Cambiando cambiando di Lietta Tornabuoni

r Cambiando cambiando ESITO delle elezioni può far piacere e rendere contenti, contentissimi. Non solo per ragioni di sentimento né per interessi di parte. Non tanto pensando al governo: la situazione è tale che certi atti di governo sono obbligati, forse comunque necessari a prescindere da chi stia a Palazzo Chigi; del resto, almeno a giudicare dai programmi elettorali, le idee di vincitori e vinti su come governare o cosa fare non sono poi stellarmente diverse; e il consenso d'una opposizione così sostanziosa deve in ogni caso venir cercato, quanti anni son passati da quando Enrico Berlinguer, facendo arrabbiare i suoi compagni, ammoniva che «con il cinquantun per cento non si governa»? Magari ci si può rallegrare del risultato elettorale non tanto pensando alla Rai, nella prospettiva d'avere telegiornali e programmi un poco più equilibrati e obiettivi, un poco meno invasi mattina e sera da Berlusconi e Fini: naturalmente cambieranno consiglio d'amministrazione e direttori, ma non potranno cambiare tutti i dirigenti intermedi che nell'ultimo tempo sono stati piazzati nell'azienda radiotelevisiva di Stato come un esercito spesso anonimo però vigile, saldo. Le cose che danno sollievo, dopo la vittoria del centrosinistra, sono soprattutto altre: riguardano la legalità, il costume, la cultura, i modi dell'agire, l'aria che tira. E' un sollievo sapere che non sarà presidente del Consiglio uno che possiede un sistema di media, tre reti televisive e influenza su altre tre non in chiaro, una casa editrice e giornali, che dispone quindi di un potere di comunicazione che in nessun Paese al mondo sarebbe giudicato compatibile con l'esercizio d'una leadership politica, anche se non è bastato a far vincere le elezioni. E' un sollievo sapere che non sarà presidente del Consiglio uno che sta in mezzo a una simile serie di procedimenti l^iudiziari, di continuo av- visato, coinvolto, imputato, sempre stretto tra denunce, avvocati e tribunali. E' un sollievo sapere che queste anomalie non serviranno internazionalmente a identificare l'Italia come un Paese differente da tutti, e non certo nel senso migliore; che hanno smesso d'avere prevalenza comportamenti mistificanti e sopraffattorii, persone incompetenti e strafottenti, uno stile aggressivo, quell'indifferenza, diffidenza e ostilità verso la cultura tipiche degli incolti. A dare sollievo è la speranza di non assistere a forme schematiche, meccaniche, di restaurazione. In questi anni in Italia sono successe tante cose. Partiti governativi storici, egemonici o minoritari, si sono disfatti, nullificati. Il partito comunista non ha cambiato soltanto nome e simbolo, non ha soltanto rinunciato alla propria ideologia, ha perduto pure la natura di partito fortemente organizzato e gerarchicamente strutturato. La rivolta contro la corruzione d'una parte della classe dirigente, contro la burocrazia inerte e inetta, il fisco schiacciante e ingiusto, la centralizzazione eccessiva e la disfunzione del settore pubblico, ha creato una nuova forma di consapevolezza e di coscienza collettiva. Per quanto caotica e contraddittoria, questa mutazione è stata positiva, vitale: sarebbe triste se dovesse venir tradita; se si dovesse tornare (per abitudine, per mancanza di coraggio, per opportunità politica) alle persone o ai vecchi usi screditati e superati; se gli automatismi del potere diventassero più forti della realtà mutata. Lietta Tornabuoni ani _J

Persone citate: Berlusconi, Enrico Berlinguer

Luoghi citati: Italia