Parla Abatantuono, protagonista per Salvatores DIEGO, L'ESTATE DEL PATRIARCA

Parla Abatantuono, protagonista per Salvatores Parla Abatantuono, protagonista per Salvatores DIEGO, L'ESTATE PAT. il À ICA MILANO. Se c'è una cosa che odia è la solitudine, e il suo personaggio si chiama Solo: «Uno scherzo di Salvatores - dice Diego Abatantuono -. Ha scritto lui la sceneggiatura di "Nirvana" e m'ha cucito addosso questo bel castigo. Nel film parlo e parlo ma non mi capiscono perché sono virtuale, esisto e non esisto, nato chissà da dove e per chi. Sono alto uno e 84, indosso un vestito destrutturato Armani col gilet, ho un torace grosso come quelli di un nuotatore, ma i miei muscoli sono fatti di bit e non di atomi, io sfumo su Internet come fantasma informatico. Mi chiedo: chi sono io?». Già, chi è Diego Abatantuono? «Un coglione felice». E' il suo bilancio a 40 anni? «Ci sono tanti intelligentoni infelici. Mi è successo che mi è nato Matteo che ha otto mesi e me lo stringo e lo addormento: corro a casa sulle colline di Lucca per vederlo appena posso. Ho una vita fatta di viaggi, calcio, osterie e letture. Ora per esempio sto leggendo la "Storia di Roma" di Montanelli. Una vita di clan, la mia: c'è mia figlia Marta che ha 11 anni e che abita anche lei sulle colline di Lucca con la mia prima moglie, che ora è la compagna di Salvatores, e c'è mio figlio Matteo con sua madre, che è la mia fidanzata, e ci sono mia madre e mio padre che stanno a Riccione, ma fra un po' mi porto pure loro a Lucca. E ho amici di sempre, amici dall'infanzia e dall'adolescenza. Devo star sempre con qualcuno, devo parlar sempre a qualcuno. Se avessi la garanzia che dopo la morte vedrò amori e compagni, starei un po' da solo anche in vita, ma siccome l'aldilà non me l'immagino, preferisco evitare. Non mi piace neanche addormentarmi: mi piace svenire. Nella fase intermedia tra veglia e sonno mi vengono in mente cose drammatiche: la caduta di un figlio, uno scontro in auto». E' contento della sua carriera? «Fa tutt'uno con la vita». A che cosa attribuisce il suo successo? «Alla sincerità, che è un talento, un'esigenza naturale. Io sono semplice, e il pubblico lo capisce. Un Robert De Niro unisce istinto e scuola, un Ben Kingsley è tutta testa. Gassman è grande quando butta via la tecnica. La sincerità è difficile, ti chiede anche di dire di no: io lo dico quando mi offrono parti che sono troppo lontane da me, dai miei ca- | pelli, dai miei occhi, i dalla mia storia». I Rimpiange qualco- | sa? 1 «Avrei dovuto impa- L rare l'inglese. Ma mi accetto così, anche se a volte non mi piaccio». Si ritiene un attore comico? «La comicità è nata con me, in me. Avevo quindici anni e la notte la passavo al Derby, il cabaret della mia vita. Preferivo ascoltare per due ore Villaggio o Pozzetto o i Gatti di Vicolo Miracoli perché erano realtà, amore, gioco. Che cosa potevano dirmi in confronto i compagni di scuola? Al biennio dell'istituto tecnico trovai l'ostacolo della lima: mi misero davanti un brutto blocco di ferro e dovevo farlo diventare un cubo. Scoprii un arrotino in piazza Zavattari e il cubo me lo fece lui: io stavo al bar a giocare a biliardo, arte in cui allora eccellevo. E un giorno il professore di matematica mi chiese di fargli Pozzetto: recitai per venti minuti perfetti, ma mi diede tre. Poi c'erano tante cose. Studiai sei mesi il pianoforte ma non entrai al conservatorio, e tuttavia un giorno o l'altro ricomincio a suonare Beethoven. Uscivo dal Derby alle quattro del mattino e alle otto frequentavo la scuola privata per odontotecnici per evitare il militare. Una vita così. Piena di emozioni». Qual è stata la più grande? «Non un evento ma un'età continua, l'adolescenza, quando ogni giorno capivo mille cose perché ero poroso, spalancato agli altri e a tutto. Andavo al mare e vedevo il mare come fosse stata sempre la prima volta, scoprivo l'acqua e il suo colore, la sabbia che tenevo in un pu¬ gno, la roccia a cui mi aggrappavo. E di una canzone capivo il testo e mi sembrava d'andare persino oltre le parole, mentre prima era soltanto una canzone che ascoltavo. Al cinema m'innamoravo dei volti di Raquel Welch e Senta Berger, che non erano più volti e donne ma anime da cui mi sentivo chiamato». Del nostro cinema c'è qualcosa che non le piace? «Io sono fortunato, ho molti amici e dico grazie a tutti. Ma non sopporto i felliniani, i morettiani, i pasoliniani. Detesto la maniera. Colpa degli organizzatori senza talento dei fe¬ stival e colpa dei critici, dei registi e degli attori anche loro senza talento, tutti lì a sostenersi a vicenda. Quanti intellettualismi! Bisogna cambiare, forse stiamo già cambiando. C'è poco tempo... Ho la sensazione che con una vita così piena e forse assurda il tempo passa troppo in fretta e mi devasta. Devo ancora frequentare e conquistare il mare e insegnarlo a mio figlio, devo ancora suonare il pianoforte e avere attorno figli, mogli e case come un antico patriarca». Claudio Altarocca «Gabriele m'ha cucito addosso un bel castigo. Mi chiamo Solo, sono virtuale, ho i muscoli fatti di bit, non di atomi» «Io sono un semplice, la mia è una vita di clan: devo essere sempre con qualcuno» | i I | 1 L «Io sono un semplice, la mia è una vita di clan: devo essere sempre con qualcuno» Amanda Sandrelli è fra i molti attori che partecipano a «Nirvana» Foto grande: Diego Abatantuono e qui sotto Gabriele Salvatores Amanda Sandrelli è fra i molti attori che partecipano a «Nirvana»

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