha bisogno di veder finalmente sollevata la chiusura che distrugge la sua economia; perché, in generale, ha fretta di arrivare al suo Stato. Ma sono tutte quante buone ragioni, che tengono conto anche delle buone ragioni di Peres. Magari il Medio Oriente ragionasse sempre così diritto, verso la meta della pace, fuori della polvere rossa dell'odio che acceca. Fiamma Nirenstein Un successo dei nuovi leader palestinesi Adesso il leader Olp ha rotto con gli integralisti m m Yasser Arafat ha fatto un altro passo verso la pace Il segretario di Stato Christopher con il premier libanese Hariri Yasser Arafat ha fatto un altro passo verso la pace